mercoledì 1 aprile 2009

Ai fratelli ed alle sorelle della
Commanderia Santa Croce di Cremona

Sulla strada verso il tempio

Fratelli, da tempo si incontrano le cose più strane sulla strada che unendoci in Congregazione vogliamo percorrere verso il Tempio nel pieno Spirito Templare che corrobora la nostra scelta di essere milites Christi, non tanto a fianco della Chiesa ma dentro la Chiesa a pieno titolo senza ricercare, come altri mostrano di voler fare, strumenti di ogni genere per avere una chiave che non serve.
Non dobbiamo criticare ma, semplicemente, ignorare questi atteggiamenti dei quali già abbiamo parlato.
La strada verso il Tempio non è un terreno di gara dove c’è chi vuole arrivare primo, magari al fotofinish. E’ un percorso di Fede che non ha bisogno di essere suffragata da qualsivoglia iniziativa a sfondo pubblicitario che trasforma le processioni in sfilate e le preghiere in cori. La nostra strada è aperta a tutti coloro che vogliono camminare con noi alla luce della Verità, senza riti che richiamano, ahimè l’esoterismo o sgradevoli impressioni quasi che il mantello possa essere un finto grembiule.
Nemmeno dobbiamo usare lungo la nostra strada lo strumento del dire e del mostrare per far credere ciò che non è. Noi dobbiamo essere sempre legati alla nostra ispirazione che fa della spiritualità templare lo strumento per avvicinarsi a Gesù Cristo e null’altro.
Il folclore e l’immagine sono strumenti che nessuno di noi deve privilegiare e che lasciamo ad altri. Dobbiamo essere noi stessi e nulla di più.
I nostri mantelli devono essere un simbolo non da mostrare ma da vivere dal momento in cui lo si indossa. Li indossiamo per noi e non per metterli in mostra. Perché racchiudano in loro la nostra Fede, che non è e non deve mai essere qualche cosa da esibire, ma da vivere. Una testimonianza!
Preghiamo fratelli, perché sia sempre così e preghiamo per tutti coloro che fanno del mettersi in mostra la loro finalità.
La spiritualità templare sia sempre con noi mentre ci poniamo, senza atteggiamenti da farisei, a servizio della Chiesa di cui facciamo parte e, per la Chiesa tutta, a servizio del Santo Padre che non riceverà da noi altro che l’ubbidienza che gli dobbiamo. Al Suo fianco davvero, senza far finta di esserci. Non vogliamo che i Vescovi vengano a noi ma dobbiamo essere noi ad andare da Loro, con quello spirito di servizio che fa di ognuno di noi un Templare secondo la regola che non viene da alcun capo, più o meno carismatico, ma direttamente dal nostro Padre S. Bernardo, la cui regola abbiamo liberamente scelto.
Questo ci interessa conoscere e non c’è, e mai ci sarà, alcuna conoscenza primordiale o di quel genere che ci porti su ben altre strade. Preghiamo fratelli, perché il nostro passo sia ben saldo e fermo sulla strada verso il Tempio e bando alle ciance.

Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da gloriam

Fra’ Gianpaolo Leani - Legatus loci, Commanderia Santa Croce - Cremona

domenica 29 marzo 2009

V DOMENICA DI QUARESIMA
1 Lettura: Ger 31,31-34
Salmo Resp: 50,3-15
2 Lettura: Eb 5,7-9
Vangelo: Gv 12,20-33


il Vangelo di questa domenica ci annuncia che il chicco di grano sa morire per portare frutto: è il nostro prepararci alla Pasqua di quest'anno, per sperimentare che la felicità consiste nell'offrire la propria vita per farla sbocciare e crescere nei fratelli. Questa è la fecondità della morte e risurrezione di Gesù che ora agisce in ciascuno di noi.

Buona domenica padrebenedetto.

FRUTTI DI VITA

Se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo;
se invece muore produce molto frutto
(Gv 12,24)

Barriera murale tra l’uomo e Dio[1],
tra il fratello e l’altro uomo[2]
e tutto per un solo e unico motivo:
io non voglio, non posso morire a me stesso[3].

Vocazione divina in noi è l’amore[4],
uscire dal proprio cosmo, da se stessi,
lasciare la propria casa con le sue sicurezze[5],
per portare nel mondo frutti di vita[6].

Non il possesso di sé, per realizzarsi
nel migliore dei modi, sovente a spese
altrui[7], ma una vita donata, offerta
perché io stesso l’ho ricevuta in dono[8].

Quali i frutti dell’amore[9]?
Il frutto della vita che sboccia nel fratello,
perché l’amore genera sempre amore[10]
quando è liberato dall’io intransigente[11].

Amare vuol dire conoscere se stessi[12],
sapere di essere spesso di impedimento
alla crescita armoniosa del fratello,
quando ci si pone dietro uno schermo protettivo[13]

tra la propria sicurezza e benessere
e il bisogno impellente dell’altro[14]
di vivere, crescere ed essere amato,
senza ritrovarsi con le ali tarpate.

Portare frutto è far crescere il fratello
nella libertà dei figli di Dio[15].
Il seme non nuore per se stesso,
ma si apre come dono, per generare amore[16].

Esso cade in terra per innalzare l’uomo
verso il cielo della vita piena[17]
dove si trova l’Amore che si è fatto Chicco
di grano, per diventare pane corporeo[18].

Il Chicco è pronto per essere seminato[19]
per offrirsi spontaneamente al mondo[20];
pronto nella macina del croce
per diventare pane che nutre l’amore[21].

Questo è Dio, ricco di misericordia
fedele e grande nell’amore[22]: seme che muore
sulla croce dei nostri peccati, affondato
nel cuore di coloro che credono alla vita.

L’amore ci fa risorgere con Cristo[23],
rende nuove le creature[24], facendo esplodere
nei cuori di coloro che credono
schegge di speranza e frutti di vita[25].


padrebenedetto 29, iii, 2009


[1] Cfr Lc 16,26
[2] Cfr Sal 50,20
[3] Cfr Lc 9,23
[4] Cfr Gv 13,34-35
[5] Cfr Lc 9,61-62
[6] Cfr Gv 15,16
[7] Cfr Sap 2,6ss
[8] Cfr Gv 15,13
[9] Cfr Gal 5,22
[10] Cfr 1 Pt 1,23
[11] Cfr Mt 5,43-45
[12] Cfr Fil 2,3s
[13] Cfr Sir 29,8ss
[14] Cfr Lc 6,38
[15] Cfr Rm 8,21; Ef 4,23-24
[16] Cfr Gv 12,24
[17] Cfr Gv 10,10
[18] Cfr Gv 6,33
[19] Cfr Gv 12,23
[20] Cfr Lc 22,15
[21] Cfr Sant’Ignazio d’Antiochia ai Romani
[22] Cfr Es 34,6
[23] Cfr Col 3,1
[24] Cfr Ap 21,5
[25] Cfr Rm 5,5