giovedì 25 settembre 2008

SIMBOLI ANTICRISTIANI

INTERVISTA SULLA MAGIA AL CARD. RATZINGER

N.B. Con piacere ho trovato questa intervista molto chiara e pertinente data dall'allora cardi­nale Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI. Con i tempi che corrono, è un insegnamento ancora molto utile. Certamente il Papa attuale è sempre d'accordo con quello che disse alcuni anni fa da cardinale. (…)
Don Beppino

Ringraziamo don Beppino Cò di averci concesso il permesso di pubblicare questa intervista al card. Ratzinger sulla magia, che mettiamo a cap­pello sullo studio dei simboli anticristiani in voga.

La magia può dare dominio sulla realtà
D. - Eminenza, cos'è la magia?
R. - È l'uso di forze apparentemente misteriose per aver un dominio sulla realtà fisica e anche psicologica. Il tentativo, cioè, di strumentalizza­re le potenze soprannaturali per il proprio uso. Con la magia si esce dal campo della razionalità e dell'utilizzo delle forze fisiche insegnate dalla scienza. Si cerca - e a volte anche si trova - un modo di impadronirsi della realtà con forze sco­nosciute. Può essere in molti casi una truffa, ma può anche darsi che con elementi che si sottrag­gono alla razionalità si possa entrare in un certo dominio della realtà.

I riti magici ripercorrono il peccato di Adamo ed Eva nell'Eden
D. - Sia il Nuovo che l'Antico Testamento con­dannano in modo ferreo ogni pratica magica, così come il ricorso all'occultismo in tutte le sue forme. Come commenta questo dal punto di vista teologico?

R. - Vediamo intanto l'origine più profonda delle superstizioni, della magia e dell'occultismo per capire meglio la condanna nei loro confronti. Direi che ci sono due elementi: da una parte nel­l'uomo, creato a immagine di Dio, esiste la sete del divino. L'uomo non può limitarsi al finito, all'empirico: avrà sempre il desiderio di allargare la prospettiva del suo essere e di entrare nella sfera divina, di uscire dalla pura realtà fisica e toccare una realtà più profonda. Questo deside­rio, di per sé innato nell'uomo - immagine di Dio - è smarrito perché sembra troppo difficile anda­re realmente alla ricerca di Dio, elevarsi lasciarsi elevare dall'Amore Divino e arrivare così a un vero incontro con il Dio personale che mi ha creato e mi ama.

Allora accade un po' come nel mondo umano: le avventure passeggere sono più facili di un amore profondo, di una vita. E così come in questa vita umana un amore fedele, un vero amore, che va fino alle profondità del nostro essere, esige un impegno ben diverso dalle facili avventure, così anche le realtà spirituali esigono un impegno profondo, una fedeltà, una disciplina interiore, l'umiltà di impostare la propria vita alla sequela di Dio. Allora l'uomo cerca le cose più facili, un esperimento immediato della profondità dell'es­sere.

Possiamo anche dire che qui si verifica una dot­trina fondamentale della Chiesa, cioè che nel­l'uomo da una parte troviamo la natura creata da Dio, dall'altra anche questa tendenza opposta: lo smarrimento e il peccato originale che lo devia­no dalla sua origine e trasformano in una carica­tura il suo desiderio innato di amare Dio e di entrare nell'unione con Lui. Ecco, questa secon­da tendenza si realizza nel cercare un cammino più facile, un contatto più immediato e soprattut­to un modo per non sottomettersi all'amore e al potere divino. Allora l'uomo comincia a farsi dominatore della realtà sfruttando questa presun­ta possibilità del suo essere. E ciò mi pare una profonda inversione e perversione della relazio­ne più profonda del nostro essere: invece di ado­rare Dio, di sottomettersi a Dio, l'uomo intende farsi dominatore della realtà usando queste potenze occulte, e si sente il vero dominatore.

