venerdì 4 luglio 2008



Per maggiori informazioni sui luoghi e le modalità per partecipare agli incontri, scrivere a: templaritaliani@gmail.com

Calendario degli incontri anno 2007

La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen. (Gal 6,14-18)

- 10 ottobre (mercoledì) Tempio ore 20,30-00
+ 31 ottobre (mercoledì) Tempio (Capitolo semplice – Accoglimento) ore 19-01
- 14 novembre (mercoledì) tempio ore 20,30-00
* 8 dicembre (sabato) – Immacolata Concezione – Tempio (Capitolo semplice – Accoglimento – Investiture) ore 20,30-00
+ 21 dicembre (venerdì) Tempio ore 20,30-00

* 25 dicembre (martedì) – Natale del Signore – Tempio libero santa Messa
* 27 dicembre (giovedì) – San Giovanni apostolo ed Evangelista – Tempio (Capitolo semplice – Accoglimento – Investiture) ore 20,30-00

Calendario degli incontri anno 2008

Presso il Signore è la misericordia e grande presso di lui la redenzione. (dal Salmo 129)

- 6 gennaio (domenica) – Epifania – Tempio libero, Santa Messa
- 9 gennaio (mercoledì) tempio - Cappella di san Riccardo Pampuri, Ospedale di Piacenza - ore 20,30
- 16 gennaio (mercoledì) Tempio - Cappella di san Riccardo Pampuri, Ospedale di Piacenza - ore 20,30
- 23 gennaio (mercoledì) tempio - Cappella di san Riccardo Pampuri, Ospedale di Piacenza - ore 20,30
- 30 gennaio (mercoledì) tempio - Cappella di san Riccardo Pampuri, Ospedale di Piacenza - ore 20,30
+ 1 febbraio (venerdì) – notte di Candelora – Tempio (si celebra tra l’1 e il 2) Santa Messa Chiesa di san Michele Arcangelo, Rottofreno (PC) - ore 23,30
- 6 febbraio (mercoledì) tempio Cappella di san Riccardo Pampuri, Ospedale di Piacenza - ore 20,30
- 19 febbraio (martedì) – Festa san Corrado – Chiesa di Calendasco, Santa Messa - ore 18
- 27 febbraio (mercoledì) Tempio - Cappella di san Riccardo Pampuri, Ospedale di Piacenza - ore 20,30
- 4 marzo (martedì) Tempio - Centro Manfredini Piacenza 19° anniversario, Santa Messa - ore 18,30
+ 21 marzo (venerdì) – Venerdì Santo – Equinozio di primavera – Tempio, Venerazione e Veglia della Santa Spina, Chiesa di san Giuseppe, Ospedale Piacenza ore 8-24
- 30 marzo (domenica) Santa Messa per il 25° anniversario di Sacerdozio di don Gian Carlo Plessi - ore 16, Chiesa di Vernasca (PC)
- 9 aprile (mercoledì) Tempio - Cappella di san Riccardo Pampuri, Ospedale di Piacenza - ore 20,30
- 16 aprile (mercoledì) Tempio - Cappella di san Riccardo Pampuri, Ospedale di Piacenza -ore 20,30
- 23 aprile (mercoledì) – San Giorgio – Tempio - ore 20,30
- 25 aprile (venerdì) – Città di Castello (PG) Capitolo annuale Ordine Ospedaliero del Buon Consiglio Santa Messa - ore 11
- 26 aprile (sabato) – Madonna del Buon Consiglio – Tempio, Oratorio Madonna del Buonconsiglio Bettola, Santa Messa - ore 16,30
+ 30 aprile (mercoledì) – Tempio - ore 20,30
- 1 maggio (giovedì) Ospedale di Piacenza – processione in onore della Madonna - ore 20
* 10 - 11 maggio (sabato e domenica) Monastero di Morfasso (PC) chiesa abbaziale del SS. Salvatore e San Gallo di Tolla, Capitolo Generale e Ritiro Spirituale – Accoglimento - Ivestiture - ore 10 del 10 ore 16,30 dell’11
* 21 maggio (mercoledì) – Nostra Signora Regina del Tempio – Cappella san Riccardo Pampuri, Ospedale di Piacenza – ore 20,30
- 31 maggio (sabato) Tempio - Chiusura del Mese Mariano, Basilica e Santuario di Santa Maria di Campagna, Benedizione, fiaccolata-marcia con santo Rosario nell’Ospedale di Piacenza ore 21- 22,30
- 8 giugno (domenica) Tempio - Sant’antimo Siena, Santa Messa di Terza- Adunanza di Ordini Cavallereschi Religioi
- 18 giugno (mercoledì) Chiesa di San Pietro di Tranquiano – Agazzano (PC), Santa Messa ore 19 – ore 21 conferenza
+ 24 giugno (martedì) Tempio – Natività di San Giovanni Battista – ore 20,30
- 29 giugno (domenica) San Pietro Santa Messa ore 19 Chiesa di San Pietro in Tranquiano Agazzano (PC)
- 11 luglio (venerdì) Tempio San Benedetto Santa Messa ore 19 Chiesa di San Pietro in Tranquiano – Aguzzano (PC) ore 21 Conferenza ore 19-00
- 20 luglio (domenica) Madonna di Lourdes Pellegrina - ore 10 Processione e Santa Messa presso la Basilica Santuario di Santa Maria di Campagna
+ 31 luglio (giovedì) Tempio - Sant’Ignazio di Loyola, Santa Messa ore 18,30 Chiesa di San Colombano, Vernasca (PC)
- 4 agosto (lunedì) San Giovanni Maria Vianney (patrono e protettore dei parroci) Unità Pastorale Val Luretta, Santa Messa chiesa di San Pietro in Tranquiano (PC) - ore 19
* 15 agosto (venerdì) – Assunzione di Maria al cielo – Tempio - ore 20,30
- 19 agosto (martedì) – Santa Messa in diretta su Radio Maria, Chiesa di San Pietro in Tranquiano, Agazzano (PC) - ore 7,30
* 20 agosto (mercoledì) – Festa di San Bernardo – Solennità – Santa Messa, Cappella San Riccardo Pampuri, Ospedale di Piacenza - ore 16

