venerdì 3 settembre 2010

Da lo Straniero Il blog di Antonio Socci

UN IMPRESSIONANTE DETTAGLIO...

Se si legge con attenzione l’enciclica …
C’è un personaggio inquietante e apocalittico che Benedetto XVI evoca, a sorpresa, nella recente enciclica “Spe salvi”: l’Anticristo. Per la verità il papa non cita direttamente questo oscuro soggetto che è drammaticamente preannunciato fin dal Nuovo Testamento, ma lo chiama in causa attraverso una citazione di Immanuel Kant che fa una certa impressione rileggere in questi tempi in cui l’Europa sembra in guerra contro la Chiesa, spesso strumentalizzando alcuni gruppi sociali (come gli immigrati musulmani o le donne o gli omosessuali) per sradicare le radici cristiane e per limitare la libertà dei cattolici e della Chiesa. Scriveva Kant: “Se il cristianesimo un giorno dovesse arrivare a non essere più degno di amore (…) allora il pensiero dominante degli uomini dovrebbe diventare quello di un rifiuto e di un’opposizione contro di esso; e l’anticristo (…) inaugurerebbe il suo, pur breve, regime (fondato presumibilmente sulla paura e sull’egoismo). In seguito, però, poiché il cristianesimo, pur essendo stato destinato ad essere la religione universale, di fatto non sarebbe stato aiutato dal destino a diventarlo, potrebbe verificarsi, sotto l’aspetto morale, la fine (perversa) di tutte le cose”.

Il Papa sottolinea proprio questa possibilità apocalititca che viene affacciata da Kant secondo cui l’abbandono del cristianesimo e la guerra al cristianesimo potrebbero portare a una fine non naturale, “perversa”, dell’umanità, a una sorta di autodistruzione planetaria, sia in senso morale che in senso materiale (e un tale orrore, peraltro, è oggi nelle possibilità teniche dell’umanità). Essendo l’enciclica un testo molto rigoroso e ponderato, è da escludere che Benedetto XVI abbia evocato l’Anticristo e la “fine dell’umanità” a caso.

Il suo pensiero peraltro è del tutto lontano da suggestioni millenaristiche, c’è dunque da credere che se richiama questi temi scorga veramente nel nostro tempo un confronto drammatico e mortale fra Bene e Male. Oltretutto già in un’altra recente occasione è stata evocata e ben meditata, in Vaticano, la figura dell’Anticristo. E’ accaduto quest’anno, il 27 febbraio, negli esercizi spirituali predicati al Papa dal cardinale Biffi (immagino che i temi siano stati concordati): si è meditato proprio sulla profezia dell’Anticristo (vedi “Le cose di lassù”, ed. Cantagalli). Biffi ha citato infatti il “Racconto dell’Anticristo” di Vladimir Solovev scritto nella primavera 1900, come avvertimento al XX secolo che era agli albori. In quelle pagine il personaggio apocalittico veniva eletto “Presidente degli Stati Uniti d’Europa” e poi acclamato imperatore romano.

“Dove l’esposizione di Solovev si dimostra particolarmente originale e sorprendente e merita più approfondita riflessione” spiega Biffi “è nell’attribuzione all’Anticristo delle qualifiche di pacifista, di ecologista, di ecumenista”. Praticamente un campione perfetto del politically correct. Ecco le parole di Solovev: “Il nuovo padrone della terra era anzitutto un filantropo, pieno di compassione, non solo amico degli uomini, ma anche amico degli animali. Personalmente era vegetariano… Era un convinto spiritualista”, credeva nel bene e perfino in Dio, “ma non amava che se stesso”.

In sostanza questa figura – l’antagonista di Gesù Cristo – si presenterebbe, secondo un’antica tradizione, con gli aspetti più seducenti, una contraffazione dei “valori cristiani”, in realtà rovesciati contro Gesù Cristo, quelli che oggi carezzano il senso comune. L’Anticristo di questo racconto infatti tuona: “Popoli della terra! Io vi ho promesso la pace e io ve l’ho data. Il Cristo ha portato la spada, io porterò la pace”. Parole in cui molti sentono echeggiare quell’accusa al cristianesimo (che sarebbe causa di intolleranza e conflitti) oggi tanto diffusa. Tuttavia si sbaglierebbe a ritenere che il Papa stigmatizzi solo e semplicemente l’anticristianesimo dilagante a causa del laicismo, sebbene così aggressivo e pericoloso. C’è molto di più nei suoi pensieri. Proprio Ratzinger, da cardinale, in una memorabile conferenza a New York, il 27 gennaio 1988, davanti a un uditorio ecumenico, soprattutto di teologi, citò lo stesso racconto di Solovev esordendo così: “Nel ‘Racconto dell’Anticristo’ di Vladimir Solovev, il nemico escatologico del Redentore raccomandava se stesso ai credenti, tra le altre cose per il fatto di aver conseguito il dottorato in teologia a Tubinga e di aver scritto un lavoro esegetico che era stato riconosciuto come pionieristico in quel campo. L’Anticristo un famoso esegeta!”.

