sabato 22 ottobre 2011


HALLOWEEN:
COME SI SOSTITUISCE UNA FARSA CONSUMISTICA AD UNA FESTA CRISTIANA

(CON L'AIUTO INSOSTITUIBILE DELLA SCUOLA)
 
di Adolfo Morganti
E così come ogni anno ci risiamo. Ma in effetti ogni anno è peggio. Il triste - perché totalmente ripetitivo - rituale consumistico di Halloween sta reiniziando a riempire non solo la nostra sopportazione, ma i manifesti del McDonald, le attività delle scuole, e persino molte sale parrocchiali. Mentre svuota le nostre tasche.
Attorno a quest'ultimo fatto (quante parrocchie "lasciano (quantomeno) organizzare" al proprio interno feste di Halloween?) c'è solo da rimarcare e stigmatizzare l'ignoranza religiosa che, soprattutto dentro la nostra chiesa particolare, grida scandalo sempre di più. In attesa che si intervenga.
Per quanto concerne l'orgia di consumismo infantile ed adolescenziale cui Halloween si riduce, nulla da dire: come ogni moda che giunge dagli USA, possiede evidentemente una capacità di condizionamento sociale che oltrepassa le capacità d'analisi razionale di troppi di noi; se è razionale andare in giro (parlo delle ed alle signorine) ad ombelico nudo nella stagione fredda, può essere accettabile anche travestirsi da zucche o fantasmi.
Ma nella scuola, momento centrale della formazione delle giovani generazioni, obbligo pubblico cui sono tenuti i nostri ragazzi fino ai 18 anni, non si può scherzare con l'ignoranza né prostituirsi a mode create per diffondere superstizione e far soldi.
E' semplicemente allucinante la prona e sorridente passività con cui questa moda culturale viene non solo accettata, ma attivamente promossa in troppe scuole pubbliche, dagli asili in su; come se fosse una moda neutra (e nessuna lo è) e come se non incidesse sui valori trasmessi. Ora, solo chi non conosce il grande potere della Festa può pensare una fesseria simile.
Halloween porta con sé un messaggio doppiamente negativo: acquiescenza totale al consumismo più sfrenato e marchiano (per favore, non si ciarli poi di "stili di vita" e di "maturità" dei ragazzi), e allenamento sistematico al peggiore dei relativismi, quello che volutamente confonde la Luce e l'Ombra, Dio e l'occulto, una cosa e il suo contrario.
Viene da rimpiangere il sano materialismo di 40 anni fa. Qui siamo al culto della parodia, all'inversione del sacro. E si tratta spesso di una scelta prettamente ideologica, da radicalismo di massa, finalizzata a terminare la distruzione della vita liturgica cristiana, sostituendo ad essa la migliore delle liturgie della modernità, quella della magia e del denaro. Halloween sta finendo di cancellare una festa familiare e religiosa così importante come la Festa dei Defunti. E guardate un po': nessuno leva la voce per protestare contro di essa in nome del rispetto delle altre religioni... Provate a vedere in quelle scuole che hanno cancellato in nome di un pluralismo imbecille e in malafede la presenza dei segni e delle feste cristiane se Halloween non viene semplicemente imposto dall'alto, leninisticamente, e per giunta difeso come "innocuo momento ludico ed educativo". Ma sappiamo bene che il gioco è cosa serissima, così come l'educazione. Non ci si prenda ancora in giro.
Buttiamo a mare le zucche. Diamo fuoco agli stracci stregoneschi e alle maschere di plasticaccia cinese. E dopo averlo fatto, andiamo a raccontarlo ai nostri morti tornando a trovarli ove riposano in attesa della Resurrezione della carne. Ci daranno ragione: loro sì che se ne intendono.
Fonte: Cultura Cattolica, 21 ottobre 2009
Pubblicato su BASTABUGIE n.113
  - L'errore cui non si restie viene approvato. La varità che non viene difesa è oppressa !!! (San Felice III - Papa)