- 23 agosto (sabato) - Santa Messa, Chiesa della Madonna del Buon Consdiglio, loc. Negri di Bramaiano, Bettola (PC) - ore 15,30

- 7 settembre (domenica) Tempio – Santa Messa, Chiesa della Madonna del Buon Consiglio, loc. Negri di Bramaiano, Bettola (PC) - ore 16,30
* 13 e 14 settembre (sabato e domenica) – Esaltazione della Santa Croce – Capitolo Generale e Ritiro Spirituale – Accoglimento – Investiture, località da definire - ore 10 del 13 ore 16,30 del 14
+ 20 settembre (sabato) Tempio – Equinozio d’autunno – ore 20,30
- 10 ottobre (venerdì) Tempio - ore 20,30
+ 31 ottobre (venerdì) Tempio - ore 20,30
- 14 novembre (venerdì) tempio - ore 20,30
* 8 dicembre (lunedì) Tempio – Immacolata Concezione (Capitolo semplice)
+ 21 dicembre (domenica) Tempio - ore 20,30
* 25 dicembre (giovedì) – Natale del Signore – Tempio
* 27 dicembre (sabato) – San Giovanni apostolo ed Evangelista – Tempio (Capitolo semplice) ore 20,30

I nostri incontri sono aperti a tutti


INCONTRI:


LA TRADIZIONE CAVALLERESCA E TEMPLARE


A partire da mercoledì 21 novembre 2007, si terranno settimanalmente a Piacenza, alle ore 20,30 nove incontri tematici per approfondire gli aspetti della Tradizione Cavalleresca e Templare.


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incontri 2007:
21 novembre - 28 novembre
12 dicembre - 19 dicembre

incontri 2008:
9 gennaio - 16 gennaio - 23 gennaio
30 gennaio - 6 febbraio

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La partecipazione è libera e gratuita


Non nobis Domine, non nobis, sed nomini Tuo da Gloriam.


