martedì 24 marzo 2009

PAOLO DI TARSO 2


Noi fungiamo da ambasciatori per Cristo,come se Dio esortasse per mezzo nostro.Vi supplichiamo in nome di Cristo:lasciatevi riconciliare con Dio.Colui che non aveva conosciuto peccato,Dio lo trattò da peccato in ostro favore,perché noi potessimo diventareper mezzo di lui giustizia di Dio.(2 Cor 5,20-21)1.0

KERYGMA E CONVERSIONE1.1

– INTRODUZIONE GENERALE. L’esperienza fondante della chiesa primitiva è la PENTECOSTE che ha consacrato gli apostoli ad essere testimoni qualificati della risurrezione del Signore (At 1,21s). Il vibrante annuncio di Pietro: Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso (At 2,36) ha scosso profondamente gli ascoltatori a tal punto che si sono sentiti chiamati a conversione (At 2,38).

1.2 – Il KERYGMA è l’annuncio del Vangelo, della Buona Novella del Regno di Dio, della Parola di Dio, proclamato solennemente, che contiene in sé la forza trasformante della salvezza per coloro che, chiamati alla fede, credono in Gesù Cristo Signore e ricevono il battesimo nel suo nome (At 8,35ss).La trasmissione delle fede cristiana è innanzitutto annunzio di Gesù Cristo, allo scopo di condurre alla fede in lui (CCC425). Questo avviene in varie forme: può chiamare alla fede la testimonianza silenziosa di vita di un credente (come avviene per la maggioranza dei casi che spinge un non cristiano a chiedere il battesimo), l’annuncio esplicito attraverso la Predicazione, valido anche oggi, purché non sia una predica, e finalmente frutto di una chiamate particolare come per san Paolo, che Dio aveva eletto come strumento per portare il suo nome dinanzi ai popoli (At 9,15).

1.3 – Tutti gli uomini sono chiamati ad entrare nel Regno di Dio. Il cuore pulsante di questo mistero è la Persona di Gesù, morto e risorto, che apre ai poveri e ai peccatori le braccia della sua infinita misericordia, raccogliendo intorno a sé, nella gloria un popolo immenso, di ogni lingua, tribù e nazione (Ap 7,9).Il centro della Buona Novella è il Mistero Pasquale della Croce e della Risurrezione del Signore che gli Apostoli e la chiesa dopo di loro sono chiamati ad annunciare al mondo: il disegno salvifico di Dio si è compiuto (1 Cor 3,9s) ed ora è necessario chiamare a raccolta tutti gli uomini.

1.0 PAOLO ANNUNZIATORE DEL VANGELO

1.1 – L’apostolo Paolo, investito della grazia del ministero apostolico (Ef 1, 3ss), diventa banditore della Buona Novella, dapprima passando nella sinagoghe e poi indirizzandosi direttamente ai pagani, una volta che con amarezza, aveva constatato il rifiuto degli ebrei: Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani (At 13,46).

1.2 – Il contenuto del kérygma paolino è ben conosciuto e radicato nella scia apostolica: Vi ho trasmesso anzitutto quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture (1 Cor 15,3s). Questo secondo le Scritture è molto importante perché l’annuncio apostolico non è qualcosa al di fuori del disegno divino di salvezza, ma è il compimento di una lunga storia di chiamate, di annunzi di salvezza, di fedeltà di Dio e infedeltà dell’uomo. Gesù diventa così la parola definitiva del Padre (Eb 1,1-2).

1.3 – Paolo è un fondatore di comunità cristiane che costituisce, educa, visita durante i suoi tre grandi viaggi missionari, si sente ministro e collaboratore e i fedeli sono il campo di Dio: Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere (1 Cor 3,6).Egli è pienamente consapevole di essere stato costituito banditore ed apostolo: Cristo non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il vangelo (1 Cor 1,17)e sa che è portatore di una parola presentata in tutta debolezza e timore perché è la parola della croce, stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio (1 Cor 1,18).

