giovedì 23 settembre 2010

I cristiani sono "una forza benefica e pacifica di cambiamento profondo":  è questa "la forma di presenza e di azione nel mondo proposta dalla dottrina sociale della Chiesa". Lo ha ricordato il Papa all'omelia della messa celebrata domenica mattina, 5 settembre, a Carpineto Romano, per il bicentenario della nascita di Papa Leone XIII. 

PARTE QUARTA (CCC)
LA PREGHIERA CRISTIANA

SEZIONE PRIMA 
LA PREGHIERA NELLA VITA CRISTIANA

CAPITOLO PRIMO 
LA RIVELAZIONE DELLA PREGHIERA

ARTICOLO 2 
NELLA PIENEZZA DEL TEMPO

2598 L'evento della preghiera ci viene pienamente rivelato nel Verbo che si è fatto carne e dimora in mezzo a noi. Cercare di comprendere la sua preghiera, attraverso ciò che i suoi testimoni ci dicono di essa nel Vangelo, è avvicinarci al santo Signore Gesù come al roveto ardente: dapprima contemplarlo mentre prega, poi ascoltare come ci insegna a pregare, infine conoscere come egli esaudisce la nostra preghiera.

Gesù prega

2599 Il Figlio di Dio diventato Figlio della Vergine ha anche imparato a pregare secondo il suo cuore d'uomo. Egli apprende le formule di preghiera da sua Madre, che serbava e meditava nel suo cuore tutte le « grandi cose » fatte dall'Onnipotente.51 Egli prega nelle parole e nei ritmi di preghiera del suo popolo, nella sinagoga di Nazaret e al Tempio. Ma la sua preghiera sgorga da una sorgente ben più segreta, come lascia presagire già all'età di dodici anni: « Io devo occuparmi delle cose del Padre mio » (Lc 2,49). Qui comincia a rivelarsi la novità della preghiera nella pienezza dei tempi: la preghiera filiale, che il Padre aspettava dai suoi figli, viene finalmente vissuta dallo stesso Figlio unigenito nella sua umanità, con gli uomini e per gli uomini.

2600 Il Vangelo secondo san Luca sottolinea l'azione dello Spirito Santo e il senso della preghiera nel ministero di Cristo. Gesù prega prima dei momenti decisivi della sua missione: prima che il Padre gli renda testimonianza, al momento del suo battesimo52 e della trasfigurazione,53 e prima di realizzare, mediante la sua passione, il disegno di amore del Padre.54 Egli prega anche prima dei momenti decisivi che danno inizio alla missione dei suoi Apostoli: prima di scegliere e chiamare i Dodici,55 prima che Pietro lo confessi come « il Cristo di Dio »56 e affinché la fede del capo degli Apostoli non venga meno nella tentazione.57 La preghiera di Gesù prima delle azioni salvifiche che il Padre gli chiede di compiere, è un'adesione umile e fiduciosa della sua volontà umana alla volontà piena d'amore del Padre.

2601 « Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e, quando ebbe finito, uno dei discepoli gli disse: "Signore, insegnaci a pregare" » (Lc 11,1). Non è forse anzitutto contemplando il suo Maestro orante che nel discepolo di Cristo nasce il desiderio di pregare? Può allora impararlo dal Maestro della preghiera. È contemplando ed ascoltando il Figlio che i figli apprendono a pregare il Padre.

2602 Gesù si ritira spesso in disparte, nella solitudine, sulla montagna, generalmente di notte, per pregare.58 Egli porta gli uomini nella sua preghiera, poiché egli ha pienamente assunto l'umanità nella sua incarnazione, e li offre al Padre offrendo se stesso. Egli, il Verbo che « si è fatto carne », nella sua preghiera umana partecipa a tutto ciò che vivono i « suoi fratelli »;59 compatisce le loro infermità per liberarli da esse.60 Proprio per questo il Padre l'ha mandato. Le sue parole e le sue azioni appaiono allora come la manifestazione visibile della sua preghiera « nel segreto ».

2603 Gli evangelisti hanno riportato in modo esplicito due preghiere pronunciate da Gesù durante il suo ministero. Ognuna comincia con il rendimento di grazie. Nella prima,61 Gesù confessa il Padre, lo riconosce e lo benedice perché ha nascosto i misteri del Regno a coloro che si credono dotti e li ha rivelati ai « piccoli » (i poveri delle beatitudini). Il suo trasalire: « Sì, Padre! » esprime la profondità del suo cuore, la sua adesione al « beneplacito » del Padre, come eco al « Fiat » di sua Madre al momento del suo concepimento e come preludio a quello che egli dirà al Padre durante la sua agonia. Tutta la preghiera di Gesù è in questa amorosa adesione del suo cuore di uomo al « mistero della volontà » del Padre.62

2604 La seconda preghiera è riferita da san Giovanni63 prima della risurrezione di Lazzaro. L'azione di grazie precede l'evento: « Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato », il che implica che il Padre ascolta sempre la sua supplica; e Gesù subito aggiunge: « Io sapevo che sempre mi dai ascolto », il che implica che Gesù, dal canto suo, domanda in modo costante. Così, introdotta dal rendimento di grazie, la preghiera di Gesù ci rivela come chiedere: prima che il dono venga concesso, Gesù aderisce a colui che dona e che nei suoi doni dona se stesso. Il Donatore è più prezioso del dono accordato; è il « Tesoro », ed il cuore del Figlio suo è in lui; il dono viene concesso « in aggiunta ».64

La « preghiera sacerdotale » di Gesù65 occupa un posto unico nell'Economia della salvezza. Su di essa si mediterà nella parte conclusiva della sezione prima. In realtà essa rivela la preghiera sempre attuale del nostro Sommo Sacerdote, e, al tempo stesso, è intessuta di ciò che Gesù ci insegna nella nostra preghiera al Padre, che sarà commentata nella sezione seconda.