giovedì 3 luglio 2008

SAN TOMMASO

Vorrei raccontarvi una storia. Parla di un ragazzo. Aveva una decina dianni e non sapeva ancora cosa volesse dire essere malato. Sulla strada aveva improvvisamente notato qualcosa che non andava. Sentiva un dolore acuto, aveva freddo e non sapeva cosa fare. Al dolore si aggiungeva il fatto che nessuno si occupava di lui, che nessuno lo notava. Le persone passavano senza prestargli attenzione. Finì col rientrare a casa. Tremava, e sperava che qualcuno lo sentisse. In quel momento arrivò sua madre e se ne accorse. Gli disse: "Non stai bene?. Sei malato?". E nello stesso istante, il peggio passò. Il ragazzo pensò: "Qualcuno sa e vede come sto".
Certamente è avvenuta la stessa cosa per i discepoli quando improvvisamente è apparso Gesù in mezzo a loro e hanno detto: "Vedete, sono io". Nell'istante stesso in cui si è mostrato a loro, la loro paura si è trasformata. Capisco che Tommaso si sia mostrato tanto riluttante quando gli hanno detto: "Abbiamo visto il Signore". Probabilmente non era così poco credente come sembra a prima vista. Forse aveva vagato per la strada senza sapere cosa fare, con una grande tristezza in fondo al cuore a causa degli avvenimenti recenti. Ed ecco che gli altri gli dicono:"Abbiamo visto il Signore e mangiato con lui". Sentiamo che Tommaso vorrebbe vedere di persona cose ancora più grandi. Gesù avvicina Tommaso con molta tenerezza. Tommaso può mettere la mano sulle sue ferite. Potrebbe capitare anche a noi, che abbiamo tutti un Tommaso in noi. Perché non siamo forse Tommaso quando diciamo: "Se non vediamo, non crediamo"?
Gesù dice a Tommaso: "Vieni, puoi toccarmi". E poiché Gesù è così vicino a Tommaso e gli manifesta una tale tenerezza, egli non può che gridare, sconvolto: "Mio Signore e mio Dio!".
Se capitasse a qualcuno tra noi di sentire il tenero amore e la presenza di Gesù, allora anche noi potremmo incontrarlo.

GEORG LOKAY
La Parola

"hic locus sanctus est"

