"Abbiamo bisogno di una nuova apologetica, in sintonia con le esigenze attuali, che tenga presente che il nostro compito è quello di conquistare le anime e di impegnarci nella difesa e nella promozione del Vangelo"
Giovanni Paolo II
TEMPLARI CATTOLICI ITALIANI Priorato Cattolico d'Italia Milites Christi - Precettoria e Commanderia Lombardo-Piacentina - Santa Maria del Tempio - Congregazione laicale cattolico-cavalleresca di ispirazione templare, che non rivendica alcuna successione con l'Ordine del Tempio soppresso dalla Chiesa nel 1312
Vuoi dire che è ora di
SVEGLIARCI !
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«Siamo letteralmente invasi dai travisamenti e dalle menzogne: i cattolici in larga parte non se ne avvedono, quando addirittura non rifiutano di avvedersene. Se io vengo percosso sulla guancia destra, la perfezione evangelica mi propone di offrire la sinistra. Ma se si attenta alla verità, la stessa perfezione evangelica mi fa obbligo di adoperarmi a ristabilirla: perché, dove si estingue il rispetto della verità, comincia a precludersi per l'uomo ogni via di salvezza» (Card. G. Biffi).
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Maria, sempre "vittoriosa" contro il diavolo
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Tratto da Gesù e Maria.it
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In Polonia la Madonna viene chiamata “la Vittoriosa”.
Maria è potentissima presso Gesù a nostro favore, specialmente può tutto nella lotta contro satana e nello sconfiggere l’intero inferno. Oggi, nel mondo ci sono 800 mila satanici. E in Italia - scrive il giornale cattolico - ci sono più di 80 mila adepti in sette sataniche con 9 milioni di vittime di reati legati al satanismo (Avvenire, 9-V-2003). Purtroppo in questi nostri tempi il diavolo ha ottenuto la più grande vittoria. Qual è? Quello di essere riuscito a fare ignorare e perfino negare la sua stessa esistenza da parte di non pochi cristiani e perfino da parte di qualche teologo ribelle a Cristo Dio e alla Madonna e alla Chiesa.
1. L’esistenza dei demoni è certissima.
La Sacra Scritturaracconta la spaventosa origine di satana e dei diavoli: “Scoppiò una guerra nel cielo; Michele e i suoi Angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo o satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli. Allora udii una gran voce nel cielo che diceva: Ora è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, poiché è stato precipitato l’accusatore dei nostri fratelli.
...Ma essi lo hanno vinto per mezzo del sangue dell’Agnello.
...Esultate, dunque, o cieli e voi che abitate in essi. Ma guai a voi terra e mare, perché il diavolo è precipitato sopra di voi pieno di grande furore” (Apocalisse 12, 7-12).
2. La Bibbia nel Nuovo Testamento ha espressioni terribili su satana.
Lo chiama “principe di questo mondo”(Gv. 12, 31; 14, 30; 16,11); “il dragone grande, il serpente antico” (Apoc. 12, 9); il “maligno” (Mt. 6,13); “colui che seducetutta la terra abitata” (Apoc. 12,9); “il dio di questo mondo”che “ha accecato la mente” incredula (2 Cor. 4,4); “il leoneruggente in cerca di chi divorare” (1 Pietro 5, 8); “bugiardoe padre della menzogna” (Gv. 8,44); “omicida fin da principio”(Gv. 8, 43). Inoltre dice che coloro che non seguono Gesù enon ascoltano la sua parola è perché “hanno per padre il diavolo”(Gv.S, 43).
3. Gesù parla frequentemente del diavolo. Egli è venuto nel mondo “per distruggere le opere del diavolo” (1 Gv. 3, 8). Gesù nel deserto è tentato dal diavolo, e nonsolo per tre volte (come molti pensano), ma per molte volte“con ogni specie di tentazione” (Luca 4, 1-12).
Gesù ha scacciato molti demoni da tanti indemoniati e da uno di costoro ne ha scacciato una legione (Cf. Luca 8, 30).