2605 Quando giunge l'Ora in cui porta a compimento il disegno di amore del Padre, Gesù lascia intravvedere l'insondabile profondità della sua preghiera filiale, non soltanto prima di consegnarsi volontariamente (« Padre,... non... la mia, ma la tua volontà »: Lc 22,42), ma anche nelle ultime sue parole sulla croce, là dove pregare e donarsi si identificano: « Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno » (Lc 23,34); « In verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso » (Lc 23,43); « Donna, ecco il tuo figlio. [...] Ecco la tua Madre » (Gv 19,26-27); « Ho sete! » (Gv 19,28); « Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? » (Mc 15,34);66 « Tutto è compiuto! » (Gv 19,30); « Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito » (Lc 23,46), fino a quel « forte grido » con il quale muore, rendendo lo spirito.67

2606 Tutte le angosce dell'umanità di ogni tempo, schiava del peccato e della morte, tutte le implorazioni e le intercessioni della storia della salvezza confluiscono in questo grido del Verbo incarnato. Ed ecco che il Padre le accoglie e, al di là di ogni speranza, le esaudisce risuscitando il Figlio suo. Così si compie e si consuma l'evento della preghiera nell'Economia della creazione e della salvezza. Il Salterio ce ne offre la chiave in Cristo. È nell'oggi della risurrezione che il Padre dice: « Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato. Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra! » (Sal 2,7-8).68

La lettera agli Ebrei esprime in termini drammatici come la preghiera di Gesù operi la vittoria della salvezza: « Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l'obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono » (Eb 5,7-9).

Gesù insegna a pregare

2607 Quando Gesù prega, già ci insegna a pregare. Il cammino teologale della nostra preghiera è la sua preghiera al Padre. Ma il Vangelo ci offre un esplicito insegnamento di Gesù sulla preghiera. Come un pedagogo, egli ci prende là dove siamo e, progressivamente, ci conduce al Padre. Rivolgendosi alle folle che lo seguono, Gesù prende le mosse da ciò che queste già conoscono della preghiera secondo l'Antica Alleanza e le apre alla novità del Regno che viene. Poi rivela loro tale novità con parabole. Infine, ai suoi discepoli, che dovranno essere pedagoghi della preghiera nella sua Chiesa, parlerà apertamente del Padre e dello Spirito Santo.

2608 Fin dal discorso della montagna, Gesù insiste sulla conversione del cuore: la riconciliazione con il fratello prima di presentare un'offerta sull'altare,69 l'amore per i nemici e la preghiera per i persecutori,70 la preghiera al Padre « nel segreto » (Mt 6,6), senza sprecare molte parole,71 il perdono dal profondo del cuore nella preghiera,72 la purezza del cuore e la ricerca del Regno.73 Tale conversione è tutta orientata al Padre: è filiale.

2609 Il cuore, deciso così a convertirsi, apprende a pregare nella fede. La fede è un'adesione filiale a Dio, al di là di ciò che sentiamo e comprendiamo. È diventata possibile perché il Figlio diletto ci apre l'accesso al Padre. Egli può chiederci di « cercare » e di « bussare », perché egli stesso è la porta e la via.74

2610 Come Gesù prega il Padre e rende grazie prima di ricevere i suoi doni, così egli ci insegna questa audacia filiale: « Tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto » (Mc 11,24). Tale è la forza della preghiera: « Tutto è possibile per chi crede » (Mc 9,23), con una fede che non dubita.75 Quanto Gesù è rattristato dalla « incredulità » (Mc 6,6) dei suoi compaesani e dalla poca fede dei suoi discepoli,76 tanto si mostra pieno di ammirazione davanti alla fede davvero grande del centurione romano77 e della Cananea.78

2611 La preghiera di fede non consiste soltanto nel dire: « Signore, Signore », ma nel disporre il cuore a fare la volontà del Padre.79 Gesù esorta i suoi discepoli a portare nella preghiera questa passione di collaborare al disegno divino.80

2612 In Gesù « il regno di Dio è vicino » (Mc 1,15); egli chiama alla conversione e alla fede, ma anche alla vigilanza. Nella preghiera, il discepolo veglia attento a colui che è e che viene, nella memoria della sua prima venuta nell'umiltà della carne e nella speranza del suo secondo avvento nella gloria.81 La preghiera dei discepoli, in comunione con il loro Maestro, è un combattimento, ed è vegliando nella preghiera che non si entra in tentazione.82

2613 Tre parabole sulla preghiera di particolare importanza ci sono tramandate da san Luca:

La prima, « l'amico importuno »,83 esorta ad una preghiera fatta con insistenza: « Bussate e vi sarà aperto ». A colui che prega così, il Padre del cielo « darà tutto ciò di cui ha bisogno », e principalmente lo Spirito Santo che contiene tutti i doni.

La seconda, « la vedova importuna »,84 è centrata su una delle qualità della preghiera: si deve pregare sempre, senza stancarsi, con la pazienza della fede. « Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? ».