E la tendenza che troviamo nel capitolo 3 della Genesi: io stesso divento Dio e ho il potere divi­no e non mi sottometto alla realtà. 'Ma il ser­pente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrec­ciarono foglie di fico e se ne fecero cinture" (Genesi 3, 4-7).

Nei riti magici e nell'occultismo agisce sempre il demonio

D. - San Paolo a Cipro, definisce pubblicamente il mago Elimas «Figlio del diavolo». Possiamo dunque affermare con certezza che dietro la magia e il mondo dell'occulto c'è sempre il demonio?

R. - Sì. Io direi che senza il demonio, che provo­ca questa perversione della creazione, non sarebbe possibile tutto questo mondo dell'occul­tismo e della magia. Entra in gioco un elemento che va oltre le realtà della ragione e le realtà riconoscibili con la scienza unita a una ragione sincera. Si offre un elemento apparentemente divino, cioè delle forze che possono prestare dei successi, esperienze che appaiono come sopran­naturali e spesso come divine. Sono invece una parodia del divino. Poteri, ma poteri di caduta, che in realtà sono ironie contro Dio.

D. - È questa la radice della ferma condanna espressa anche dalla Chiesa nei confronti della magia e dell'occultismo?

R. - Sì. Ciò comincia nell'Antico Testamento: pensiamo al conflitto tra Samuele e Saul. È pro­prio la caratteristica della religione del Dio rive­lato: non si fa uso di queste pratiche, che sono caratteristiche delle religioni di questa terra, e perciò pagane, perché pervertono la relazione tra Dio e l'uomo. Questa condanna continua in tutta la storia della Rivelazione e riceve la sua ultima chiarezza nel Nuovo Testamento. Non è - sia chiaro - un positivismo che vuole escludere qual­cosa della ricchezza dell'essere o delle esperien­ze possibili, ma la verità di Dio che si oppone alla menzogna fondamentale.

Il nome del diavolo nella sacra Scrittura, «padre della menzogna», diventa comprensibile in modo nuovo se consideriamo tutti questi feno­meni, perché qui troviamo realmente la menzo­gna nella sua purezza totale.

D. - In quale forma?

R. - L'uomo si fa dominatore del mondo sfruttan­do ciò che appare come Dio e quindi usa il pote­re per dominare il mondo in se stesso, entrando così in una menzogna radicale. Questa menzo­gna appare in un primo momento come un allar­gamento del potere, delle esperienze, come una cosa bellissima: io divento Dio. Ma alla fine la menzogna è sempre una realtà che distrugge. Vivere nella menzogna vuol dire vivere contro la realtà e quindi vivere nell'autodistruzione.

In questo senso possiamo vedere due aspetti di questa proibizione. Da una parte, semplicemen­te, le pratiche occulte e magiche sono da esclu­dere perché pervertono la realtà, sono menzogne nel senso più profondo. Il secondo aspetto, quel­lo morale dopo quello ontologico, è che, oppo­ste alla verità, esse sono distruttive e distruggono l'essere umano cominciando dal suo nucleo.

D. - Quali sono dunque i pericoli per chi ha da fare con la magia e l'occulto?

R. - Cominciamo anche qui dal fenomenologico. Il tranello viene teso con cose promettenti, con un'esperienza di potere, di gioia, di soddisfazio­ne. Ma poi una persona entra in una rete demo­niaca che diventa poco tempo dopo molto più forte di lui. Non è più l'uomo il padrone di casa. Poniamo che una persona entri a fare parte di una setta o di un gruppo magico. Diventerà schiavo non solo del gruppo, il che sarebbe già gravissimo, dato che queste sette possono aliena­re totalmente una persona. Ma sarà schiavo della realtà che sta dietro il gruppo, cioè una realtà realmente diabolica.

E così va verso una autodistruzione sempre più profonda, peggiore di quella della droga.