4. Gli Apostoli, parlano chiaramente del diavolo. Per esempio S. Pietro ammonisce: “Fratelli, siate sobri e vigilate perché il demonio come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede” (1 Pietro 5,8-9). S. Giovanni: “Chi commette peccato viene dal diavolo” (1 Gv. 3, 8).
5. I Santi sono stati tormentati dai demoni e parlano di loro con grande sicurezza e sincerità.
S. Francesco d’Assisi un giorno confidò a un suo intimo compagno: “Se capissero i frati quante e che gravi tribolazioni e afflizioni mi danno i demoni, non ci sarebbe alcuno di loro che non si muoverebbe a compassione e a pietà di me” (FF. 1798).
S. Caterina da Siena viene dichiarata dal suo confessore “martirizzata dai demoni” (Cf. vita di lei scritta dal B. Raimondo da Capua).
La B Maria di Gesù Crocifisso, detta la Piccola Araba perchè di origine palestinese, quando era molto avanti nella santità, ebbe due periodi di vera e propria possessione diabolica, documentata dagli Atti del processo (Cf Padre Estrata: vita della beata).
S. Pio da Pietrelcina certamente è uno dei Santi più tentati e tormentati dal diavolo. Egli fin dai 5 annisi da completamente a Gesù e a Maria, e subito (come lui scrive nei suoi appunti) gli appare Gesù col cuore in risalto sul petto e gli pone la mano sul capo per dimostrare di gradire tanto il suo proposito di amarlo, di donarsi tutto a Lui di consacrarsi al Suo amore. Ama molto anche la Madonna.
Da allora ogni giorno si ritira in qualche angolo della chiesa o della casa o dei campi per pregare, recitare Rosari e fare penitenza battendo il suo corpo con una catena di ferro.
E subito il diavolo si scatena contro di lui, e lo tormenta di giorno e di notte con orribili tentazioni, con immagini provocanti di sconce figure di ragazze in forme oscenissime e bestiali. La moglie del dott. Sanguinetti, collaboratore del P. Pio, scrive a un sacerdote: “Il diavolo ha gettato a terra P. Pio e l’ha coperto di pugni e di lividure, gli ha spaccato un sopracciglio; lui gronda sangue” (15 luglio 1954). Lo stesso P. Pio ha scritto: “Se i frati sapessero quali tormenti mi infligge il demonio, non ci sarebbe neppure uno che non piangerebbe”. Il diavolo lo percuote spesso perché lui ceda alle tentazioni. Scrive al suo direttore spirituale: “Le tentazioni sono assassine e di giorno in giorno vanno sempre più moltiplicandosi ... Tremo da capo a piedi temendo di poter offendere Dio” (Cfr. Epist. I di P. Pio).
Queste tentazioni impure furono intense per 20 anni.
Poi diventarono meno furibonde, e si accompagnarono a forti tentazioni contro le verità di fede. Fu pure immerso in una grande oscurità spirituale, detta “notte oscura”, che in tanti santi si prolungò per un numero limitato di mesi o di anni, mentre in P. Pio si è prolungata, con grande sua sofferenza, per tutta la vita.
P. Pio ripeteva: “Oggi i diavoli si sono scatenati e sono tanto numerosi che se si potessero vedere e fossero piccoli come la capocchia di uno spillo, non riusciremmo a vedere il sole”.
Esempio
S. Brigida racconta di un uomo che viveva ai suoi tempi il quale da ben 40 anni non si accostava ai Sacramenti; però era devoto della Madonna. Si ammalò gravemente. S. Brigida gli inviò un Confessore; ma il moribondo lo respinse sdegnosamente. Così per due volte. Glielo inviò una terza volta con l’incarico di dirgli, da parte di Dio e della Vergine Santa, che egli era invasato da ben 7 demoni i quali l’avrebbero ben presto portato all’inferno. Spaventato si confessò, ricevette gli ultimi Sacramenti e spirò nel bacio del Signore. Dopo la sua morte, Dio fece conoscere a S.Brigida (celebre per le rivelazioni che ebbe dal Signore) che quell’infelice era scampato all’inferno unicamente per la sua devozione alla Vergine, la quale è sempre vittoriosa contro il diavolo.