1-4 – L’Apostolo è assimilato a Cristo, tanto che il predicatore diventa in un certo senso icona di Cristo crocifisso, povero, indifeso, rigettato e messo a morte come Gesù stesso. Ritengo infatti che Dio ha messo noi, gli apostoli, all’ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo diventati spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini… siamo diventati come la spazzature del mondo, il rifiuto di tutti, fino ad oggi (1Cor 4,9.13).

2.0 – LA CONVERSIONE

2.1 – Come san Pietro, così anche Paolo, alla fine del suo discorso kérygmatico, proclama con la forza la conversione, in vista del perdono dei peccati: Vi sia noto, fratelli, che per opera di lui vi viene annunziata la remissione dei peccati e che per lui chiunque crede riceve la giustificazione da tutto ciò da cui non vi fu possibile essere giustificati mediante la legge di Mosé (At 13,38s).
Anche nel suo discorso all’areopago Paolo corona il discorso con il riferimento deciso alla resurrezione di Gesù, ben sapendo che questo avrebbe raggelato i suoi ascoltatori, già settici a questo genere di discorsi: Dopo essere passato sopra ai tempi dell’ignoranza, ora Dio ordina a tutti gli uomini di tutti i luoghi di ravvedersi (At 17,30).

2.2 – La conversione è la risposta alla chiamata di Dio, allo stesso modo di Abramo. Uscire dalla propria terra per andare verso la nuova realtà che il Signore ha preparato per coloro che accolgono la sua parola (Gen 12,1ss). Conversione in senso cristiano significa cambiamento di sentimenti, che comprende la rinunzia al modo di vivere che porta al male (pentimento), per volgersi verso Dio, iniziando così una vita nuova (conversione). Credere in Gesù è un atto di fede che passa, dunque, attraverso una misteriosa morte a se stessi per una rinascita dall’alto (Gv 3,7), per il dono della grazia divina.
Se il malvagio si ritrae da tutti i suoi peccati, osserva tutti i miei decreti e agisce con giustizia e rettitudine, egli vivrà, non morirà (Ez 18,21). La nozione di conversione, come di peccato, è personale; la salvezza e la rovina non dipendono né dagli altri né dal proprio passato, ma dalle disposizioni interiori attuali del cuore davanti al Signore. Ascoltate oggi la sua voce: “Non indurite il cuore” (Sal 94,5). Il profeta pensa alla conversione del cuore: Ritornate a me con tutto il cuore, laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore vostro Dio, perché egli è misericordioso e benigno (Gl 2,13). È con il cuore che noi aderiamo a Cristo e decidiamo di condurre una vita più conforme al suo Vangelo.

2.3 –La proclamazione di Gesù risorto, vittorioso sul peccato e sulla morte, è il fondamento della fede: grazie a lui, la conversione è possibile, credendo alla sua parola e accogliendo la sua persona (At 2,36-38). La chiamata al pentimento e alla conversione segue sempre l’annuncio gratuito del Vangelo e si attua in coloro che lo accolgono nella fede. Pentitevi dunque e cambiate vita perché siano cancellati i vostri peccati (At 3,19). È un appello alla nostra responsabilità di fronte al destino eterno dell’uomo, perché stretta è la porta e angusta la via che conduce alla Vita (Mt 7,14). Il riflesso sociale della conversione è sempre l’amore per i fratelli e il servizio al prossimo, nella ricerca della giustizia e della pace.

2.4 – La conversione è un percorso di fede che non si esaurisce nel ricevere il sacramento della Riconciliazione, che è il sacramento che rinnova la grazia del Battesimo e, assieme alla Confermazione e all’Eucaristia, ci fa crescere nella vita nuova in Gesù Cristo fino alla dimensione adulta della nostra fede. Questo significa conservare lo stato di conversione permanente, accettando di essere sempre dei poveri peccatori, ma pieni di fiducia nella divina misericordia.