Questo discorso fu ripetuto dal cardinale anche a Roma, davanti a una platea di teologi cattolici. Molti, in quelle platee, trovarono sicuramente “provocatoria” questa citazione, sia pure espressa con la pacatezza tipica di Ratzinger che esorta tutti, sempre, a riflettere. Essa però esprime la consapevolezza dell’attuale pontefice – e prima di lui di Paolo VI e di Giovanni Paolo II – che il pericolo non viene solo dall’esterno, da una cultura avversa e da forze anticristiane, ma anche dall’interno, da “un pensiero non cattolico” che dilaga nella stessa cristianità, come denunciò con parole drammatiche Paolo VI quando arrivò a parlare del “fumo di Satana” dentro il tempio di Dio.

Che nella Chiesa, specialmente negli ultimi pontefici, sia diffusa la sensazione di vivere tempi apocalittici (non necessariamente “la fine dei tempi”, ma forse i tempi dell’Anticristo) appare evidente da tanti loro pronunciamenti. Inoltre fa riflettere, anche in Vaticano, la gran quantità di “avvertimenti” soprannaturali, che vanno in tal senso, contenuti in “rivelazioni private” a santi e mistici e in apparizioni di quesi decenni: in qualcuna di esse si afferma addirittura che l’Anticristo sarebbe un ecclesiastico di questo tempo (un “pastore idolo” che sconvolgerà la vita della Chiesa), ma è un’immagine che molti interpretano come riferita a un “pensiero non cattolico” dentro la Chiesa, fenomeno che in effetti è ben disastrosamente visibile. Dà un quadro ragionato e illuminante di tutto questo padre Livio Fanzaga nel volume, appena uscito, “Profezie sull’Anticristo” (Sugarco). Un quadro prezioso per comprendere il senso e la preoccupazione di tanti interventi pontifici. Angosciati sia per le sorti della fede che per le sorti dell’umanità.

La particolare attenzione della Santa Sede all’Italia è dovuta al fatto che qui il peso dei cattolici ha dato – come ha sottolineato il Papa stesso – il segnale di una inversione di tendenza rispetto alle devastazioni anticristiane e nichiliste del resto d’Europa. La Chiesa cioè scommette sull’Italia per riportare l’Europa alle sue radici cristiane e alla fede. Per questo allarma fortemente che in questi giorni, nel Palazzo della politica, si tenti di soppiatto – con la connivenza di alcuni cattolici – di reintrodurre un “reato di opinione riferito alla tendenza sessuale” (come lo definisce “Avvenire”) che apre la strada alla “demoralizzazione” del Paese e domani potrebbe fortemente minacciare la stessa libertà della Chiesa di insegnare la sua morale. Oltretutto tale limitazione alla libertà di pensiero e di parola viene pretesa in nome di un’ideologia libertaria, paradosso che fa riflettere amaramente oltretevere, dove questi scricchiolii sono percepiti come pericolosi avvertimenti prima di un possibile crollo.

Antonio Socci

Da “Libero, 8 dicembre 2007

giovedì 2 settembre 2010

Santo di Piacenza al pari di san Corrado

Gerardo Vescovo il 'gregoriano'

Dimenticato dalla terra d'origine ma non dalla 'piacentinità' cattolica.
Un recupero devozionale da percorrere

Lottò contro sacerdoti concubinarii e dediti al lucro ed alla simonia (il commercio di cariche ecclesiastiche)

un esempio attuale?

E' piacentino San Gerardo il patrono di Potenza

Appartenente alla casata dei Della Porta fu vescovo della città Lucana


di Umberto Battini


Il medioevo piacentino, quello più prossimo all’epoca del Concilio di Piacenza delle crociate, svela un illustre concittadino ricordato come “literis ad plene imbutus” (maestro versato nelle lettere), “ex illustri genti de Porta” (della Nobil Famiglia dei Porta) e come gli storici Ughelli e Campi scrivono: “Gerardus placentinus, illustri loco natus”.