Esortazione
Amiamo tanto Gesù sull’esempio di P. Pio e di tutti i Santi, ricordando ciò che dice S. Agostino: “II diavolo è come un cane legato alla catena, morde chi gli si avvicina”.
Ma se ameremo tanto Gesù, se avremo sempre Gesù nella mente e nel cuore, staremo spiritualmente lontanissimi dal demonio.
Proposito
Quando avvertiamo una tentazione, subito recitiamo devotamente l’Ave Maria. La Madonna, la nemica del diavolo, lo mette in fuga. Lei è il martello che lo schiaccia; è la santificazione della nostra anima, è la gioia degli angeli.
Grande devozione alla Madonna. S. Francesco d’Assisi ripeteva: “Alla recita dell’Ave Maria, tremano tutti i demoni!”. Che sarà se le Ave Maria sono 50 come in una corona? o 150, come in tre corone?
Esclameremo con S. Giovanni Bosco: “O Maria, Vergine potente, Tu grande e illustre difesa della Chiesa; Tu aiuto, aiuto mirabile dei Cristiani; Tu, terribile come un esercito schierato a battaglia; Tu, che da sola hai distrutto tutti gli errori del mondo; Tu, nelle angustie e nelle lotte, nelle necessità difendici dal nemico e nell’ora della morte accoglici nei gaudi eterni. Amen”.
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Templari
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L'abito liturgico della Dama
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Il manto nero è l'abito liturgico della Dama Templare della Congregazione.
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Il nero è il colore simbolico della terra, dalla quale, per volontà di Dio, ha origine la vita, la donna è colei che genera la vita, (valore generativo) da qui il mantello di colore nero, l'uomo è colui che la difende, (valore difensivo) mantello bianco, questo è anche il motivo per il quale il cavaliere porta la spada, mentre la dama la corona del rosario. Uomini e donne con compiti diversi, stabiliti da Dio, fin dalla creazione, ma accomunati da un unica fede, espressa dalla croce rossa patente sulla spalla sinistra; uniti dalla volontà di amare e servire Dio, la Chiesa ed il Prossimo.
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Lettera di mons. LUIGI NEGRI al Foglio |
di monsignor Luigi Negri (*) |
Carissimo direttore, poiché mi trovo quasi sempre d’accordo con le tue posizioni dal punto di vista cultural-politico, mi permetto di farti avere delle osservazioni che sento assolutamente necessario, in coscienza, formulare e pubblicare. Mi hanno indotto a questo anche due bellissimi articoli che ho letto recentemente sulla questione dell’assetto cultural- social-politico in questo momento tragicomico della nostra storia nazionale.