 
EDITORIALE: Corrispondenza Romana

CR n. 1211 del 15 ottobre 2011

Cercasi urgentemente vaccino contro i virus mediatici della fede

 
Il nuovo “pensiero debole” è in realtà più forte di quanto si creda. Si veste di qualunquismo, premessa del relativismo. E si nutre del dubbio metodico. Dismesse le vesti eleganti della filosofia, ha indossato quelle più comode del pamphlet. Non a caso recentemente ben due non credenti si sono pubblicamente proclamati dalla parte del Papa. Uno è stato Walter Veltroni dalle colonne de “Il Foglio” dello scorso 1 ottobre. L’altro, Costanzo Preve, sul sito dell’UCCR-Unione Cristiani Cattolici Razionali.
Ma, mentre il primo definisce le «insegne religiose» come «nuove ideologie autorappresentative», evocando addirittura i fantasmi di Auschwitz e dei gulag sovietici, l’altro definisce la religione come il «deposito del senso complessivo delle cose». Mentre il primo vede nella politica la «via d’uscita» tra ideologie e nichilismo e le attribuisce addirittura il compito «di fornire un senso “laico” alla domanda di ragione dell’esistenza», il secondo bolla col titolo di «Armata Brancaleone mediatica» quel volto superbo dell’ateismo laico, che si pretende proprietario esclusivo «della razionalità e della scienza» e che vuol imporre il proprio «dio idolatrico» fondato su «di una concezione limitativa ed astorica di ragione».
Curioso Veltroni. Fa il filosofo a singhiozzo. Da una parte si dice interpellato dalle «ragioni sociali e psicologiche del dilagare della depressione», dall’altra non ne valuta minimamente quelle umane, filosofiche e spirituali. Invoca una «comunità di destino», destino cui poi però non dà nome, né ne indica la direzione. Parla di «speranza» quale antidoto alla «paura», ma non spiega in chi o in che cosa sperare. Spaesato nel ricercare la fonte del giusto in sé svincolato dal principio di maggioranza, “manipola” come plastilina il pensiero di Benedetto XVI in tema di “diritto naturale”, proponendone un’improbabile rilettura terrena e razionalistica.
Infine l’affondo: l’invito esplicito ai credenti a chiudere la fede nella propria sfera privata, per evitare «il cortocircuito integralista» ed a mettersi bene in testa di confidare solo ed esclusivamente nella «ragione». Insomma, un orizzonte da cui viene programmaticamente escluso qualsiasi riferimento al trascendente. L’intervento di Veltroni è per molti versi paradigmatico. È il lupo, che si veste da agnello, applaudendo il Papa, purché lasci a casa i propri dogmi ed usi solo un imprecisato «metodo critico», per discutere di politica, diritto e ragione.
Anche Preve dice di voler stare col Papa, però riconoscendogli la «superiorità della sua diagnosi filosofica sul presente storico rispetto a quella della tribù laico-postmoderna-ateo-sbeffeggiatrice». Ed aggiunge: «Se Ratzinger è per la legittimazione della categoria filosofica di verità, mentre i cosiddetti “laici” sono di fatto per il fisicalismo e per il relativismo, non ho dubbi. Pur essendo un allievo critico di Spinoza, Hegel e Marx e non un pensatore cristiano e neppure cattolico, sto dalla parte di Ratzinger». Il che è ancora riduzionistico, però è anche intellettualmente onesto…
Ma l’arrembaggio mediatico alla Chiesa non è finito qui, come dimostrano l’articolo del solito Hans Küng, pubblicato su “Repubblica” del primo ottobre, e contemporaneamente il libro Mal di Chiesa scritto da Gian Franco Svidercoschi, che in coro invocano un ritorno al Concilio Vaticano II e pongono in stato d’accusa su più fronti «il sistema di governo romano».
L’uno pretende l’abolizione del celibato per i preti e l’ammissione del sacerdozio femminile; l’altro plaude ad Assisi ed ecumenismo e considera incidenti di percorso Motu Proprio e la revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani. Insomma, nulla di realmente nuovo sotto il sole.
Un’altra “stoccata e fuga” è giunta da Alexander Sokurov, il regista insignito del Leone d’Oro a Venezia. Dalle colonne de “La Stampa” dell’8 ottobre riscrive a modo suo tutto il Catechismo, spiegandoci che «il concetto di anima quasi non esiste», che in ogni caso «non viene data alla nascita»; svilisce lo spirito legandolo riduzionisticamente alla sola ragione; afferma che «solo la cultura può allontanare un popolo dallo stato selvaggio, la religione non basta»; assicura che Mefistofele è solo «un usuraio, un bravo giocoliere» e che «non fa nulla di soprannaturale».
Insomma, tranquilli, secondo costoro, finora la Chiesa ha scherzato… La verità è però un’altra. È che queste idee, falsamente propalate come moderne ed all’avanguardia, sono virus intellettualoidi per l’anima. Contro cui sarebbe bene trovare al più presto un vaccino.
(Mauro Faverzani)