La terza parabola, « il fariseo e il pubblicano »,85 riguarda l'umiltà del cuore che prega: « O Dio, abbi pietà di me, peccatore ». La Chiesa non cessa di fare sua questa preghiera: « Kyrie eleison! ».

2614 Quando Gesù confida apertamente ai suoi discepoli il mistero della preghiera al Padre, svela ad essi quale dovrà essere la loro preghiera, e la nostra, allorquando egli, nella sua umanità glorificata, sarà tornato presso il Padre. La novità, attualmente, è di « chiedere nel suo nome ».86 La fede in lui introduce i discepoli nella conoscenza del Padre, perché Gesù è « la via, la verità e la vita » (Gv 14,6). La fede porta il suo frutto nell'amore: osservare la sua parola, i suoi comandamenti, dimorare con lui nel Padre, che in lui ci ama fino a prendere dimora in noi. In questa nuova Alleanza, la certezza di essere esauditi nelle nostre suppliche è fondata sulla preghiera di Gesù.87

2615 Ancor più, quando la nostra preghiera è unita a quella di Gesù, il Padre ci dà un « altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di verità » (Gv 14,16-17). Questa novità della preghiera e delle sue condizioni appare attraverso il discorso di addio.88 Nello Spirito Santo, la preghiera cristiana è comunione di amore con il Padre, non solamente per mezzo di Cristo, ma anche in lui: « Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena » (Gv 16,24).

Gesù esaudisce la preghiera

2616 La preghiera a Gesù è già esaudita da lui durante il suo ministero, mediante segni che anticipano la potenza della sua morte e della sua risurrezione: Gesù esaudisce la preghiera di fede, espressa a parole (dal lebbroso;89 da Giairo;90 dalla Cananea;91 dal buon ladrone92) oppure in silenzio (da coloro che portano il paralitico;93 dall'emoroissa che tocca il suo mantello;94 dalle lacrime e dall'olio profumato della peccatrice95). La supplica accorata dei ciechi: « Figlio di Davide, abbi pietà di noi » (Mt 9,27) o: « Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me » (Mc 10,47) è stata ripresa nella tradizione della Preghiera a Gesù: « Gesù, Cristo, Figlio di Dio, Signore, abbi pietà di me peccatore! ». Si tratti di guarire le malattie o di rimettere i peccati, alla preghiera che implora con fede Gesù risponde sempre: « Va' in pace, la tua fede ti ha salvato! ».


Sant'Agostino riassume in modo mirabile le tre dimensioni della preghiera di Gesù: « Prega per noi come nostro Sacerdote; prega in noi come nostro Capo; è pregato da noi come nostro Dio. Riconosciamo, dunque, in lui la nostra voce, e in noi la sua voce ».96

La preghiera della Vergine Maria

2617 La preghiera di Maria ci è rivelata all'aurora della pienezza dei tempi. Prima dell'incarnazione del Figlio di Dio e prima dell'effusione dello Spirito Santo, la sua preghiera coopera in una maniera unica al disegno benevolo del Padre: al momento dell'annunciazione per il concepimento di Cristo,97 e in attesa della pentecoste per la formazione della Chiesa, corpo di Cristo.98 Nella fede della sua umile serva il dono di Dio trova l'accoglienza che fin dall'inizio dei tempi aspettava. Colei che l'Onnipotente ha fatto « piena di grazia », risponde con l'offerta di tutto il proprio essere: « Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto ». « Fiat », è la preghiera cristiana: essere interamente per lui, dal momento che egli è interamente per noi.

2618 Il Vangelo ci rivela come Maria preghi e interceda nella fede: a Cana99 la Madre di Gesù prega il Figlio suo per le necessità di un banchetto di nozze, segno di un altro Banchetto, quello delle nozze dell'Agnello che, alla richiesta della Chiesa, sua Sposa, offre il proprio Corpo e il proprio Sangue. Ed è nell'ora della Nuova Alleanza, ai piedi della croce, 100 che Maria viene esaudita come la Donna, la nuova Eva, la vera « Madre dei viventi ».

2619 È per questo che il cantico di Maria, 101 il « Magnificat » latino, il 9,("8L< bizantino, rappresenta ad un tempo il cantico della Madre di Dio e quello della Chiesa, cantico della Figlia di Sion e del nuovo popolo di Dio, cantico di ringraziamento per la pienezza di grazie elargite nell'Economia della salvezza, cantico dei « poveri », la cui speranza si realizza mediante il compimento delle promesse fatte ai nostri padri, « ad Abramo e alla sua discendenza per sempre ».

In sintesi

2620 Nel Nuovo Testamento il modello perfetto della preghiera si trova nella preghiera filiale di Gesù. Fatta spesso nella solitudine, nel silenzio, la preghiera di Gesù comporta un'adesione piena d'amore alla volontà del Padre fino alla croce e un'assoluta fiducia di essere esaudito.
2621 Nel suo insegnamento, Gesù educa i suoi discepoli a pregare con un cuore purificato, con una fede viva e perseverante, con un'audacia filiale. Li esorta alla vigilanza e li invita a rivolgere le loro domande a Dio nel suo nome. Gesù Cristo stesso esaudisce le preghiere che gli vengono rivolte.
2622 La preghiera della Vergine Maria, nel suo « Fiat » e nel suo Magnificat, è caratterizzata dalla generosa offerta di tutto il suo essere nella fede.