PORZIUNCOLA, UNA PORTA SANTA SEMPRE APERTA

Il pellegrino che varca la soglia della grande basilica di Santa Maria degli Angeli, nella pianura di Assisi, si sente subito attratto dalla piccola chiesa romanica, centro fisico ma soprattutto cuore spirituale dell'intero santuario. È la Porziuncola, un luogo dell'anima, che viene da molto lontano, dove Francesco ha risvegliato la nostalgia del Paradiso, quello vero, che comincia in terra con una straordinaria tensione, cioè la santità. Se ne accorgono tutti. Simone Weil, filosofa ebrea, sensibilissima e affascinata da Cristo, lo ha anche scritto: "Mentre ero sola nella piccola cappella romanica di Santa Maria degli Angeli, incomparabile miracolo di purezza, in cui Francesco ha pregato tanto spesso, qualcosa più forte di me mi ha costretta, per la prima volta in vita mia, a inginocchiarmi" (Autobiografia spirituale).
Chi infatti si inginocchia sulla soglia della Porziuncola vi può leggere parole straordinarie per una "piccola porzione di mondo" quale essa è: "hic locus sanctus est", questo luogo è santo, perché Dio vi è sceso e vi si è intrattenuto in colloquio con Francesco, come una volta in altra Terra Santa con Giacobbe e Mosè e Giosuè e Maria... Ma se l'emozione vi prende e vi fa alzare lo sguardo, allora potrete leggere parole altrettanto gravi sul colmo della porta: "haec est porta vitae aeternae" per qui si accede alla vita eterna. Parole da prendere sul serio perché alludono al mistero contenuto in questo scrigno e perché in esse perdura l'emozione di Francesco.
E se resistete ancora un po' all'attrazione di entrare per quella porta e girate invece attorno alla Porziuncola, sul retro, sopra l'abside potrete scorgere un altro segno del tesoro nascosto dentro al luogo santo. Questa volta si tratta di un frammento appena di un più grande affresco della crocifissione, attribuito al Perugino. È rimasta Maria con il suo dolore e le donne pie che la sorreggono e consolano, Francesco abbracciato al legno della croce di Gesù e, al centro dell'abside e non casualmente, la parte inferiore del corpo crocifisso del "buon ladrone", il primo perdonato a varcare da santo la porta, quella definitiva, della vita eterna. "Oggi sarai con me nel Paradiso", gli aveva promesso Gesù morente. Ed egli aveva chiuso gli occhi in pace.
Meravigliosa combinazione! Perché Francesco proprio di questa sua chiesina ha fatto l'eco al perdono di Dio per i pentiti di tutti i tempi. Francesco ha proclamato quel giorno di agosto alle genti riparate all'ombra delle querce: "Fratelli, io vi voglio mandare tutti in Paradiso e vi annuncio una grazia che ho ottenuto dalla bocca del Sommo Pontefice". È l'Indulgenza del Perdono, il tesoro della Porziuncola.
E se finalmente entriamo nella chiesina, siamo subito inondati dalla luce e dai colori del retablo di Prete Ilario da Viterbo, la bella Pala di altare firmata e datata 1393 e restaurata di recente. È la prima testimonianza pittorica che traduce l'immaginario popolare del Perdono di Assisi ed è divenuta modello per i successivi cicli iconografici. Nella successione dei cinque quadri si può leggere il cammino spirituale di Francesco, ritratto come esempio di penitente. La tavola narra del Poverello che si mette a nudo di fronte alle spine del roseto e ai pungoli della vita; si fa discepolo di due angeli; si immerge nella contemplazione di Gesù e della Vergine Maria; si inginocchia davanti alla Chiesa, sua madre; e finalmente annuncia a tutti la sua gioia e il Paradiso che ne è il compimento.
A noi vien chiesto di cominciare proprio da qui, dall'ultimo quadro, dalla voce di Francesco che risuona tra le mura spoglie e crea emozioni e sonorità varie nel nostro spirito. Qui Francesco ha condensato esperienze universali, di quelle che ci interpretano, le sentiamo nostre e le possiamo rifare, iniziando dal desiderio.
Qui Francesco risveglia nostalgie di purezza e suggerisce più protesi pensieri. E ci dice che non si può vivere della vana superficie delle cose ma che solo i significati nuovi, scritti nel cuore di Dio e nel Vangelo, orientano l'uomo. E ci dice ancora che il male è mistero duro e ha bisogno di pentimento e di perdono per essere vinto. Che per servire Dio e il prossimo, delle cose basta una "piccola porzione" (Portiuncula de mundo - 2 Cel 18) e "il resto dallo ai poveri per giustizia e sarai felice".
Che se tu preghi con fede e con cuore puro, allora dal Cielo c'è risposta: basta naturalmente saper fare le domande giuste e non chiedere solamente per sé ("petitionem tuam, Francisce, admitto", è scritto sulla volta della porta centrale della Porziuncola: la tua richiesta, Francesco, la accolgo e la esaudisco). Che tutti gli uomini e le donne sono fratelli e sorelle, e anche il sole e la luna, i fiori e l'acqua del ruscello, gli uccelli e il lupo e tutte le creature hanno lo stesso Padre nostro. Che la croce, se tu l'abbracci, può, per una sorta di alchimia spirituale, trasformare il dolore in gioia e l'amaro in dolcezza di spirito e di corpo. E se della morte hai paura, ci dice ancora Francesco, allora intendi che la paura e la morte sono retaggio del peccato; ma se tu sei in sintonia con la santa volontà di Dio, anche la morte corporale ti è sorella e ti sorride.
È forse già Paradiso, questo?
Sì, la Porziuncola ne è un lampeggiamento, un anticipo, perché essa è la "Porta Santa sempre aperta" in perenne Giubileo di perdono e di grazia, che ci conduce "ad Jhesum per Mariam", come narra il retablo dell'altare in alto nell'apertura a mandorla della trascendenza.
Qualcosa più forte di noi ci costringe ad inginocchiarci.


Giancarlo Rosati ofm
Estratto da Porziuncola - Periodico mensile mariano-francescano, maggio 2003 - numero speciale

mercoledì 2 luglio 2008

"DEVOZIONE MARIANA"


Vangelo di oggi


Sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?

In quel tempo, essendo Gesù giunto all'altra riva del mare di Tiberiade, nel paese dei Gadareni, due indemoniati, uscendo dai sepolcri, gli vennero incontro; erano tanto furiosi che nessuno poteva più passare per quella strada. Cominciarono a gridare: "Che cosa abbiamo noi in comune con te, Figlio di Dio? Sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?".
A qualche distanza da loro c'era una numerosa mandria di porci a pascolare; e i demoni presero a scongiurarlo dicendo: "Se ci scacci, mandaci in quella mandria".
Egli disse loro: "Andate!". Ed essi, usciti dai corpi degli uomini, entrarono in quelli dei porci: ed ecco tutta la mandria si precipitò dal dirupo nel mare e perì nei flutti. I mandriani allora fuggirono ed entrati in città raccontarono ogni cosa e il fatto degli indemoniati. Tutta la città allora uscì incontro a Gesù e, vistolo, lo pregarono che si allontanasse dal loro territorio.

