martedì 17 novembre 2009

NOI STIAMO CON GESU'
E CON IL PAPA
La speranza cristiana si fonda sul Crocefisso risorto

La sentenza della Corte Europea di Strasburgo, che vieta l’esposizione del Crocifisso nelle aule scolastiche e nei luoghi pubblici, è segno evidente di un grave sconvolgimento morale, spirituale e sociale che ci ha infettati e ci vuole annientare.

Ma la speranza non può e non deve venire meno.

Scrive Charles Péguy: «La piccola speranza avanza tra le due sorelle grandi [la fede e la carità] e non si nota neanche». Quasi invisibile, la «piccola» sorella sembra condotta per mano dalle due più grandi, ma col suo cuore di bimba vede ciò che le altre non vedono e trascina con la sua gioia fresca e innocente la fede e l’amore nel mattino di Pasqua. «È lei, quella piccina, che trascina tutto». È la speranza che vede il regno, che vede il Signore veniente, che vede l’invisibile, e che narra questo nell’oggi.

Ora e sempre, a Dio piacendo, siamo con il Santo Padre e la Chiesa di Cristo Gesu’.
Io, musulmana, difendo il crocifisso

di Randa Ghazy

Una giovane scrittrice di origini egiziane interviene nel dibattito sulla contestata decisione di Strasburgo

«Il crocifisso, in ogni classe che ricordo (dalle elementari fino al liceo) è sempre stato per me un simbolo rassicurante, una proiezione della grandezza di cuore di Cristo». Parola di Randa Ghazy, giovane scrittrice musulmana, di origine egiziana ma nata in Italia. Lo scrive nella sua rubrica «Biutiful Cauntry» che apparirà sul numero di dicembre prossimo di Mondo e Missione, mensile del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere). Un’affermazione che fa riflettere, mentre ancora non si placano le polemiche dopo la sconcertante sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.Di seguito il testo della rubrica di Randa Ghazy.Uno dei ricordi più belli della mia infanzia e prima adolescenza è don Bruno. Frequentavo l’oratorio feriale con il mio fratellino, e le suore ci trattavano con una gentilezza e premurosità impareggiabili. Ma don Bruno, lui ci faceva davvero ridere. Arrivava il momento della Messa, e noi due ci rifugiavamo al bar a giocare a calcio balilla e a strafogarci di caramelle. Don Bruno, ogni giorno, ci chiedeva di aggregarci a tutti gli altri bambini che andavano in chiesa. E noi declinavamo, con un po’ di vergogna. Un giorno ci disse: «E perché non venite e non dite le vostre preghierine?». E così fu. A Messa, io e mio fratello recitammo sommessamente le sure del Corano. Sicché il crocifisso, in ogni classe che ricordo (dalle elementari fino al liceo) è sempre stato per me un simbolo rassicurante, una proiezione della grandezza di cuore di Cristo e, in piccolo, di don Bruno.Appoggio e incoraggio ogni possibile dibattito tra cittadini musulmani e cristiani, ogni discussione sulla laicità dello Stato, ma nel rispetto dei grandi modelli di umiltà che ognuno può trovare nel suo passato e nel suo vissuto. Nel rispetto reciproco, quindi. Spengo la televisione, per non sentire le aggressioni verbali continue, ripenso a don Bruno, e mi viene da sorridere, pensando a quei due bambinetti musulmani che si guardavano intorno, in quella bella chiesa. Nostalgia, quasi, degli anni Novanta. Chi è Randa GhazyRanda Ghazy è nata in Lombardia, a Saronno, nel 1987, da genitori egiziani. Studia Relazioni internazionali a Milano e scrive. Nonostante la giovane età ha al suo attivo tre libri, tutti editi da Fabbri. Nel 2002, appena quindicenne, ha pubblicato Sognando Palestina, storia dell’amicizia tra un gruppo di ragazzi nei Territori occupati: un grande successo con oltre ventimila copie vendute e traduzioni in quindici Paesi. Il suo secondo libro, Prova a sanguinare, è uscito nel 2005. Il terzo, Oggi forse non ammazzo nessuno. Storie minime di una mussulmana stranamente non terrorista, è del 2007. Nei suoi scritti Randa Ghazy (che collabora anche a «Yalla Italia», inserto sull’immigrazione del settimanale Vita /www.yallaitalia.it) propone una visione ironica sugli degli immigrati di seconda generazione, alla ricerca di un’identità riconosciuta.