2.5 - Riconoscersi peccatori, allora, fa parte integrante della verità sull’uomo, consapevoli della propria fragilità perché fatti di terra (Gen 2,7). Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi (1 Gv 1,8). L’uomo è capace di peccato, è incline, portato a fare il male (Reconciliatio et Poenitentia n° 13).
Questo vuol dire riconoscere non solo i peccati commessi, ma che siamo peccatori per natura, deboli e capaci di fare ogni sorta di male; vedere per es. il peccato di Davide (2 Sam 11s). Breve: io sono cattivo e non sono migliore di nessuno; questo mi fa soffrire, anche se non ci penso e soprattutto fa soffrire gli altri. E Dio si offende? Egli è più grande del nostro peccato e, siccome ci ama, il suo è un amore ferito.2.6 – Tuttavia la Sacra Scrittura ci rivela che Dio non ha creato la morte … infatti ha creato tutto per l’esistenza (Sap 1,13-14); e l’uomo per l’immortalità (Sap 2,23). Da dove allora viene la morte? Gli uomini non possono riconoscere da soli la responsabilità di questa situazione, ma Dio ci illumina: è a causa del peccato che noi abbiamo per salario la morte (Rm 6,23); la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo, morte spirituale e la separazione da Dio hanno come conseguenza la morte fisica (Sap 2,24); quindi non è esagerato affermare che siamo… dei morti che camminano, quando non siamo capaci di vivere dell’amore.
Detto questo, ci resta ora una sola cosa da fare: riconoscersi profondamente peccatori (poco importa sapere quello che ho commesso come peccato) e incominciare a dire dal profondo del cuore, assieme al pubblicano nel tempio: O Dio, abbi pietà di me peccatore (Lc 18,13).

LA PAROLA DELLA CHIESA1.


Il dinamismo della conversione e della penitenza è stato meravigliosamente descritto da Gesù nella parabola detta «del figlio prodigo» il cui centro è «il padre misericordioso» ( Lc 15,11-24 ): il fascino di una libertà illusoria, l'abbandono della casa paterna; la miseria estrema nella quale il figlio viene a trovarsi dopo aver dilapidato la sua fortuna; l'umiliazione profonda di vedersi costretto a pascolare i porci, e, peggio ancora, quella di desiderare di nutrirsi delle carrube che mangiavano i maiali; la riflessione sui beni perduti; il pentimento e la decisione di dichiararsi colpevole davanti a suo padre; il cammino del ritorno; l'accoglienza generosa da parte del padre; la gioia del padre: ecco alcuni tratti propri del processo di conversione. L'abito bello, l'anello e il banchetto di festa sono simboli della vita nuova, pura, dignitosa, piena di gioia che è la vita dell'uomo che ritorna a Dio e in seno alla sua famiglia, la Chiesa. Soltanto il cuore di Cristo, che conosce le profondità dell'amore di suo Padre, ha potuto rivelarci l'abisso della sua misericordia in una maniera così piena di semplicità e di bellezza. (CCC 1439)2. La conversione a Cristo, la nuova nascita dal Battesimo, il dono dello Spirito Santo, il Corpo e il Sangue di Cristo ricevuti in nutrimento, ci hanno resi «santi e immacolati al suo cospetto» (Ef 1,4), come la Chiesa stessa, sposa di Cristo, è «santa e immacolata» (Ef 5,27) davanti a lui.
Tuttavia, la vita nuova ricevuta nell'iniziazione cristiana non ha soppresso la fragilità e la debolezza della natura umana, né l'inclinazione al peccato che la tradizione chiama concupiscenza, la quale rimane nei battezzati perché sostengano le loro prove nel combattimento della vita cristiana, aiutati dalla grazia di Cristo. Si tratta del combattimento della conversione in vista della santità e della vita eterna alla quale il Signore non cessa di chiamarci (Cf LG 40). (CCC 1426)

tratto da: http://dalgrandesilenzio.blogspot.com/ P. Benedetto M. Tosolini