mercoledì 19 ottobre 2011

                    

    di Antonio Socci  
Un giorno, conversando con amici, Ratzinger (ancora cardinale) se ne uscì con una battuta: “Per me una conferma della divinità della fede viene dal fatto che sopravvive a qualche milione di omelie ogni domenica”.
Se ne sentono infatti di tutti i colori. Non c’è solo il prete che – è notizia di ieri – in una basilica della Brianza diffonde una preghiera islamica in cui si inneggia ad Allah.
Ci sono quelli che consigliano la lettura di Mancuso o Augias… E si trovano “installazioni” di arte contemporanea nelle cattedrali che fanno accapponare la pelle.
D’altra parte pure i cardinali di Milano hanno dato sfogo alla “creatività”.
Leggo dal sito di Sandro Magister: “Nel 2005, l’11 maggio, per introdurre un ciclo dedicato al libro di Giobbe è stato chiamato a parlare in Duomo il professor Massimo Cacciari: oltre che sindaco di Venezia, filosofo ‘non credente’ come altri che in anni precedenti avevano preso parte a incontri promossi dal cardinale Martini col titolo, appunto, di ‘Cattedra dei non credenti’. Cacciari ha tessuto l’elogio del vivere senza fede e senza certezze”.
Insomma nelle chiese si può trovare di tutto. Tranne la centralità di Gesù Cristo.
Infatti – nella disattenzione generale – i vescovi italiani hanno estromesso dalle chiese (o almeno vistosamente allontanato dall’altare centrale e accantonato in qualche angolo) proprio Colui che ne sarebbe il legittimo “proprietario”, cioè il Figlio di Dio, presente nel Santissimo Sacramento.
Non sembri una banale battuta. Al Congresso eucaristico nazionale che si sta aprendo ad Ancona dovrebbero considerare gli effetti devastanti prodotti dall’incredibile documento della Commissione Episcopale per la liturgia del 1996 che è il vademecum in base al quale sono state progettate le nuove chiese italiane e i relativi tabernacoli, o sono state “ripensate” le chiese più antiche.
Non si capisce quale sia lo statuto teologico di cui gode una Commissione della Cei (a mio avviso nessuno). Ma la cosa singolare è questa: che nell’ambiente ecclesiastico – a partire da seminari e facoltà teologiche – trovi legioni di teologi pronti (senza alcuna ragione seria) a mettere in discussione i Vangeli (nella loro attendibilità storica) e le parole del Papa, ma se si tratta di testi partoriti dalle loro sapienti meningi, e firmati da qualche commissione episcopale, ti dicono che quelli devono essere considerati sacri e intoccabili.
Dunque in quel testo del 1996, fra le altre cose discutibili, si “consiglia vivamente” di collocare il tabernacolo non solo lontano dall’altare su cui si celebra, ma pure dalla cosiddetta area presbiterale. Relegandolo “in un luogo a parte”.
Le motivazioni – come sempre – sono apparentemente “devote”. Si dice infatti che il tabernacolo potrebbe distrarre dalla celebrazione eucaristica.
Motivazione ridicola e – nella sua enfasi sull’evento celebrativo a discapito della presenza nel tabernacolo – anche pericolosamente somigliante alle tesi di Lutero.
L’effetto inaudito di queste norme è il seguente: nelle chiese si assiste da qualche anno a un accantonamento progressivo del tabernacolo, cioè del luogo più importante della chiesa, quello in cui è presente il Signore.
Prima lo si è collocato in un posto defilato (una colonna o un altare laterale), quindi in una cappella, parzialmente visibile. Alla fine probabilmente sarà del tutto estromesso dalle chiese.
Come risulta essere nell’incredibile edificio di San Giovanni Rotondo in cui è stato portato il corpo di san Pio.
L’edificio, progettato da Renzo Piano, non ha inginocchiatoi e la figura centrale e incombente è l’enorme e spaventoso drago rosso dell’apocalisse rappresentato trionfante nell’immensa vetrata: ebbene il tabernacolo lì non c’è.
Non so a chi sia venuto in mente questo progressivo occultamento dei tabernacoli nelle chiese (che avrebbe fatto inorridire padre Pio). Esso non corrisponde affatto all’insegnamento del Concilio Vaticano II, visto che l’istruzione post-conciliare “Inter Oecumenici” del 1964 affermava che il luogo ordinario del tabernacolo deve essere l’altare maggiore.
