giovedì 23 settembre 2010

Gerusalemme si trova a Chiaravalle 
San Bernardo e i Templari

Antonio SOCCI

Deve essere stato fisicamente duro seguire Bernardo nella continua costruzione di nuove abbazie: al gelo, alla calura o sotto la pioggia, prosciugare terreni malsani, dissodarli, disboscare foreste selvagge, piantare, costruire canali di irrigazione, vivendo intanto in capanne di legno, nutrendosi di zuppa di foglie, costruendo ricoveri per pellegrini e poveri.

Eppure il fascino della sua presenza e la bellezza di quella compagnia erano più forti della fatica. Un giorno, raccontano le cronache, in un momento di pausa del duro lavoro dei monaci, mentre insieme stavano pregando, Bernardo solleva casualmente gli occhi dal libro e vede spuntare dalle colline gruppi di uomini, prima da una parte, poi da un'altra. Sono una moltitudine. Vengono a vivere con loro. Un episodio emblematico della vita di Bernardo. Che ha ragioni semplici e umanissime.

L'incontro con presenze umane come lui scriveva lo stesso Bernardo parlando dei santi «suscita in noi il desiderio di godere della loro compagnia così dolce... Perché la speranza di una felicità incomparabile diventi realtà ci è necessario il loro soccorso». Bernardo è un amante appassionato della felicità degli uomini, si strugge per ciascuno dei suoi, uno per uno. Vorrebbe farsi tutto per tutti.

Ad un giovane, colpito dalla sua presenza, che vorrebbe seguirlo, ma è spaventato dallo «strappo», dalla durezza della vita che lo aspetta e dall'abbandono dello studio, scrive accoratamente: «Credi a chi ne ha esperienza: nelle selve troverai qualcosa di più che non nei libri. La legna e le pietre ti insegneranno ciò che non puoi ascoltare dai maestri». E poi ci dà quasi un flash di una quotidiana e cordiale fraternità: «Oh, se io meritassi d'averti compagno nella scuola della pietà, avendo Gesù come maestro! Come spartirei volentieri con te quelle calde pagnotte che, ancora fumanti, come tratte or ora, per così dire, dal forno, Cristo rapidamente, con la sua divina prodigalità, spezza per i suoi poveri!».

«Oggi leggiamo nel libro dell'esperienza» diceva ancora Bernardo, parlando ai suoi monaci che voleva tener lontano dalle astrusità delle chiacchiere intellettuali e dalla vanità del sapere. Desiderando una cosa sola: «laetitia in corde tuo».

Come era cominciata la sua storia? Degli anni giovanili di Bernardo si sa poco. Il padre e i fratelli facevano tutti il mestiere delle armi. Lui fu mandato a studiare dai chierici. Aveva quattordici anni quando morì sua madre, Aletta, che era profondamente cristiana. Ne fu molto addolorato. Ma che tipo era stato da giovane Berengario che essendo un discepolo di Abelardo scrisse una feroce biografia di Bernardo dice che nell'adolescenza si divertiva a scrivere «canzonette ritmiche e poemi spassosi» e che cercava di prevalere con l'astuzia nelle gare di letteratura. Fonti più attendibili ci parlano di un giovane molto sveglio, con un certo senso dell'umorismo e che era attratto da una parte dalle lodi e dall'ammirazione dall'altra dai piaceri carnali: «un buon test della sua normalità» commenta dom Jean Leclercq.

E aggiunge: «Dai diciotto ai ventidue anni Bernardo fa parte di una di quelle bande di "giovani" nobili oziosi che non avevano altra occupazione se non quella di dedicarsi alla caccia, di guerreggiare in conflitti locali e da castello a castello e di partecipare a tornei, di divertirsi ascoltando qualche romanzo e soprattutto, pare, dei fabliaux (per lo più racconti frivoli, ndr). Ma in questo gruppo di allegri compagni, sembra proprio che egli non sia soddisfatto della sola gaia scienza».