D. - Quali sono le radici di questa sete di occul­to?

R. - Mi sembra questa mescolanza di una ten­denza verso il divino e lo smarrimento che chiu­de l'uomo in se stesso.
D. - Nessuno degli occultisti dichiara apertamen­te di operare con il concorso dei demoni. Anzi, quasi tutti affermano di essere credenti e di fare il bene. Usano immagini sacre, crocifissi...

R. - Sì. La menzogna profonda poi si concretizza in menzogne più evidenti. Il mago, nel suo orien­tamento personale, è arrivato alla menzogna. Poi, diventa naturale usare tutti i modi concreti per esprimere e fare agire la menzogna. Naturalmente il sincretismo (spiegazione: Sincretismo può essere considerata qualsiasi tendenza a conciliare elementi culturali, filosofici, o religiosi eterogenei appartenenti a due o più culture o dottrine diverse.) è uno degli elemen­ti fondamentali del mondo magico e occultista, che si serve delle religioni, e soprattutto degli elementi cristiani, pervertendoli sia allo scopo di attirare la gente e rendersi credibile, sia anche nella speranza di usare la forza nascosta della realtà cristiana. Lo vediamo negli Atti degli Apostoli con Simone mago, che vorrebbe com­prare la forza degli apostoli. «Simone, vedendo che lo spirito veniva conferito con l'imposizione delle mani degli apostoli, offrì loro del denaro dicendo: 'Date anche a me questo potere perché a chiunque io imponga le mani, egli riceva lo Spirito Santo'. Ma Pietro gli rispose: 'll tuo dena­ro vada con te in perdizione, perché hai osato pensare di acquistare con denaro il dono di Dio. Non v'è parte né sorte alcuna per te in questa cosa, perché il tuo cuore non è retto davanti a Dio. Pentiti dunque di questa tua iniquità e prega il Signore che ti sia perdonato questo pensiero. Ti vedo infatti chiuso in fiele amaro e in lacci di ini­quità'» (Atti 8, 18-23).

D. - Si afferma che esistono forme di magia e divinazione innocue e "leggere" come la lettura della mano, le carte e gli oroscopi. E si ironizza sul Nuovo Catechismo, che le ha condannate. Esiste una scala di gravità o sono tutte dello stes­so ceppo, e quindi tutte gravi?

R. - Esiste forse un uso più leggero, ma comun­que non accettabile, perché apre la porta all'oc­culto. Se uno comincia a muoversi in questa direzione, c'è per lui il pericolo di cadere nella trappola più profonda. Ma il fatto che si scivola facilmente, e spesso inevitabilmente,- una volta entrati in questo cammino, non deve portarci a un rigorismo che non distingue più tra compor­tamenti che sono simbolo di una certa leggerez­za di vita e il modo di agire di coloro che sono entrati nel pieno di queste situazioni. Una certa distinzione esiste senza dubbio, ma si deve tene­re presente che un gradino guida facilmente all'altro, perché il terreno è scivoloso.

D. - Cosa direbbe a chi frequenta la Chiesa e anche gli occultisti, o pratica egli stesso l'occul­tismo, credendo che l'una cosa non debba esclu­dere l'altra?

R. - Gli direi che deve cominciare a capire meglio la fede e inserirsi profondamente nel cammino cristiano, per capire che sono cose del tutto diverse. Se ascolto la Parola del Signore, con la mano nella mano del Signore, mi lascio guidare dall'amore di Cristo, mi inserisco nella grande comunione della Chiesa, andando insie­me con la Chiesa sulla strada di Cristo. Ben diverso è se io comincio a entrare nella realtà grave dell'occultismo. I due atteggiamenti sono dall'inizio profondamente diversi. Capire questa distinzione è una decisione fondamentale del­l'uomo, è il passo iniziale del cammino della fede. Pensiamo al rito del Battesimo, dove abbia­mo da una parte il "sì" al Signore e alla sua legge, e dall'altra il "no" a Satana. In tempi passati ci si voltava verso l'oriente per dire "sì" al Signore e alla sua legge, e verso l'occidente per dire "no" alle seduzioni del diavolo .