(Mt 8,28-34)

Il Vangelo ci presenta oggi, in modo molto simbolico, l'azione liberatrice di Gesù e la sua capacità di vittoria sul male.
Il paese dei Gadareni si trova oltre le frontiere di Israele, in territorio pagano. I posseduti sono doppiamente infelici perché sono sottomessi alle forze del male e resi inumani. Vivono tra le tombe, cosa che sottolinea il loro isolamento e la loro esclusione dalla comunità dei vivi, così come la loro impurità. Alcune affermazioni così risolute come:
"Nessuno poteva più passare per quella strada" indicano quale fosse il potere delle forze malefiche e come fosse difficile penetrare in quel campo.
Cristo dimostra in questo episodio che non esiste circostanza, per quanto disumana possa essere, che il Vangelo non possa raggiungere, nessuna situazione d'isolamento che non possa essere distrutta, né di sfida che non possa diventare, attraverso il potere di Dio, un dialogo salvatore.
Il contrasto tra le lamentele dei demoni e il loro sproloquio, e la sola, semplice e autoritaria parola di Gesù mette in evidenza la sovranità di Dio, e l'universalità della salvezza che egli ci offre. Tutti sono raggiunti dalla gratuità del suo amore, anche coloro che sono esclusi ed emarginati. Tutte le barriere dell'incomunicabilità e le catene della schiavitù sono sormontate grazie alla bontà e alla vicinanza del nostro Dio. Il male è quindi nuovamente definito, confinato e restituito al suo luogo di origine biblico: gli abissi. E le creature, libere, sono restituite al dialogo innocente, riconoscente e vicino al loro Signore.
Lo stupore impaurito dei Gadareni si oppone all'amore ricettivo dei posseduti-salvati, testimoniando quindi che l'iniziativa salvatrice di Dio ha sempre bisogno della libera risposta dell'uomo. Gesù è ancora una volta oggetto di scandalo e segno di contraddizione.

La Parola

Sul giudizio

La calunnia... La maldicenza... Chi non ne ha sofferto? Ma chi, in tutta coscienza, può affermare di non averne mai fatto uso?
Il re Davide temeva talmente di peccare per mezzo della sua lingua, che chiese a Dio "di mettere una guardia alla sua bocca, e una sentinella alla sua lingua". E, nella sua sapienza, Dio ha messo la nostra lingua in quella specie di recinto che è la nostra bocca.
Ma essa è così pronta a scappare per sputare il suo veleno, che il salmista, per poterla dominare, deve chiedere l'aiuto di Dio.
In nome di quale giustizia, di quale carità, ci crediamo autorizzati a giudicare, a calunniare o a sparlare? Supponendo che siamo perfetti (cosa poco probabile, su questa terra), dovremmo sapere che la perfezione comprende l'umiltà, cioè l'indulgenza, il perdono, la preghiera per sostenere i peccatori (di cui facciamo parte), l'aiuto spirituale, e i consigli caritatevoli.
San Giacomo non ha avuto paura di affermare che un uomo che non ha peccato con la lingua è un santo. E san Paolo di gridare: "Chi sei tu, per giudicare tuo fratello? Noi compariremo tutti davanti al tribunale di Cristo".
Un proverbio libanese dice: "Chi ha una casa di vetro deve evitare di lapidare gli altri". Un poeta arabo dice: "La tua lingua non dica niente sull'imperfezione di un altro. Tu sei pieno di imperfezioni, e anche gli altri hanno la lingua". È forse perché essa ha operato soltanto per "tutto ciò che è elevato" che la lingua di sant'Antonio di Padova è stata conservata? Mi piace pensarlo.
Il solo giudizio severo che siamo abilitati, o piuttosto che abbiamo il dovere di formulare, non deve vertere che su noi stessi. Oh, se potessimo giudicare gli altri con la stessa clemenza che concediamo a noi stessi, il paradiso sarebbe già di questo mondo!