(51) Cf Lc 1,49; 2,19; 2,51.
(52) Cf Lc 3,21.
(53) Cf Lc 9,28.
(54) Cf Lc 22,41-44.
(55) Cf Lc 6,12.
(56) Cf Lc 9,18-20.
(57) Cf Lc 22,32.
(58) Cf Mc 1,35; 6,46; Lc 5,16.
(59) Cf Eb 2,12.
(60) Cf Eb 2,15; 4,15.
(61) Cf Mt 11,25-27 e Lc 10,21-22.
(62) Cf Ef 1,9.
(63) Cf Gv 11,41-42.
(64) Cf Mt 6,21.33.
(65) Cf Gv 17.
(66) Cf Sal 22,2.
(67) Cf Mc 15,37; Gv 19,30.
(68) Cf At 13,33.
(69) Cf Mt 5,23-24.
(70) Cf Mt 5,44-45.
(71) Cf Mt 6,7.
(72) Cf Mt 6,14-15.
(73) Cf Mt 6,21.25.33.
(74) Cf Mt 7,7-11.13-14.
(75) Cf Mt 21,21.
(76) Cf Mt 8,26.
(77) Cf Mt 8,10.
(78) Cf Mt 15,28.
(79) Cf Mt 7,21.
(80) Cf Mt 9,38; Lc 10,2; Gv 4,34.
(81) Cf Mc 13; Lc 21,34-36.
(82) Cf Lc 22,40.46.
(83) Cf Lc 11,5-13.
(84) Cf Lc 18,1-8.
(85) Cf Lc 18,9-14.
(86) Cf Gv 14,13.
(87) Cf Gv 14,13-14.
(88) Cf Gv 14,23-26; 15,7.16; 16,13-15.23-27.
(89) Cf Mc 1,40-41.
(90) Cf Mc 5,36.
(91) Cf Mc 7,29.
(92) Cf Lc 23,39-43.
(93) Cf Mc 2,5.
(94) Cf Mc 5,28.
(95) Cf Lc 7,37-38.
(96) Sant'Agostino, Enarratio in Psalmum 85, 1: CCL 39, 1176 (PL 36, 1081); cf Principi e norme per la Liturgia delle Ore, 7: Liturgia delle Ore, v. 1 (Libreria Editrice Vaticana 1981) p. 30.
(97) Cf Lc 1,38.
(98) Cf At 1,14.
(99) Cf Gv 2,1-12.
(100) Cf Gv 19,25-27.
(101) Cf Lc 1,46-55.
Gerusalemme si trova a Chiaravalle 
San Bernardo e i Templari

Antonio SOCCI

Deve essere stato fisicamente duro seguire Bernardo nella continua costruzione di nuove abbazie: al gelo, alla calura o sotto la pioggia, prosciugare terreni malsani, dissodarli, disboscare foreste selvagge, piantare, costruire canali di irrigazione, vivendo intanto in capanne di legno, nutrendosi di zuppa di foglie, costruendo ricoveri per pellegrini e poveri.

Eppure il fascino della sua presenza e la bellezza di quella compagnia erano più forti della fatica. Un giorno, raccontano le cronache, in un momento di pausa del duro lavoro dei monaci, mentre insieme stavano pregando, Bernardo solleva casualmente gli occhi dal libro e vede spuntare dalle colline gruppi di uomini, prima da una parte, poi da un'altra. Sono una moltitudine. Vengono a vivere con loro. Un episodio emblematico della vita di Bernardo. Che ha ragioni semplici e umanissime.

L'incontro con presenze umane come lui scriveva lo stesso Bernardo parlando dei santi «suscita in noi il desiderio di godere della loro compagnia così dolce... Perché la speranza di una felicità incomparabile diventi realtà ci è necessario il loro soccorso». Bernardo è un amante appassionato della felicità degli uomini, si strugge per ciascuno dei suoi, uno per uno. Vorrebbe farsi tutto per tutti.

Ad un giovane, colpito dalla sua presenza, che vorrebbe seguirlo, ma è spaventato dallo «strappo», dalla durezza della vita che lo aspetta e dall'abbandono dello studio, scrive accoratamente: «Credi a chi ne ha esperienza: nelle selve troverai qualcosa di più che non nei libri. La legna e le pietre ti insegneranno ciò che non puoi ascoltare dai maestri». E poi ci dà quasi un flash di una quotidiana e cordiale fraternità: «Oh, se io meritassi d'averti compagno nella scuola della pietà, avendo Gesù come maestro! Come spartirei volentieri con te quelle calde pagnotte che, ancora fumanti, come tratte or ora, per così dire, dal forno, Cristo rapidamente, con la sua divina prodigalità, spezza per i suoi poveri!».

«Oggi leggiamo nel libro dell'esperienza» diceva ancora Bernardo, parlando ai suoi monaci che voleva tener lontano dalle astrusità delle chiacchiere intellettuali e dalla vanità del sapere. Desiderando una cosa sola: «laetitia in corde tuo».

Come era cominciata la sua storia? Degli anni giovanili di Bernardo si sa poco. Il padre e i fratelli facevano tutti il mestiere delle armi. Lui fu mandato a studiare dai chierici. Aveva quattordici anni quando morì sua madre, Aletta, che era profondamente cristiana. Ne fu molto addolorato. Ma che tipo era stato da giovane Berengario che essendo un discepolo di Abelardo scrisse una feroce biografia di Bernardo dice che nell'adolescenza si divertiva a scrivere «canzonette ritmiche e poemi spassosi» e che cercava di prevalere con l'astuzia nelle gare di letteratura. Fonti più attendibili ci parlano di un giovane molto sveglio, con un certo senso dell'umorismo e che era attratto da una parte dalle lodi e dall'ammirazione dall'altra dai piaceri carnali: «un buon test della sua normalità» commenta dom Jean Leclercq.