Con questo rito, nato in tempi in cui, come acca­de oggi, la Chiesa era circondata e attaccata dalle pratiche occulte, si capisce la diversità inconciliabile di questi due comportamenti. Io dico "sì" al cammino del Signore e questo impli­ca che dica il mio "no" alle pratiche magiche. Dobbiamo rinnovare in senso molto concreto e realistico questa duplice decisione.

Dire "sì" a Cristo implica che non posso "servire due padroni", come dice il Signore stesso, e se dico "sì" al Signore non posso nello stesso momento dire "sì" a questi poteri nascosti, ma devo dire: "No, non accetto la seduzione del dia­volo".

E forse, in occasione del rinnovamento dei voti bat­tesimali che facciamo prima della Pasqua, si dovrebbe spiegare che ciò che pronunciamo non è un antico rituale, ma una decisione importante per la nostra vita oggi, un atto concreto e realistico.

D. - Esiste un punto di non ritorno per chi ha dato la propria vita alla magia?

R. – E’ difficile rispondere. Se uno è entrato in ciò che il Signore chiama "peccato contro lo Spirito Santo", corre avversione a Dio e maledizione dello Spirito di Dio, pervertendo il suo spirito, aprendolo all'azione del demonio, qui si realizza forse quello che il Signore indica come il punto del non-ritomo.

Ma da parte nostra non possiamo giudicare que­sto. Noi dobbiamo dire sempre: c'è la speranza di conversione. Naturalmente, se uno è entrato in questo mondo, una conversione radicale diventa necessaria, ed è una conversione che si fa sempre più difficile, realizzabile solo con l'aiuto forte dello Spirito Santo implorato dalla Comunità della Chiesa che intende aiutare que­ste persone a tornare a Dio.

Quindi dobbiamo sempre avere la speranza, e fare il possibile per implorare il perdono di Dio e per illuminare queste persone e renderle aperte a una conversione profonda.

Occorre poi la espulsione del demonio. Un rito la cui importanza, per un certo tempo, non è stata più capita dai cristiani, ma che ora riceve di nuovo un senso e un significato molto concreto. Perché si tratta di liberare le persone dal demo­nio che, a causa del contatto con la magia e l'oc­cultismo, si è realmente impossessato di loro.

D. - Quindi sono necessari gli esorcismi?

R. - Certamente.


CULTURA PAGANA E MASSONICA

Come si uccide una suora

Suor Maria Laura Mainetti, a Chiavenna (Sondrio) nel giugno 2000, venne uccisa da tre ragazzine minorenni con diciannove coltellate, per offrire una specie di sacrificio al diavolo. Sui loro diari sono stati trovati simboli demoniaci e frasi tratte da canzoni di rock satanico.

L'interesse dei ragazzi per l'esoterismo, il satani­smo e lo spiritismo, negli ultimi anni, è cresciuto in modo spaventoso. (Indagini fatte quando inse­gnavo dicevano che oltre il 70% delle adolo­scenti avevano avuto a che fare con giochi magi­ci e talune avevano anche partecipato a sedute spiritiche. Ma i genitori dov'erano?)

Oroscopi, amuleti, tarocchi e sedute spiritiche sono, ormai, i compagni di strada delle nuove generazioni, vittime di un vero e proprio bom­bardamento pubblicitario, effettuato attraverso i mezzi più vari: la musica, la televisione, i video­giochi, i fumetti, il cinema, la discoteca.

Satanismo, occultismo e New age rappresentano, per molta gente, un buon espediente per fare soldi. Alcune persone tendono a sminuire il pro­blema dell'esoterismo giovanile, dicendo che si tratta semplicemente di un fenomeno commer­ciale, non strettamente collegato agli ambienti della magia e delle sette.

Come si diffonde il virus dell'esoterismo? Tutto nasce da un grande equivoco. I giovani pensano che l'esoterismo sia qualcosa di bello, di simpa­tico, di affascinante. Credono di trovare nell'oc­cultismo un alleato per risolvere i propri proble­mi. E così, si avvicinano con fiducia alle pratiche magiche, allo spiritismo e al satanismo, senza accorgersi che scherzano col fuoco.