Uno è un articolo del professor Francesco Alberoni sul fanatismo devastante di certe posizioni politiche, che mi ha ricordato i tempi indimenticabili dei miei studi universitari, in cui l’allora giovane professor Alberoni ci insegnava i rudimenti della sociologia. E poi l’articolo molto acuto del professor Aldo Grasso con cui ho condiviso tanti anni di insegnamento in Cattolica. Non voglio fare nessun intervento nell’ambito specifico dell’impegno dei laici, soprattutto dei laici che hanno deciso di partecipare attivamente alla vita delle istituzioni. Non tocca ai vescovi stabilire l’identikit del presidente della Repubblica e non tocca ai vescovi indicare le priorità di carattere politico in senso stretto, ma tocca ai vescovi intervenire sulle gravi vicende di carattere culturale che sono arrivate, nel nostro paese, a un livello di crisi che mi sembra senza ritorno. Mi sono chiesto se è giusto che noi continuiamo a tacere di fronte a posizioni culturali, sociali e politiche che affermano letteralmente che l’uomo è Dio; e che affermano una subordinazione totale e parossistica alla rete, indicata come soluzione globale di tutti i problemi dell’umanità. Se si possa tacere di fronte a una modalità di porsi, nella vita politica, che disprezza, nel linguaggio e negli atteggiamenti, qualsiasi interlocutore che viene sbrigativamente percepito come avversario da eliminare. Se è possibile far prevalere tutta una serie di valutazioni personalistiche di carattere moralistico come ambito in cui decidere la presentabilità o meno di candidati a questa o a quella carica. A parte l’ignoranza spaventosa per cui si possono citare frasi del primo hitlerismo e di alcuni documenti delle più terribili dittature del Ventesimo secolo cercando di dargli una patente di credibilità e di autorevolezza. In questo contesto, dove una persona ragionevole, io non vorrei scomodare la fede, una persona ragionevole si trova veramente a disagio, ritengo che sia giusto che un vescovo della chiesa cattolica dica che c’è una sostanziale inconciliabilità fra la visione della realtà che nasce dalla fede e questa vita politica ridotta alla difesa accanita dei propri interessi particolari o di formazione ideologica. Non credo che sia giusto che si possa continuare in un’equivoca tolleranza di posizioni che obiettivamente sono distruttive, non solo e non tanto della fede cattolica, ma di una vita sociale autenticamente fondata su valori sostanziali e inderogabili, quelli che Benedetto XVI aveva così genialmente sintetizzato nell’espressione “valori non negoziabili”. Di fronte alla proposta di una vita socio- politica ridotta a posizioni teoriche demenziali, corredate da un linguaggio e relativi atteggiamenti dello stesso tipo, io mi sento di dire con tranquillità, almeno ai fedeli cattolici della mia diocesi, che non è possibile essere cristiani e contemporaneamente appoggiare a qualsiasi livello posizioni e scelte che sono evidentemente in contrasto con la concezione della vita che la chiesa, coerentemente, da duemila anni insegna. Se poi la novità è rappresentata, anche sul piano istituzionale, da disegni di legge che riguardano il riconoscimento civile delle unioni gay, il cambiamento a spese del Servizio sanitario nazionale del sesso, ci rendiamo conto da che parte va questa presunta novità. Ma c’è un ulteriore e ultimo disagio. Mi sono chiesto in questi giorni: ma dove è finita la presenza politica dei cattolici in Italia? Si caratterizzano per le scelte politiche che fanno, destra o sinistra, ma non più per quella vera appartenenza a valori in forza dei quali diventa possibile un vero dialogo, confronto, e al limite la collaborazione. Mi sono reso conto con amarezza che la presenza politica dei cattolici sembra non esistere più. Esistono dei cattolici che a titolo sempre più personale, quindi nel senso restrittivo della parola, militano di qua o di là ma ricevono la loro dignità dalla scelta analitica che hanno fatto. E forse qui non è in ballo soltanto la responsabilità dei laici. Forse l’azione educativa che noi dovremmo insistentemente riprendere con i nostri laici, soprattutto quelli impegnati nei campi più difficili, sembra essere venuta meno. Non so se non è più chiesta. Resta il fatto che da noi vescovi viene offerta in modo sempre più blando e sempre meno mordente. Non è un contributo ma non credo che potessi tacere ai fedeli della mia chiesa questa direttiva che ho ritenuto necessario dare. Siccome poi il vescovo di una diocesi particolare vive e deve vivere un affetto per la chiesa universale, pongo questo mio intervento a disposizione di quanti, nelle altre chiese, possano riconoscersi e ritrovarsi in esso.