La Parola

martedì 1 luglio 2008

I giganti della Fede

In Brasile circola un aneddoto a proposito di un certo Mataraso (un uomo ricchissimo, oltre ogni immaginazione) che arriva alle porte del cielo.
Egli vuole entrare, beninteso, subito come in ogni altro luogo. San Pietro non trova obiezioni, ma gli chiede il suo biglietto d'ingresso, che costa soltanto mille lire. Mataraso scoppia a ridere: "Andiamo, san Pietro, voi scherzate! Mille lire? Ma prendete tutta la mia fortuna. Prendete le mie fabbriche, i miei alberghi, i miei castelli, i miei conti in banca, le mie azioni in borsa, i miei lingotti d'oro, le mie automobili, le mie aziende... Io non ne ho più bisogno. Prendetele e lasciatemi entrare".
San Pietro, per nulla impressionato, ribatte: "Neanch'io ne ho bisogno.
Ti chiedo mille lire, non di più". Mataraso gira e rigira le sue tasche...
Invano. Deve fare dietro front.
Così un proverbio dice: Mataraso non è potuto entrare in cielo, per colpa di mille lire".
Io non so se gli eredi di Mataraso lo ricordino con emozione, o se pensino di far dire una messa per il riposo della sua anima. Non sappiamo nulla di lui, a parte il fatto che era immensamente ricco.
Ma noi tutti conosciamo uomini e donne che non possedevano nulla, ma ci hanno lasciato un'eredità spirituale estremamente arricchente.
Penso a san Francesco d'Assisi, così invaghito di madonna povertà, a santa Teresa, a san Francesco di Sales, a san Louis Grignion de Montfort, a sant'Ignazio di Loyola, a san Domenico, a sant'Agostino, a sant'Antonio abate, a sant'Antonio di Padova e a san Bernardo, che trascinano tante persone a dedicarsi a Dio e al proprio prossimo.
Questi poveri hanno saputo scoprire il vero tesoro, imperituro, inestimabile, che hanno diviso e continuano a dividere con tutti coloro che ripongono la propria fiducia e la propria ricchezza in Dio. Cosa sarebbe il mondo senza questi giganti della fede?
La Parola

lunedì 30 giugno 2008

La rivoluzione dei Templari e il giallo della lettera ritrovata
Attribuita al primo "cavalierte di Cristo",
Ugo di Payns, una missiva programmatica
ai propri commilitoni