Parliamo di San Gerardo Vescovo piacentino, Patrono di Potenza da ben 891 anni stando al suo dies natalis datato 30 ottobre 1119, Santo originario di Piacenza, in città rimangono segni della Famiglia di discendenza e le sue ramificazioni. La Casata dei Della Porta la ritroviamo a Piacenza investita della carica di Console cittadino; per una ragionata cronologia che possa essere di coronamento agli studi potentini si ricordino i documenti e le pergamene che abbiamo rintracciato a Piacenza e dai quali estraiamo preziose notizie.

Piacenza cercò un legame “storico-artistico” nel 1952 per mano dell’archivista Giulio Dosi e dopo un breve scambio epistolare tra i due comuni quello sforzo non ebbe purtroppo seguito concreto.


La figura di San Gerardo Vescovo di Potenza si affianca degnamente a quella di San Corrado Confalonieri eremita, Patrono di Noto e Calendasco e festeggiato in altri luoghi. La canonizzazione è fatta per mano di Papa Callisto II: “Gerardum civem placentinum episcopum potentinum mortuum in sanctorum numerum retulit”, avvenuta nei primi mesi tra 1123-1124, mentre una lastra marmorea in Duomo a Piacenza ricorda la visita di questo Papa nel 1120. E’ per mezzo di un rapporto epistolare con il Direttore dell’Archivio Storico Diocesano di Potenza, don Gerardo Messina, apprezzato teologo, saggista e storico che riusciamo ad ottenere utili informazioni complete sul Vescovo piacentino.

Fu il canonico e storico del Duomo di Piacenza Campi a chiedere notizie al Capitolo della Cattedrale di Potenza e così dopo il 1614 riuscì a portare a conoscenza di Piacenza i fatti relativi alla vita ed alla santità di questo insigne concittadino. L’Ufficio Liturgico del Santo fu lo stesso in uso a Potenza e Piacenza per anni anche se oggi sappiamo essere rimasto in uso nella sola cittadina Lucana, oggi Basilicata.

Dal volume interessante di don Gerardo Messina “Dal Po al Basento, Pellegrino di Pace” traiamo notizie precise con dati storici e della tradizione elaborati in modo scientifico, scrive il Messina: “E’ una memoria tenace quella dei potentini per il Patrono S. Gerardo, che merita di essere rinsaldata e rinverdita per le generazioni future” e quindi da trasmettere anche alla terra d’origine, Piacenza.


Certamente già dal XI secolo in Potenza era presente una Famiglia o Colonia piacentina dei Della Porta, sappiamo che fin da allora un altro vescovo piacentino Guglielmo Della Porta era in Potenza ed anche il vescovo di Melfi era di Piacenza. Il Casato dei Della Porta proprio per i suoi trascorsi legami con la terra di Puglia, cui Potenza era compresa nel Ducato, mutò il nome in Porta-Puglia, lo stesso stemma araldico della Famiglia è lo stesso sia in Potenza che a Piacenza.

Probabilmente S. Gerardo era giunto a Potenza già sacerdote, sulla spinta della riforma gregoriana che aveva coltivato nel piacentino nelle aspirazioni spirituali. Potenza è centro di raccolta dei crociati così come Piacenza vede Papa Urbano II riunirvi il Concilio del 1095 che porterà proprio alla indizione della prima crociata. A Piacenza in questo tempo nel monastero di S. Sisto vi erano delle suore scandalose che il Papa sostituisce con i monaci benedettini chiamati da Clearmont e Mantova. Giovanni da Matera nel 1139 fonda il monastero benedettino di Pulsano e parimenti il monastero piacentino di Quartazzola è pulsanense senza scordare che questi monaci avevano proprietà terriere presso la “Puglia” di Calendasco, frazione al ridosso del fiume Trebbia.