E aggiunge: «Dai diciotto ai ventidue anni Bernardo fa parte di una di quelle bande di "giovani" nobili oziosi che non avevano altra occupazione se non quella di dedicarsi alla caccia, di guerreggiare in conflitti locali e da castello a castello e di partecipare a tornei, di divertirsi ascoltando qualche romanzo e soprattutto, pare, dei fabliaux (per lo più racconti frivoli, ndr). Ma in questo gruppo di allegri compagni, sembra proprio che egli non sia soddisfatto della sola gaia scienza».

La traccia delle sue inquietudini sta in pensieri come quelli che poi dirà ai suoi monaci: «Chi siamo noi sulla terra se non piccole formiche indaffarate in lavori inutili e vani? Che vantaggio ha un uomo da tutte le opere per le quali si affatica sotto il sole?». La promessa di una felicità più vera e più grande porta questo giovane uomo alla decisione e al destino per cui era stato scelto da Dio come segno per quelle generazioni. Decide di entrare monaco a Citeaux. E vuole portarsi dietro tutti i suoi fratelli. Nei primi mesi del 1112 sono tutti impegnati ad assediare il castello di Grancey. Ma un guerriero ben più forte arriva ad assediare loro: Bernardo. Il fratello maggiore, Guido, è sposato, ma questo non è certo un ostacolo per Bernardo, che vince il cuore della cognata, cosicché è lei a chiedere al marito di permetterle di farsi monaca. Si porta con sé anche gli zii. Il fratello minore, Andrea, è prigioniero: riesce a farlo liberare. Insieme ai suoi fratelli, zii e cugini, si aggregano alla compagnia anche altri amici (anche qui ce n'era qualcuno già sposato), compagni di armi e di studi di Bernardo, e suo padre Tescelino. Una trentina di uomini con cui Bernardo vive in una proprietà familiare a Chatillon per sei mesi, durante i quali li entusiasma alla nuova vita. Una mattina di primavera del 1112 il ventitreenne Bernardo con tutta quell'incredibile compagnia bussa alle porte di Citeaux. E' l'inizio di un ciclone.

Da allora tutta Europa, tutta la Chiesa di Dio, ruoterà attorno a quest'uomo: è decisivo per l'elezione di vescovi, papi e cardinali, quando c'è pericolo di scisma o dove esplodono eresie. Non c'è causa o problema ecclesiastico che non venga sottoposto a «questo fascinatore della gioventù, che sa vincere al suo monastero bande di studenti e cavalieri», come scrive dom Patrice Cousin.

Uno dei problemi che si trovò ad affrontare riguarda l'Ordine dei templari, di cui oggi e dopo tanti secoli si torna a parlare e che molti ritengono fondato dallo stesso Bernardo. [...]

Proprio dalle regioni di Borgogna e di Champagne, particolarmente segnate dall'insediamento di Chiaravalle, era partito il cavaliere Ugo di Payns, che, attorno al 1110, con Goffredo di Saint-Omer, comincia a sorvegliare alcune strade della Palestina per proteggere i pellegrini. Nell'inverno fra 1119 e 1120 si uniscono a loro altri sette cavalieri, che erano andati anch'essi in Palestina per combattere. Il re di Gerusalemme, Baldovino II, è entusiasta di questa specie di fraternitas laicale per il lavoro di polizia che svolge. Dà a questi cavalieri un'ala del suo palazzo reale, nella spianata del tempio. E loro formulano i voti di obbedienza, castità, povertà e di lotta a tutti i nemici di Dio nelle mani del patriarca latino di Gerusalemme. Ma, passati pochi anni, all'entusiasmo iniziale subentra la delusione e la perplessità dovute all'incertezza sul loro status, alla mancanza di nuove vocazioni, alla precarietà della situazione politica e militare in Terrasanta.

E' a questo punto, nel 1127, che il fondatore, Ugo di Payns, viene in Europa a cercare una regolarizzazione dalla Chiesa, ma soprattutto a cercare Bernardo. Non è un caso. Infatti Ugo di Payns viene dal castello di Montigny, vicino a Montbard, culla della famiglia materna di Bernardo è secondo J. Richard (Bernard de Clairvaux, Paris 1953), con cui concorda anche dom Jean Leclercq era parente di Bernardo. Inoltre l'altra vera colonna di questo gruppo di cavalieri era Andrea di Montbard, zio materno di Bernardo e a lui attaccatissimo (Andrea succederà a Ugo a capo dei templari).

Infine, l'altro grosso nome, nel piccolo nucleo dei primi templari, è quello di Ugo di Champagne, il conte della regione di Bernardo, colui che l'aveva sostenuto nella fondazione di Chiaravalle e di Trois-Fontaines, che stava per diventare cistercense con Bernardo, ma poi, nel 1125, decise, essendo cavaliere, di raggiungere Ugo di Payns. [...]