E non piace nemmeno al Papa come si vede nell’Esortazione post sinodale “Sacramentum Caritatis” dove egli sottolinea il legame strettissimo che deve esserci fra celebrazione eucaristica e adorazione.
Sottolineatura emersa dall’XI Sinodo dei Vescovi dell’ottobre 2005 che ha richiesto la centralità ed eminenza del tabernacolo.
Basterà per tornare sulla retta via? Nient’affatto. Come dimostra il comportamento – a volte di aperta contestazione al Papa – tenuto da certi vescovi quando il suo famoso “Motu proprio” ha restaurato la libertà di celebrare anche con l’antico messale.
Purtroppo le idee sbagliate dei liturgisti “creativi” continueranno a prevalere sul papa, sul Concilio e sul Sinodo (forse faranno strada anche altre balordaggini come la “prima comunione” a 13 anni). Fa da corollario a questa estromissione di Gesù eucaristico dalle chiese, la stupefacente pratica del biglietto di ingresso istituito perfino per alcune Cattedrali. Degradate così a musei. 
La protestantizzazione o la museizzazione delle chiese è un fenomeno dagli effetti spaventosi per la Chiesa Cattolica. Si dovrebbero prendere subito provvedimenti.
Per capire cosa era – e cosa dovrebbe essere – una chiesa cattolica voglio ricordare la storia di due persone significative.
La prima è Edith Stein, una donna straordinaria, filosofa agnostica, di famiglia ebrea, che divenne cattolica, si fece suora carmelitana ed è morta nel lager nazista di Auschwitz.
E’ stata proclamata santa da Giovanni Paolo II nel 1998 e nell’anno successivo compatrona d’Europa.
La Stein ha raccontato che un primo episodio che la portò verso la conversione accadde nel 1917 quando lei, giovinetta, vide una popolana, con la cesta della spesa, entrare nel Duomo di Francoforte e fermarsi per una preghiera:
“Ciò fu per me qualcosa di completamente nuovo. Nelle sinagoghe e nelle chiese protestanti, che ho frequentato, i credenti si recano alle funzioni. Qui però entrò una persona nella chiesa deserta, come se si recasse ad un intimo colloquio. Non ho mai potuto dimenticare l’accaduto”.
Lì infatti c’era Gesù eucaristico.
Un altro caso riguarda il famoso intellettuale francese André Frossard. Era il figlio del segretario del Partito comunista francese.
Era ateo, aveva vent’anni e quel giorno aveva un appuntamento con una ragazza. L’amico con cui stava camminando, essendo cattolico, gli chiese di aspettarlo qualche istante mentre entrava in una chiesa.
Dopo alcuni minuti Frossard decise di andare a chiamarlo perché aveva fretta di incontrare “la nuova fiamma”. Lo scrittore sottolinea che lui non aveva proprio nessuno dei tormenti religiosi che hanno tanti altri.
Per loro, giovani comunisti, la religione era un vecchio rottame della storia e Dio un problema “risolto in senso negativo da due o tre secoli”.
Eppure quando entrò in quella chiesa era in corso un’adorazione eucaristica e, racconta, “è allora che è accaduto l’imprevedibile”.
Dice:
“il ragazzo che ero allora non ha dimenticato lo stupore che si impadronì di lui quando, dal fondo di quella cappella, priva di particolare bellezza, vide sorgere all’improvviso davanti a sé un mondo, un altro mondo di splendore insopportabile, di densità pazzesca, la cui luce rivelava e nascondeva a un tempo la presenza di Dio, di quel Dio, di cui, un istante prima, avrebbe giurato che mai era esistito se non nell’immaginazione degli uomini; nello stesso tempo era sommerso da un’onda, da cui dilagavano insieme gioia e dolcezza, un flutto la cui potenza spezzava il cuore e di cui mai ha perso il ricordo”.
La sua vita ne fu capovolta. “Insisto. Fu un’esperienza oggettiva, fu quasi un esperimento di fisica”, ha scritto. Frossard è diventato il più celebre giornalista cattolico. In una chiesa di oggi non avrebbe incontrato il Verbo fatto carne, ma le chiacchiere di carta.
Da Libero, 3 settembre 2011
Riceviamo e pubblichiamo un contributo