(Il Foglio del 19/04/2013)
(*) Luigi Negri Arcivescovo di Ferrara – Comacchio |
SANT'ISIDORO, IL CONTADINO CHE AVEVA CAPITO COME VINCERE LA CRISI ECONOMICA
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Non era laureato alla Bocconi, non aveva frequentato la London School of Economics, non frequentava i salotti buoni dell'economia... ma aveva capito bene quale fosse la vera legge del lavoro
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di Corrado Gnerre
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Augusto Del Noce parlava di "eterogenesi dei fini". Quando si percorre la strada di un errore si finisce inevitabilmente col raggiungere risultati paradossali, cioè completamente diversi da quelli che si vogliono ottenere. È la legge dell'errore. La Bibbia ce lo dice sin dall'inizio. Adamo ed Eva peccarono per essere "liberi", per essere completamente svincolati da Dio, per fare a meno di Dio nell'illusione di poter raggiungere una completa autosufficienza, cioè una sorta di auto-divinizzazione. Ebbene, non solo non riuscirono in questo intento, ma si trovarono a dover riconoscere dolorosamente il proprio limite e la propria precarietà. Si ritrovarono "nudi". Non nudi nel senso fisico ma in quello ontologico. Il limite umano che prima non pesava loro e che nemmeno Dio faceva pesare loro, dopo il peccato diventa enorme, insopportabile: addirittura fa paura. È la legge dell'errore.
Una legge – quella dell'errore – che ovviamente si spiega con l'ordine che Dio ha inserito nella natura. Se s'infrange l'ordine, si ottiene il disordine e, se si ottiene il disordine, si realizza il paradosso. Un paradosso che la Provvidenza eleva ad insegnamento. Non è un caso che già la sapienza antica (quella sapienza che ancora viveva in una dimensione di ignoranza perché precedente al Cristianesimo, ma che si fondava su una recta ratio) parlava della storia come una buona "cattedra" da cui apprendere. La storia come magistra vitae, come maestra di vita, come serie non casuale di avvenimenti, bensì come itinerario significativo di fatti da cui apprendere. Perché, se molto sfugge alla comprensione storica, è pur vero che ciò che accade, che gli sbagli commessi ricevono inevitabilmente un castigo, come ovviamente ricevono un premio tutte le buone cose che le civiltà compiono. C'è chi giustamente ha detto che mentre i singoli uomini, perché orientati verso la vita ultraterrena, hanno l'eternità per essere premiati o castigati; per le civiltà invece è diverso. Esse vivono solo nella storia e, vivendo solo nella dimensione temporale, ricevono i loro premi e i loro castighi nella storia stessa. Se socialmente si sceglie l'errore, se si diffonde il peccato sociale, la civiltà, compromessa dal peccato, finirà col pagare nel tempo e nella storia. Queste riflessioni le lego alla vita di un grande-piccolo santo. I miei lettori spero mi stiano capendo. Con "grande-piccolo" intendo un santo che non è molto conosciuto (almeno qui in Italia), ma che è grande, come d'altronde sono grandi tutti i santi che la Chiesa ci offre, fermo restando la differenza di lumen gloriae che comunque essi beneficiano in Paradiso. Il "piccolo-grande" santo che mi viene in mente dicendo le cose da cui sono partito, è lo spagnolo sant'Isidoro contadino. Narro in breve la sua storia e poi capirete il legame. BIOGRAFIA DI SANT'ISIDORO Isidoro nasce intorno al 1070 da una poverissima famiglia di contadini. Orfano del padre fin da piccolo, va a lavorare la terra nelle campagne intorno a Madrid. A causa della guerra, cerca rifugio e lavoro a nord, a Torrelaguna. Qui conosce la sua futura sposa, Maria Toribia, anch'ella contadina. Isidoro ha una grande fede. È analfabeta ma conosce le cose di Dio e sa pregare. Ogni mattina, all'alba, va alla Messa. Ma soprattutto durante la giornata, mentre è al lavoro, spesso si apparta per raccogliersi in preghiera. I suo compagni di lavoro lo accusano di essere una scansafatiche. Anche il padrone, Juan de Vargas, inizia a sospettare di lui, ma poi