L'insistenza della loro richiesta di aiuto ha lasciato una traccia nello stesso prologo del Liber de laude, dove Bernardo scrive: «Non una volta soltanto, ma due o tre volte, se non sbaglio, mi hai chiesto, carissimo Ugo, che scrivessi per te e per i tuoi compagni d'arme».

tratto da: 30 Giorni, anno XI, marzo 1993, p. 54-57

martedì 21 settembre 2010


La Signora di tutti i Popoli


L'Amore di Dio, il Cuore di Maria, il cuore dell'uomo

L’Amore di Dio, quando è accolto, inonda, penetra nel più intimo dell’animo umano.
Non si può restarne digiuni anche per un solo attimo dopo averlo assaporato.
Questo Amore esige Amore perché il cuore dell’uomo tutto preso, tutto avvolto e immerso in esso non vuole uscirne più, vuole rimanervi, e l’unico modo per rimanervi è quello di amare altrettanto quanto Dio ama, e sapendo che non si può eguagliarlo e nell’intensità e nella quantità, l’unico modo di amare nella sua stessa misura e nel suo stesso grado è quello di chiedergliene ancora e di più al punto tale da essere trasformato, conformato ad esso, in modo da essere uno con Lui, da essere uno con l’infinito Amore di Dio.
Da ciò si può capire il gran mistero, il fascino di Maria, perché tutto quello che è stato detto finora è avvenuto in Lei in maniera perfetta e completa, in Lei si realizza il capolavoro di Dio.
Come si può perciò non amare Maria, oggetto dell’amore di Dio?
Chi ama Dio, non può non amare quel che Lui ama infinitamente.
Conformarsi all’amore di Dio significa amare Maria, e amare Maria significa amare Dio che ha posto la sua dimora in Lei.
A Maria Dio ha affidato questa missione eterna: far conoscere il suo stesso Amore agli uomini che Lui ama.
Ogni uomo che vuole vivere come Maria non può non conoscere e sperimentare nella propria vita questa sublime presenza divina.
Ma c’è di più; si può penetrare ancora di più nel mistero di Maria entrando maggiormente nel mistero di quell’Amore divino che si perpetua, si rinnova continuamente tra Maria e il suo Signore.
Come è possibile questo?
La Sacra Scrittura ci dice che "Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore" (Lc 2,19).
Abbiamo, quindi, un punto di riferimento nel Cuore di Maria.
Ma cos’è questo Cuore? Come difendere questa dimensione intima di Maria, che taluni riducono a puro e svenevole sentimentalismo e ad un’ulteriore e inutile interposizione fra l’uomo e Dio?
In verità, la stessa Sacra Scrittura ci dice che Dio sa quel che c’è nel cuore di ogni uomo (cfr. 1Gv 3,20). Ed è la stessa Sacra Scrittura a dirci quel che Maria serbava nel suo Cuore: serbava la realizzazione di tutti quei misteri divini che la circondavano e la coinvolgevano, ma in più li meditava, li elaborava, ne faceva un motivo di ulteriore riflessione su Dio, sul suo Amore e su se stessa, sul proprio ruolo di Madre all’interno della storia della salvezza che si realizzava con l’incarnazione, la passione, la morte e la resurrezione del suo Figlio Gesù.
Inoltre, la Chiesa riconosce nel Magnificat di Maria una missione che continua ancora nella gloria dei beati, per l’eternità Ella ripete: "L’anima mia magnifica il Signore…" (Lc 1,46 e ss.).
Chi può più perfettamente cantare la grandezza di Dio se non colei che è stata ricolmata da tale grandezza ed è il ricettacolo prediletto dell’Amore divino?
L’amore cerca l’amore, l’amore vuole specchiarsi in se stesso, e questo è ciò che avviene tra Dio e la creatura che si apre a Lui. In Maria abbiamo l’esempio massimo di questo rapporto tra Dio e la creatura.
Quali obiezioni si possono, dunque, muovere dinanzi a questa realtà oggettiva?
E’ ancora la Sacra Scrittura a parlarci del cuore, e con esso spesso indica la cattiva o la buona disposizione dell’uomo, la sua volontà, le sue inclinazioni, le mozioni del suo spirito.
Ora, consapevoli di questo, non ci resta altro che entrare nel Cuore di Maria.

Ma come si fa ad entrare nel Cuore di Maria?