Il virus si diffonde perché tra i giovani mancano sempre di più gli anticorpi per affrontarlo. Negli ultimi anni i ragazzi hanno subito una specie di lavaggio del cervello che li ha spinti a non avere più paura di ciò che appartiene al mondo del­l'occulto. Partecipare a una seduta spiritica o a un rito satanico significa spalancare le porte verso mondi davvero pericolosi. Si comincia per gioco, e non si sa mai dove si può arrivare.

Evitare ogni compromesso

La gnosi (spiegazione: per lo gnosticismo la salvezza dell'anima può derivare soltanto dal possesso di una conoscenza quasi intuitiva dei misteri dell'universo e dal possesso di formule magiche indicative di quella conoscenza. Gli gnostici erano "persone che sapevano", e la loro conoscenza li costituiva in una classe di esseri superiori, il cui status presente e futuro era sostanzialmente diverso da quello di coloro che, per qualsiasi ragione, non sapevano.) anticristiana e le sue molteplici deriva­zioni usano vari simboli, pervertendo spesso la loro origine cristiana. Tali simboli a volte vengo­no usati anche da persone buone, per ignoranza e buona fede, ma occorre evitare ogni compro­messo con il male anche nell'uso dei simboli, siano pure opere d'arte o gioielli.
I simboli fanno parte del linguaggio e richiama­no realtà a volte note a soli iniziati. Esprimono e fanno cultura. La cultura, ossia l'ambiente spiri­tuale in cui viviamo, è il risultato di molte com­ponenti simboliche che si annodano nel profon­do dell'uomo provocando automatismi psichici, sentimentali, intellettuali e anche comportamen­tali, che a loro volta si riversano nel fiume che li ha originati.

La controcultura dominante, di ispirazione paga­na, coinvolge tutte le espressioni della vita, dal pensiero alle arti, alle scienze, alle mode, ai comportamenti nel loro insieme.

Questa degradazione non è avvenuta a caso, ma è frutto di una rivoluzione voluta, programmata, e portata avanti con determinazione da centri i di potere anticristiano.

Il «Sessantotto» ad esempio è stato elaborato da persone e istituzioni allo scopo di distruggere la visione del mondo e il modo di agire cristiano in favore di quelli dionisiaci, ossia pagani. Va nota­to, in proposito, come il patto di Yalta ha som­merso la cultura cristiana dell'Europa sotto l'ir­ruenza del materialismo comunista e del mate­rialismo americano.

L'ambiente culturale fatto di stili, di mode, di lin­guaggio, di arte, di musica e di ogni altra espres­sione umana, condiziona fortemente il nostro spirito. Si è visto come il parlare sinistrese, arro­gante e volgare, ha raggiunto la stessa alta bor­ghesia, un tempo così misurata e gelosa della propria elevatezza.

Particolare significato simbolico assume il vesti­re. Dio ispira bellezza, dignità, decoro, purezza e comportamenti atti a spiritualizzare la persona, ma il Maligno, soprattutto mediante la controcul­tura lanciata dalle massonerie, ha suscitato stili e mode grossolani, privi di buon gusto, che avvili­scono la persona, la materializzano, la rendono occasione di passioni perverse.

È compito dei cristiani, in questo clima di degra­dazione culturale, impegnarsi a sostenere tutto ciò che conferisce dignità, bellezza, decoro alla persona.

Quanto ai simboli, va notato come quelli cristia­ni si radicano per lo più nella realtà, mentre quel­li esoterici e controculturali sono elaborazioni artificiose che tradiscono l'inconsistenza del Maligno che le ispira.