di Marco Meschini

«Riflettete: presso Dio non hanno alcun valore né la posizione né l’abito». Chi sollecita il lettore a riflettere e pensare? Non è un filosofo, come ci si potrebbe attendere, né un teologo e nemmeno un chierico, anche se il testo venne scritto intorno al 1128, ovvero in pieno Medioevo. No, chi scrive è un miles, un «cavaliere». Un uomo più avvezzo alla lancia e alla spada che al calamo e alla pergamena. Per giunta un «cavaliere di Cristo», un miles Christi. O per meglio dire un «povero commilitone di Cristo»: pauperes commilitones Christi si fanno infatti chiamare lui e quel manipolo di altri cavalieri che, laggiù in Terra Santa, hanno appena dato avvio a una nuova, inaudita esperienza.
Sono i templari, così chiamati perché il re di Gerusalemme ha donato loro, come casa madre, il Tempio di Salomone, cioè la moschea di al-Aqsa sulla spianata del Tempio a Gerusalemme. E hanno proposto uno stile di vita fuori dell’ordinario: rimarranno cavalieri - e quindi spargeranno il sangue, quando necessario -, ma saranno nel contempo monaci. Il templare è un ibrido: da un lato stringe i voti di povertà, castità e obbedienza, dall’altro continua a impugnare la spada. Un monstrum, anzi un «nuovo genere di uomini» come scrive in quegli anni il loro grande testimonial, san Bernardo di Clairvaux, il gigante di quel secolo che redige per loro un’opera famosa, L’elogio della nuova cavalleria.
Siamo nei decenni che seguono la prima Crociata. Nel 1099 Gerusalemme è tornata cristiana, e ora si tratta di mantenere i territori riconquistati. Di proteggere i pellegrini. Di combattere per Cristo, appunto. Ma non, come avevano fatto i crociati, per un periodo limitato, bensì in maniera permanente. L’impeto iniziale, che si sarebbe ripresentato solo con le crociate maggiori tra XII e XIII secolo, doveva divenire istituzione. A questa esigenza di base rispose l’ordine dei templari: all’inizio nove cavalieri - ma il numero è più ideale che reale -, cioè quasi nulla di fronte alla sfida immensa. E sfida duplice: combattere contro i musulmani e, insieme, convincere i cristiani che la loro idea non era follia.
Ecco dunque che Ugo di Payns, l’ideatore, il primo «cavaliere di Cristo» armato di coraggio e di spada, detta la sua lettera. «Riflettete». Alcuni dicono che non siamo necessari: ma è solo perché la nostra funzione è meno nobile di chi prega soltanto. Eppure «spesso sono le cose meno nobili ad essere le più utili: il piede tocca la terra, ma porta il peso di tutto il corpo». Il fatto è che noi, scrive Ugo, consacriamo «la nostra vita a portare le armi contro i nemici della fede e della pace per la difesa dei cristiani». Ma non per amore della violenza: «In tempo di pace combattiamo contro gli impulsi della carne grazie ai digiuni; in tempo di guerra combattiamo con le armi i nemici della pace che fanno dei danni o che vogliono farli».
La sua lettera è una delle novità rilevanti del nuovo lavoro di Simonetta Cerrini, La rivoluzione dei templari (Mondadori, pagg. 238, euro 18,50), da oggi in libreria. Cerrini è esperta come pochi al mondo dei testi originari (e originali) dei templari e con questo volume propone una rilettura completa delle loro origini. Comprensiva appunto della famosa lettera, nota agli addetti ai lavori sin dal 1958 ma erroneamente attribuita a un altro Ugo, Ugo di san Vittore. Gli studi della Cerrini mostrano invece in maniera convincente che quella lettera va attribuita a Ugo di Payns. Insomma un segreto svelato con la ragione, e non con teorie fumose come troppo spesso accade a proposito di templari.
I meriti dell’autrice non si fermano qui. E si estendono al ripensare l’esperienza templare non in un’ottica di storia militare o politica, bensì di storia della cultura. Il libro, infatti, pone al centro dell’indagine i testi (quelli veri appunto) della fondazione: gli scritti dei primi testimoni e i manoscritti della Regola, in latino come in volgare. Emerge così una spiritualità densa e cosciente, segno del fatto che quegli uomini d’arme non solo avevano un’anima, ma che pure la coltivavano. Non ambivano a primeggiare, ma a servire come appunto fanno «i piedi del corpo».
E ancora: nella sua lettera Ugo spiega bene come si deve «odiare non l’uomo, ma il male», e che quindi persino lo spargere il sangue deve avvenire nel contesto di un’operazione di pace. È un passaggio rilevantissimo: che un san Bernardo distinguesse tra omicidio e malicidio, cioè tra fatto e intenzione, è cosa ben nota. Ma che sullo stesso filo di pensiero corresse la mente dei primi templari è una conferma eccezionale e, insieme, uno spalancarsi d’orizzonti. Perché così si può e si deve ripensare all’ordine come al protagonista d’una forma laica di vita cristiana, proprio in un periodo - quello susseguente la grande riforma «gregoriana» dell’XI secolo - in cui più nette si delineavano le differenze tra chierici e laici, soprattutto in relazione alla sfera del sacro.
Credo meno, invece, alla speranza confessata dalla Cerrini e da altri (penso all’amico comune Franco Cardini) di una «via del dialogo e della convivenza», dati i rapporti instaurati dai templari con i musulmani nel XII secolo. Che si conoscessero è ovvio, visto che lottavano entrambi sulla e per la medesima terra. Si stimavano anche, è vero, ma solo in parte, perché la stima derivò da un duraturo rapporto fatto anche di aspre battaglie; e come non stimare un nemico che sa resisterti? Ma il «dialogo» di Ugo e degli altri templari parlava parole alquanto nette: i musulmani sono «nemici della pace», «fanno danni o vogliono farli». Non odiamoli, quindi. Ma contrastiamoli. Conviviamo anche, se necessario. Ma pronti a bloccarli.
Da IL GIORNALE del 30.VI.2008

SANTI PIETRO E PAOLO Solennità 0226

DIVENTA AMORE

Tu sei Pietro e su questa pietra
edificherò la mia chiesa
(Mt 16,18)

La fede in Gesù trasforma la vita
di coloro che si lasciano amare
dal Signore crocifisso e risorto,
che perdona i peccati e dà il suo Spirito.

È il travaglio dell’anima,
consegnarsi all’amore che si dona,
sorprendente effetto trasformante,
dopo aver toccato il fondo della debolezza.

La gratuità dell’incontro sulla riva
del lago di Genesaret; il tracollo
delle speranze riposte nella legge
sul duro selciato verso Damasco.

Perché Pietro vegli nella notte dell’anima
per una pesca senza presa?
Perché o Paolo, rincorri quel nome
per gettarlo nell’oblio della storia?

E Pietro si scopre pescatore… pescato,
Paolo, cieco per l’improvviso abbaglio:
impotenti a proseguire oltre
nella notte della vita senza senso.

L’incontro con Cristo vivo illumina
l’anima prostrata per le attese
confuse e contraddittorie e tutto
finalmente incomincia ora, con Lui.