Esoterismo
TEMPLARE:
occhio !
Ha ragione la linea del Santo Padre: con pazienza ma con interventi decisi si risolveranno tante brutte faccende. Purtroppo però fior di sacerdoti e anche di episcopi aderiscono ai richiami sirenici dell'Ulisse Templar-massonico che sotto veste d'agno ha carne di lupus!
Non è una novità che i massoni con il comunismo e il catto-comunismo d'oggi, si nutriva e si nutre della gioiosa accattivante massa di esotero-pseudo cattolici che si malcelano sotto vessilli di matrice cattolica sventolando l'adesione al Papa come fosse una reclam di brodo in polvere inscatolato!
Rob da ciod! (Roba da chiodi) direbbe mio nonno.
Fortunatamente le famose belle le vedremo col tempo e magari manco tardo a venì!

Just an illusion.
voster semper voster
Umberto Battini
Roma - Italia 15 ottobre 2011
 

  - L'errore cui non si restie viene approvato.
La varità che non viene difesa è oppressa !!! (San Felice III - Papa)
  - Date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. (Gesù Cristo - Dio, 2^ Persone della Santissima Trinità)
EDITORIALE: Corrispondenza Romana

CR n. 1211 del 15 ottobre 2011

Cercasi urgentemente vaccino contro i virus mediatici della fede

 
Il nuovo “pensiero debole” è in realtà più forte di quanto si creda. Si veste di qualunquismo, premessa del relativismo. E si nutre del dubbio metodico. Dismesse le vesti eleganti della filosofia, ha indossato quelle più comode del pamphlet. Non a caso recentemente ben due non credenti si sono pubblicamente proclamati dalla parte del Papa. Uno è stato Walter Veltroni dalle colonne de “Il Foglio” dello scorso 1 ottobre. L’altro, Costanzo Preve, sul sito dell’UCCR-Unione Cristiani Cattolici Razionali.
Ma, mentre il primo definisce le «insegne religiose» come «nuove ideologie autorappresentative», evocando addirittura i fantasmi di Auschwitz e dei gulag sovietici, l’altro definisce la religione come il «deposito del senso complessivo delle cose». Mentre il primo vede nella politica la «via d’uscita» tra ideologie e nichilismo e le attribuisce addirittura il compito «di fornire un senso “laico” alla domanda di ragione dell’esistenza», il secondo bolla col titolo di «Armata Brancaleone mediatica» quel volto superbo dell’ateismo laico, che si pretende proprietario esclusivo «della razionalità e della scienza» e che vuol imporre il proprio «dio idolatrico» fondato su «di una concezione limitativa ed astorica di ragione».
Curioso Veltroni. Fa il filosofo a singhiozzo. Da una parte si dice interpellato dalle «ragioni sociali e psicologiche del dilagare della depressione», dall’altra non ne valuta minimamente quelle umane, filosofiche e spirituali. Invoca una «comunità di destino», destino cui poi però non dà nome, né ne indica la direzione. Parla di «speranza» quale antidoto alla «paura», ma non spiega in chi o in che cosa sperare. Spaesato nel ricercare la fonte del giusto in sé svincolato dal principio di maggioranza, “manipola” come plastilina il pensiero di Benedetto XVI in tema di “diritto naturale”, proponendone un’improbabile rilettura terrena e razionalistica.