si accorge che alla sera il lavoro di Isidoro è bello che compiuto. Alla fine si convince che qualcosa di misterioso aiuta Isidoro nel suo lavoro. Iniziano ad avvenire anche miracoli nelle sue proprietà. Ben presto Isidoro diventa il suo uomo di fiducia e inizia a guadagnare di più, ma lui e la moglie (dichiarata beata nel XVIII secolo) decidono di continuare a vivere come sempre e il di più lo donano ai poveri. Isidoro muore nel 1130. Alla sua morte la sua fama era pari a quella di El Cid Campeador. Fu canonizzato da Papa Gregorio XV il 25 maggio del 1622. IL SEGRETO DEL "BENESSERE" Torniamo ai nostri ragionamenti. Cosa colpisce di ciò che abbiamo letto? Ovviamente il fatto che sant'Isidoro ogni tanto interrompeva il lavoro per raccogliersi in preghiera. Veniva accusato perché, secondo una logica tipicamente umana, per raccogliersi in preghiera occorre del tempo e questo tempo ovviamente veniva tolto al lavoro, con la preoccupazione che quello che non fosse riuscito a fare lui sarebbe stato sulle spalle di altri. E invece, a fine giornata, ciò che riusciva a mietere sant'Isidoro era molto più abbondante di ciò che erano riusciti a mietere gli altri. Mi viene da pensare all'attuale crisi economica, reale o sedicente (a volte mi viene la tentazione di pensarlo, ma adesso questa questione non ci interessa): da quando gli uomini hanno iniziato a pensare che i soldi sono tutto, non ci sono più soldi. Tutti si lamentano. Lamenti che molto spesso sono un'offesa all'intelligenza. Io che ho da poco passato i cinquant'anni mi ricordo molto bene (se non altro perché ne parlavano sempre) i sacrifici che hanno dovuto fare i miei nonni e i mie genitori in tempi in cui sperare a pranzo di avere la cena qualche ora dopo e a cena di avere la colazione la mattina seguente era preoccupazione tutt'altro che rara. Qui non si tratta di demonizzare pauperisticamente il denaro né di negare ingenuamente che anche in passato ci fosse chi avidamente rincorreva, costi quel che costi, ricchezze e patrimoni. No, non si tratta di questo. Piuttosto nella nostra epoca in cui è stato fatto fuori Dio con un diffuso ateismo pratico per cui, anche se non si afferma teoricamente che Dio non esiste, si vive come se Dio non esistesse, giocoforza il denaro diventa tutto perché la vita terrena diventa il tutto. Il non potersi permettere le vacanze ai tropici o il cellulare di ultima generazione, diventa il segno di una vita che perderebbe di dignità. Non a caso molte persone che oggi si lamentano della crisi economica parlano del fatto che è una situazione che "toglie la dignità". O disgraziati che si suicidano per questi motivi lasciano biglietti con su scritto: "non si può vivere senza dignità". Come se non avere soldi o essere perfino costretti a mendicare fossero cose che tolgano la dignità. Ecco il paradosso. L'uomo contemporaneo può anche trovarsi nelle condizioni di non avere soldi, ma considera i soldi come il tutto della vita. Da qui il castigo. Sì: il castigo! Avete capito bene, cari lettori. Anche la crisi economica può essere un castigo. Un castigo per far capire all'uomo che non può ridurre se stesso a consumatore o a accumulatore, che non può farsi prendere dall'ansia di produrre senza pensare a se stesso e raccogliersi in Dio per capire il mistero di se stesso. Finanche la Domenica ci hanno tolto. I centri commerciali hanno sostituito le parrocchie. Anche qui una riflessione: centri commerciali aperti sette giorni su sette, ma vendite in crisi. Prima: sei giorni su sette e vendite non in crisi. Sant'Isidoro non la pensava così. Non era laureato alla Bocconi. Non aveva frequentato la London School of Economics. Non frequentava i salotti buoni dell'economia... Ma aveva capito bene quale fosse la vera legge del lavoro: farsi aiutare da Dio, mettere Dio al primo posto, dare credito non a un consulente finanziario ma solo a Colui che ha detto: «Cercate prima di tutto il regno di Dio, il resto vi sarà dato in aggiunta». Fonte: Il Giudizio Cattolico, 15 maggio 2013 |