E’ la stessa S. Vergine a darci la risposta; nel messaggio del 1-1-1987 ci dice così: "Desidero che entriate nel mio Cuore con tanta umiltà e tanto amore, desidero che recitiate ogni giorno il Rosario, desidero che vi comunichiate, che vi confessiate in modo da essere sempre più degni dell’amore di Cristo".
Innanzi tutto, ci vengono richieste due fondamentali disposizioni dell’anima: l’umiltà e tutto l’amore che sappiamo esprimere.
Ci viene richiesta l’umiltà perché Maria non solo è l’umile ancella del Signore alla quale tutti noi cerchiamo di assomigliare e conformarci, ma anche perché il suo Cuore Immacolato è il santuario in cui Dio ha preso stabile dimora. Maria, infatti, è chiamata Casa di Dio, Santuario di Dio.
Ci viene richiesto tutto l’amore di cui siamo capaci perché il motivo principale per cui si entra nel Cuore di Maria è quello di trasformare e uniformare il nostro amore a quello di Dio.
L’espressione "…in modo da essere sempre più degni dell’amore di Cristo", non significa altro che cercare tutti quei mezzi per continuare a rimanere nel suo Amore - tornano a proposito le parole di Gesù: "Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore." (Gv 15,9-10) – in modo tale che il nostro amore diventi sempre più simile al suo, degno di essere paragonato al suo, così da poter dire con S. Paolo: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me." (Gal 2,20).
Ma questa unione ha bisogno di una continua comunione. Infatti, come si può sostenere che due persone sono unite se non vi è una certa assiduità tra di loro? E come vi può essere assiduità se non vi è dialogo, condivisione?
Per questo la S. Vergine ci indica tutti quei mezzi che rinnovano e continuano il dialogo con Dio, ci esorta a pregare ogni giorno con il S. Rosario, ci invita ad incontrare Gesù nell’Eucaristia, ci spinge a rinsaldare questa unione nel sacramento della Riconciliazione.
Con il S. Rosario teniamo presente quel mistero divino che ha la sua eccellenza nella vera presenza divina che è l’Eucaristia. Il S. Rosario, perciò, si può dire che abbia due funzioni: una è quello di prepararci e introdurci all’incontro con Gesù Eucaristia, l’altra è quello di rendere quanto più fruttuoso questo incontro e di tenere viva nella nostra coscienza questa comunione con il Signore.
L’Eucaristia è, come si è detto, l’incontro, la comunione per eccellenza. Non è il caso qui di parlare dell’assoluto valore della comunione eucaristica che necessita di una trattazione particolare, ma diamo qualche piccolo suggerimento per chi vuole entrare nell’ottica dell’offerta di sé per diventare un tutt’uno con l’Amore.
Innanzi tutto, è necessario un atteggiamento di ascolto; osserviamo il silenzio nel nostro intimo, accogliamo il Signore che viene nei nostri cuori solo con queste parole: "Parla Signore, il tuo servo ti ascolta." (1Sam 3,10).
Un’altra disposizione d’animo è quello della massima fiducia, dell’assoluto abbandono, come si diceva prima, infatti, "Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa." (1Gv 3,20), perciò è superfluo affannarci per presentargli le nostre pene, le nostre preoccupazioni, Egli sa già tutto e sa che abbiamo bisogno del suo aiuto, chiede solo di fidarci di Lui essendo consapevoli che ci soccorrerà.
Infine, è necessario farsi attrarre dal suo Amore, e non c’è nulla di più attraente se non quello di farsi dono. Gesù Amore si dona a noi e noi ci doniamo all’Amore, uniti in questa offerta, e avendo la pienezza dello Spirito Santo, sale al Padre un sacrificio perenne a Lui gradito per la salvezza del mondo (cfr. Messale Romano).
In questa offerta sublime vi è naturalmente la presenza di Maria: come ai piedi della Croce, Maria si univa all’offerta del Figlio a Dio Padre, così nella comunione eucaristica Maria si unisce a ciascuno di noi.
Alla luce di queste riflessioni, non è difficile comprendere l’atto di offerta durante la S. Comunione per la salvezza dei nostri fratelli insegnataci dalla S. Vergine.

O Gesù, è dolce averti nel mio cuore, desidero ardentemente il tuo Amore.
Il tuo Sacro Cuore misericordioso supplico, adoro, prego ed amo chiedendo per le sue Sante virtù, lo scioglimento di quei cuori ormai impietriti, la purificazione e l’infervoramento per accostarli così al Ss. Sacramento di cui tu, o Gesù mio, ci fai parte.
(1-8-1987).

Un altro mezzo per essere in comunione è l’accoglienza e l’offerta a Gesù della malattia, dei sacrifici, delle umiliazioni e di tutto quello che comporta una sofferenza nella nostra vita, applicando le stesse intenzioni che sono state evidenziate prima, cioè la conversione dei nostri fratelli.
Anche in questo caso vale lo stesso principio che è stato detto sopra a proposito della comunione eucaristica. Con la propria sofferenza ognuno partecipa alla sofferenza redentiva del Cristo (cfr. Giovanni Paolo II, Salvifici doloris), ma nella sofferenza vi è anche la presenza costante di Maria che rinnova il suo stare presso la croce dei suoi figli così come ha fatto con il Figlio Gesù.
Il suo stare presso la Croce, poi, non è un semplice assistere, ma un partecipare nella comunione d’amore che si fa dono sublime ed estremo in unione al sacrificio del Figlio per la salvezza dell’uomo.
Allo stesso modo Ella partecipa alla nostra sofferenza in virtù della sua missione eterna di Madre. D’altronde, non potrebbe esser altrimenti dal momento che Gesù ce l’ha affidata per Madre proprio dalla Croce (cfr. Gv 19,26-27).
Per le sue mani, noi possiamo offrire noi stessi a Dio per la salvezza di tutti gli uomini sparsi nel mondo, offerta che si realizza in unione al sacrificio perfetto che Gesù fece una volta per tutte donando se stesso sulla Croce per la salvezza dell’umanità.
Il sacramento della Riconciliazione serve a ricongiungere quel filo che ci mantiene in comunione con Dio e che talvolta noi spezziamo tirandolo con troppa veemenza. Ci riconcilia, in Cristo, con il Padre, con i nostri fratelli, con noi stessi, in modo tale da restare pienamente nella comunione d’Amore che da Dio si comunica a noi, e da noi ai nostri fratelli.
Anche in questo sacramento si può sperimentare la presenza di Maria. Ella che è Signora del perdono e Madre di misericordia ci spinge con amorevole incoraggiamento verso l’abbraccio del Padre.
Abbiamo, dunque, parlato dell’entrare in comunione con Maria e, in Lei, con Dio. Tutto questo è l’essenza della consacrazione di noi stessi al Cuore Immacolato della Madre del Cielo, e fa sì che diventiamo autentici testimoni della grandezza di Dio e cooperatori di quel regno di giustizia, di carità e di Pace che il Signore tramite sua Madre vuole edificare.
Sappiamo che la consacrazione per eccellenza è quella battesimale, ma il farsi dono consapevolmente per entrare in più stretta comunione con Dio nel Cuore Immacolato di Maria, lascia libero spazio all’opera incominciata in noi con il Battesimo dallo Spirito Santo Amore fino al perfetto compimento con l’eterna visione di Dio.