Infine l’affondo: l’invito esplicito ai credenti a chiudere la fede nella propria sfera privata, per evitare «il cortocircuito integralista» ed a mettersi bene in testa di confidare solo ed esclusivamente nella «ragione». Insomma, un orizzonte da cui viene programmaticamente escluso qualsiasi riferimento al trascendente. L’intervento di Veltroni è per molti versi paradigmatico. È il lupo, che si veste da agnello, applaudendo il Papa, purché lasci a casa i propri dogmi ed usi solo un imprecisato «metodo critico», per discutere di politica, diritto e ragione.
Anche Preve dice di voler stare col Papa, però riconoscendogli la «superiorità della sua diagnosi filosofica sul presente storico rispetto a quella della tribù laico-postmoderna-ateo-sbeffeggiatrice». Ed aggiunge: «Se Ratzinger è per la legittimazione della categoria filosofica di verità, mentre i cosiddetti “laici” sono di fatto per il fisicalismo e per il relativismo, non ho dubbi. Pur essendo un allievo critico di Spinoza, Hegel e Marx e non un pensatore cristiano e neppure cattolico, sto dalla parte di Ratzinger». Il che è ancora riduzionistico, però è anche intellettualmente onesto…
Ma l’arrembaggio mediatico alla Chiesa non è finito qui, come dimostrano l’articolo del solito Hans Küng, pubblicato su “Repubblica” del primo ottobre, e contemporaneamente il libro Mal di Chiesa scritto da Gian Franco Svidercoschi, che in coro invocano un ritorno al Concilio Vaticano II e pongono in stato d’accusa su più fronti «il sistema di governo romano».
L’uno pretende l’abolizione del celibato per i preti e l’ammissione del sacerdozio femminile; l’altro plaude ad Assisi ed ecumenismo e considera incidenti di percorso Motu Proprio e la revoca della scomunica ai vescovi lefebvriani. Insomma, nulla di realmente nuovo sotto il sole.
Un’altra “stoccata e fuga” è giunta da Alexander Sokurov, il regista insignito del Leone d’Oro a Venezia. Dalle colonne de “La Stampa” dell’8 ottobre riscrive a modo suo tutto il Catechismo, spiegandoci che «il concetto di anima quasi non esiste», che in ogni caso «non viene data alla nascita»; svilisce lo spirito legandolo riduzionisticamente alla sola ragione; afferma che «solo la cultura può allontanare un popolo dallo stato selvaggio, la religione non basta»; assicura che Mefistofele è solo «un usuraio, un bravo giocoliere» e che «non fa nulla di soprannaturale».
Insomma, tranquilli, secondo costoro, finora la Chiesa ha scherzato… La verità è però un’altra. È che queste idee, falsamente propalate come moderne ed all’avanguardia, sono virus intellettualoidi per l’anima. Contro cui sarebbe bene trovare al più presto un vaccino.
(Mauro Faverzani)