La traccia delle sue inquietudini sta in pensieri come quelli che poi dirà ai suoi monaci: «Chi siamo noi sulla terra se non piccole formiche indaffarate in lavori inutili e vani? Che vantaggio ha un uomo da tutte le opere per le quali si affatica sotto il sole?». La promessa di una felicità più vera e più grande porta questo giovane uomo alla decisione e al destino per cui era stato scelto da Dio come segno per quelle generazioni. Decide di entrare monaco a Citeaux. E vuole portarsi dietro tutti i suoi fratelli. Nei primi mesi del 1112 sono tutti impegnati ad assediare il castello di Grancey. Ma un guerriero ben più forte arriva ad assediare loro: Bernardo. Il fratello maggiore, Guido, è sposato, ma questo non è certo un ostacolo per Bernardo, che vince il cuore della cognata, cosicché è lei a chiedere al marito di permetterle di farsi monaca. Si porta con sé anche gli zii. Il fratello minore, Andrea, è prigioniero: riesce a farlo liberare. Insieme ai suoi fratelli, zii e cugini, si aggregano alla compagnia anche altri amici (anche qui ce n'era qualcuno già sposato), compagni di armi e di studi di Bernardo, e suo padre Tescelino. Una trentina di uomini con cui Bernardo vive in una proprietà familiare a Chatillon per sei mesi, durante i quali li entusiasma alla nuova vita. Una mattina di primavera del 1112 il ventitreenne Bernardo con tutta quell'incredibile compagnia bussa alle porte di Citeaux. E' l'inizio di un ciclone.

Da allora tutta Europa, tutta la Chiesa di Dio, ruoterà attorno a quest'uomo: è decisivo per l'elezione di vescovi, papi e cardinali, quando c'è pericolo di scisma o dove esplodono eresie. Non c'è causa o problema ecclesiastico che non venga sottoposto a «questo fascinatore della gioventù, che sa vincere al suo monastero bande di studenti e cavalieri», come scrive dom Patrice Cousin.

Uno dei problemi che si trovò ad affrontare riguarda l'Ordine dei templari, di cui oggi e dopo tanti secoli si torna a parlare e che molti ritengono fondato dallo stesso Bernardo. [...]

Proprio dalle regioni di Borgogna e di Champagne, particolarmente segnate dall'insediamento di Chiaravalle, era partito il cavaliere Ugo di Payns, che, attorno al 1110, con Goffredo di Saint-Omer, comincia a sorvegliare alcune strade della Palestina per proteggere i pellegrini. Nell'inverno fra 1119 e 1120 si uniscono a loro altri sette cavalieri, che erano andati anch'essi in Palestina per combattere. Il re di Gerusalemme, Baldovino II, è entusiasta di questa specie di fraternitas laicale per il lavoro di polizia che svolge. Dà a questi cavalieri un'ala del suo palazzo reale, nella spianata del tempio. E loro formulano i voti di obbedienza, castità, povertà e di lotta a tutti i nemici di Dio nelle mani del patriarca latino di Gerusalemme. Ma, passati pochi anni, all'entusiasmo iniziale subentra la delusione e la perplessità dovute all'incertezza sul loro status, alla mancanza di nuove vocazioni, alla precarietà della situazione politica e militare in Terrasanta.

E' a questo punto, nel 1127, che il fondatore, Ugo di Payns, viene in Europa a cercare una regolarizzazione dalla Chiesa, ma soprattutto a cercare Bernardo. Non è un caso. Infatti Ugo di Payns viene dal castello di Montigny, vicino a Montbard, culla della famiglia materna di Bernardo è secondo J. Richard (Bernard de Clairvaux, Paris 1953), con cui concorda anche dom Jean Leclercq era parente di Bernardo. Inoltre l'altra vera colonna di questo gruppo di cavalieri era Andrea di Montbard, zio materno di Bernardo e a lui attaccatissimo (Andrea succederà a Ugo a capo dei templari).

Infine, l'altro grosso nome, nel piccolo nucleo dei primi templari, è quello di Ugo di Champagne, il conte della regione di Bernardo, colui che l'aveva sostenuto nella fondazione di Chiaravalle e di Trois-Fontaines, che stava per diventare cistercense con Bernardo, ma poi, nel 1125, decise, essendo cavaliere, di raggiungere Ugo di Payns. [...]

L'insistenza della loro richiesta di aiuto ha lasciato una traccia nello stesso prologo del Liber de laude, dove Bernardo scrive: «Non una volta soltanto, ma due o tre volte, se non sbaglio, mi hai chiesto, carissimo Ugo, che scrivessi per te e per i tuoi compagni d'arme».

tratto da: 30 Giorni, anno XI, marzo 1993, p. 54-57