Luigi Maria

Tratto da: http://www.rocciadibelpasso.it/luigimaria1.htm


« Si chiamano sacramentali i sacri segni istituiti dalla Chiesa il cui scopo è di preparare gli uomini a ricevere il frutto dei sacramenti e di santificare le varie circostanze della vita. »

Articolo 1677 (sintesi) del Catechismo Chiesa Cattolica


L'efficacia dell'acqua benedetta


Racconta Santa Teresa nel suo Libro della vita come, una volta, il demonio per due volte le apparve e subito fuggì, non appena lei fece il Segno della Croce, ma ritornò poco dopo. Quando lei aggiunse l'Acqua Benedetta al Segno della Croce, lui scomparve definitivamente. Per questo, molte volte, al fine di fare le sue orazioni in pace, la Santa riformatrice del Carmelo chiedeva alle sue suore che la aspergessero ripetutamente.

Istruzione sull'Acqua Santa

L'uso dell'Acqua Santa è antichissimo. S. Giustino infatti ci fa sapere nella sua II apologetica che fin dai suoi tempi, cioè al principio del II secolo, ogni domenica si poneva gran cura perché, dovunque si adunavano i fedeli, non mancasse l'acqua benedetta, colla quale il sacerdote li aspergeva perché fossero sempre meglio purificati. E prima ancora di san Giustino il papa s. Alessandro comandò ai sacerdoti di benedir tutto il popolo con l'Acqua Santa: e dalle parole del suo decreto rilevasi che questa pratica era già in uso fin dai tempi apostolici. Il primo autore di questa istituzione si crede essere l'apostolo s. Matteo.

L'acqua Santa si fa dai Sacerdoti in cotta e stola, mischiando il sale coll'acqua, recitando sopra do essa le orazioni prescritte dalla Chiesa. Si mischia il sale coll'acqua affinché, essendo il sale simbolo di purezza e dell'incorruzione, e l'acqua simbolo di semplicità e purità, tutti coloro che di essa si aspergono restino purificati da ogni immondezza, e premuniti contro le insidie diaboliche; e coll'aiuto divino divengano prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Questo mescolamento rappresenta inoltre:

  1. la incarnazione del Verbo: perocché se nell'acqua che scorre sopra la terra si rappresenta la natura umana, nel sale che tutto condisce e rende incorruttibile, si rappresenta la natura divina che in unità di persona si trova in Gesù Cristo;

  2. l'unione del popolo con Gesù Cristo, perocché, come del'acqua che è tutta semplicità e del sale che è tutto sapore, si fa una cosa sola, così del popolo fedele si fa un solo corpo mistico con Gesù Cristo per mezzo della sapienza evangelica che ce lo fa conoscere ed amare, e quindi strettissimamente ci unisce a lui per mezzo della Grazia in questa vita e per mezzo della gloria nell'altra.

L'acqua benedetta si pone all'ingresso della chiesa, affinché il popolo che vi entra, mondato delle colpe veniali, preghi con maggiore purità di coscienza, e più facilmente impetri ciò che chiede. Il che tanto più conviene ai cristiani al primo metter piede entro le chiese, in quanto che gli Ebrei erano soliti purificarsi prima di entrare nel tempio; ed è perciò che al suo ingresso si trovano capacissime vasche espressamente ordinate a questo scopo.
Si costuma inoltre di portarla alle proprie abitazioni, ed ivi conservarla con decenza presso il letto onde usarla per farsi il segno della Santa Croce nel coricarsi, nel levarsi, in tempo di gravi tentazioni, di procelle, di malattie, non che di qualunque altro bisogno, e così chiamare sopra di se la benedizione del Cielo, e sempre più rinvigorirsi contro gli assalti dei propri nemici. Si aspergono ancora:

  1. le case, le stalle, le mandrie, onde tener lontane le infestazioni degli spiriti maligni;
  2. Le suppellettili, le vesti, i cibi, affinché il loro uso riesca profittevole sia all'anima che al corpo;
  3. il cimitero e i cadaveri dei fedeli, onde rendere sempre più efficaci i suffragi che si fanno alle anime dei defunti;
  4. finalmente tutti i luoghi Sacri e gli oggetti di culto, affinché santificati con questa aspersione riesca di maggiore gradimento al Signore l'uso che se ne fa, e ispirino i fedeli la venerazione che si meritano.

Per godere poi tutti i vantaggi a cui è ordinata l'Acqua Santa, bisogna usarla con sentimenti di fede, di umiltà e di contrizione, giacché quest'Acqua non opera se non per via di impetrazione, e sempre a misura delle disposizioni di chi se ne serve. E' dunque interesse di ogni cristiano d'adoperarla frequentemente, ma sempre con grande rispetto, e di tenerne sempre provveduta la propria casa.

tratto dal manuale di Filotea di Giuseppe Riva.