Successore immediato di San Gerardo fu il vescovo Manfredi la cui memoria scritta e autentica lo ricorda come uomo pacifico, dotto, prodigo con i poveri e dedito all’insegnamento ai giovani della cultura. E’ doveroso segnalare che appena fuori ai confini provinciali, presso la città di Fidenza, nel portale laterale destro del Duomo, troviamo scolpito S. Raimondino Palmerio di Piacenza e appena sotto la figura di Vescovo benedicente, che è la tipica ed antica immagine tramandata di S Gerardo e che fa supporre quindi possa trattarsi dello stesso Vescovo santo piacentino: infatti la Cattedrale di S. Donnino in Fidenza, mostra la costruzione attuale iniziata verso il 1160 quale Santuario e che quindi porta scolpite figure di santi, fino a che nel 1601 acquistò titolo di Cattedrale con Sede vescovile.

Un documento fatto in Borgo S.Donnino (attuale Fidenza) il 22 agosto 1197 relativo al rinnovo del giuramento di fedeltà a Piacenza ci mostra presenti tra i “consulis communis Placentie” Oberto figlio di Oberto Della Porta, un legame quindi anche con la nostra città.

Segni tangibili della vita del Patrono S .Gerardo li estraiamo dalle letture proprie dell’Ufficio della Festa: “Gerardus, Placentiae ex illustri familia De Porta originem duxit. A pueritia hausta cum literis pietate, clericali militiae se nuncupavit” (Gerardo nacque a Piacenza dall’Illustre famiglia Della Porta. Educato da bambino nelle lettere e nella pietà, entrò nelle file del clero).

Come lo stesso S. Corrado che in Calendasco “originem terreman duxit”, ugualmente S. Gerardo in Piacenza “originem duxit”. Nella Cattedrale piacentina troviamo murata sulla parete destra della prima campata, a sinistra della porta laterale che immette ai chiostri, una lapide sepolcrale del canonico e Diacono del Duomo Nicolò Copallati Della Porta, che fu anche Arciprete di Settima in cui si legge traducendo dal latino: “+1349 11 del mese di luglio – Sepolcro del Signore Nicola dei Copallati – Della Porta canonico – di questa Chiesa Maggiore – di Piacenza e arciprete – della pieve di Settima”. I monumenti di Piacenza riguardano un ramo della Famiglia Della Porta, i Coppalati o Copallati; il Santo piacentino Gerardo fu del ramo dei Della Porta che poi si chiamarono Porta-Puglia in seguito alla presunta origine pugliese. Anche nella Basilica di S.Antonino, all’esterno vi è una arca lapidea del secolo XIV sepoltura di un discendente Coppalati-Porta.

A Potenza, nella Lucania oggi Basilicata, si ingegnò nell’educare ai buoni costumi i giovani inclini al male ed aprì una scuola per tutti in cui gratuitamente insegnava con “singulari humanitate ac patientia”. Eletto Vescovo della città divenne modello per il popolo, già da vivo fece un miracolo straordinario: trovandosi presso il luogo detto di S. Maria, per la calura estiva le genti soffrivano la sete, venne a mancare il vino, Gerardo si fece portare acqua dalla vicina fonte e con un segno di croce la tramutò in vino: gli fu concesso “Cana Galileae renovare miraculum, et ita suos mirabiliter recreare”.

Per otto anni resse la Chiesa potentina fino al giorno della sua morte il 30 ottobre 1119, molti i miracoli succedutesi, tra i quali ciechi che riebbero la vista, guarigione del paralitico.

Il 30 maggio si celebra a Potenza la Festa della Traslazione delle Reliquie alla Cattedrale avvenuta nel 1250, in questa occasione si svolge la famosa manifestazione civico-sacra di San Gerardo e i Turchi. La processione consiste in una nave, con un drappello di cavalieri vestiti alla turca, segue il Carro medioevale di S. Gerardo e in carrozza siede il Gran Turco con valletti seguito da alabardieri cristiani;si ricorda con questo solennissimo evento la vittoria sui Turchi per intercessione del Santo.

Questo insigne piacentino che tanto ha segnato la storia di un territorio della nazione e che riscopriamo con curiosità e affetto, così come auspica don Messina nella sua lettera: “...possa riuscire utile per una migliore conoscenza – e spero devozione – del vostro e del nostro Santo...”. Come San Corrado Confalonieri anche San Gerardo Della Porta Patrono di Potenza possa con iniziative culturali-religiose future essere un nuovo stimolo per la crescita orgogliosa della terra di Piacenza che sempre più spesso mostra d’avere degnissimi avi che segnarono tempi e luoghi lontani e che accrescono l’identità piacentina.

Umberto Battini

articolo tratto dalle pagine della Cultura

del quotidiano di Piacenza "Libertà"

di domenica 25 luglio 2010