“Ho trovato il Messia”, annuncia
il discepolo a Simone di Giovanni;
e questi incomincia a diventare Pietra,
Roccia e garante della fede, fino ad oggi.

Una parola risuona, pronunciata
dal cuore che ha sempre le sue ragioni:
“Tu sei il Vivente”, proclama il pescatore,
il Cristo di Dio, ieri, oggi e sempre.

Chi sei tu, Signore che ti senti perseguitato?
Sono Gesù, risponde, il Testimone fedele,
il Primogenito dei morti che risorgono
e il Principe dei re della terra.

Come non amarti, o Signore,
dopo aver conosciuto la tua pietà?
come non incatenare la mia vita
alla tua che sale verso le vette dell’amore?

La fede diventa amore per l’eternità,
il perdono si trasforma in gratitudine,
l’abbandono in comunione con te,
il Regno diventa il solum necessarium.

Pben 29.VI. 2008
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SEGUIRE e TESTIMONIARE

Ancora una volta, oggi, ecco il tema della "vocazione". I desideri degli uomini traspaiono nello scriba del Vangelo: "Io ti seguirò dovunque andrai", "Permettimi di andare prima...", e si scontrano con le esigenze di Gesù.
Annunciare il Vangelo, donarsi agli altri, servire la causa del regno di Dio, chiede un atteggiamento che va oltre i limiti umani. Mentre tutti conoscono le condizioni minimali del focolare, della famiglia, della comodità, si chiede a chi segue Gesù di rinunciare completamente a tutto, alla maniera di colui che "non ha dove posare il capo". Che forza hanno queste parole di Gesù: "Seguimi"! Sono valide oggi come lo erano alla loro epoca. La generosità nell'adesione a Gesù non manca, neanche la volontà di seguire Gesù. Ma quello che è necessario è capire l'esigenza radicale del Vangelo. Noi l'abbiamo indebolita con precisazioni, condizioni, spiegazioni, per non ferire... Una sola cosa è sufficiente: "Seguimi". Il cuore generoso risponderà alla chiamata messa così a nudo.
La Parola
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SIAMO MALATI DI PECCATO E QUESTO, CON IL SUO PESO, CI FA MALE, MA…

Egli ha preso su di sé le nostre infermità, si è caricato delle nostre malattie.
Pascal scriverà, facendo parlare Gesù: "I medici non ti guariranno! Sono io che guarisco e rendo il corpo immortale!".
Gesù si prende carico di tutte le nostre infermità, di tutte le nostre malattie, sia fisiche che morali. Non dobbiamo avere paura di parlargliene! Sappiamo parlargliene con la fede del centurione, con quella della suocera di Pietro, dei parenti degli indemoniati, con quella dei malati.
Egli potrà dirci, come al centurione: "Va', e sia fatto secondo la tua fede". Egli potrà, come la suocera di Pietro, toccare la nostra mano. Potrà cacciare i nostri demoni per mezzo della sua parola. "Signore Gesù, i medici non mi guariranno, ma sei tu che guarisci! Infondi in me la fede del centurione, quella della suocera di Pietro. Guariscimi, caccia i miei demoni. Toccami. Di' una parola ed io sarò guarito!".
La Parola

domenica 29 giugno 2008

"DEVOZIONE MARIANA"

A gonfie vele...

Respice Stellam, Voca Mariam
O uomo che nel mare di questo mondo ti senti piuttosto sballottato dai marosi e dalle tempeste, che camminare su terra ferma, non allontanare gli occhi dal fulgore di questa stella, se non vuoi essere sommerso dai flutti. Se sei agitato dalle onde della superbia, dell'ambizione, della maldicenza della gelosia, guarda la stella, invoca Maria. Se la collera o le seduzioni della carne agitano la fragile navicella dell'anima tua, guarda Maria.


Se, turbato dall'enormità dei delitti,
ti senti trascinare nella voragine della tristezza,
nell'abisso della disperazione,pensa a Maria.
Non si allontani dalla tua bocca,
non si allontani dal tuo cuore,
se vuoi ottenere aiutodalla sua intercessione.
Se segui Lei, non vai errando,
se La preghi, non disperi,se pensi a Lei, non puoi sbagliare.
Se Ella ti sostiene, non cadi,
se ti protegge, non temerai nullase ti accompagna, non ti affatichi,
se ti è propizia, giungerai al porto sospirato.

(San Bernardo)