I simboli più noti massonici e anticristiani

Il mezzo arcobaleno
Il mezzo arcobaleno simbo­leggia il ponte che unisce l'uo­mo alla Maitreya, ossia a Luci­fero, e alle energie cosmiche.

la testa del caprone

La testa del caprone deforme e puzzolente è scelta come insegna di Satana, anche per influsso evangelico, dato che Gesù annuncia la grande divi­sione finale tra pecore e capre (Mt).

Il cerchio magico
Il cerchio magico delimita il luogo per operare riti magici, incantesimi, sortilegi, oracoli, malefici, possessioni.

Trinità esoterica
I tre cerchi intrecciati indica­no la trinità esoterica (aria, terra, fuoco).

La croce col laccio
La croce col laccio appare fre­quente nei geroglifici egizi come «chiave della vita», ma nella controcultura è passata a signifi­care l'alternativa alla croce e il disprezzo della verginità, il rifiu­to della castità e l'asservimento alle divinità del libero amore: i templi di Iside in Egitto, Venere a Roma, Astarte in oriente, ecc. erano luoghi di prostituzione sacra con sacerdotesse prostitute o lesbiche. Così tra i miliziani dell'impero romano era diffuso il culto a Mitra, che istigava alla omosessualità e sodomia.

Croce portata all'orecchio
La croce portata all'orecchio è simbolo di disprezzo a Cristo.

Svastica o croce uncinata
La svastica o croce uncinata, è di origine gnostica, passata poi a sette massoniche e al nazismo. E­vidente il significato anticristiano.

La macchia
La macchia indica il regno di Maitreya, ossia di Satana, che si estende in tutte le direzioni.

Il simbolo di Nettuno
Il simbolo di Nettuno indica l'emancipazione dalla fede e dalla morale biblica, dai valori tradizionali, dall'ordine costitui­to, in vista di un ordine nuovo.

L'occhio onniveggente
L'occhio onniveggente è di derivazione illuminatica, e sim­boleggia la conoscenza supercomprensiva di Satana e inizia­tica.

L'otarda
L'otarda è l'impronta lasciata nella sabbia dalla zampa di otarda (uccello nordico), o di gallina. Il simbolo è di antica origine anglosassone, ed è pas­sato poi nelle sette paramassoni­che dell'Ordo Templi Orientis e della Golden Dawn significa l'emancipazione da Dio, l'assoluta libertà morale: «Vogliamo spazzar via tutte le macerie che il cristianesimo ha ammassato sul vecchio mondo, affinché l'antica religione della natura riprenda nuovamente i suoi diritti», dice un commenta­tore. L'otarda ha una evidente allusione fallica, e appariva fre­quentemente nel Sessantotto come istigazione alla piena libertà sessuale (v. P. Mariel in Epiphanius, Massoneria e sette segrete, pp. 545, a p. 152).

Inserito nel cerchio, che simbo­leggia l'eternità, con il detto «do it» («fa' ciò che vuoi»), l'otarda

Il pellicano
Il pellicano è simbolo di dedi­zione. È adottato dalla massone­ria con la scritta I.N.R.I., che non indica come nel Vangelo lesus Nazarenus Rex ludeorum, ma «Igne Natura Renovatur Integra» (l'intera natura si rinno­va nel fuoco), ossia il rinnova­mento iniziatico di tutte le cose attraverso la rivoluzione.

La penna nel cerchio
La penna nel cerchio è usata per i patti satanici con i quali l'anima si vende al diavolo in cambio di vantaggi materiali: facoltà medianiche, denaro, successo.

La piramide
La piramide, di origine egizia, indica sorgente di forza cosmica e luogo privilegiato per il con­tatto con l'aldilà e il mondo degli spiriti.

La piramide con l'occhio onniveggente
La piramide con l'occhio onniveggente, stampata sul dol­laro, è il simbolo adottato dagli Illuminati di Baviera fondati nel 1776 dal massone Weisshaupt sponsorizzato da Rotschild. Gli Illuminati contribuirono in modo determinante alla rivolu­zione francese, e sopravvivono ancora oggi. La piramide ha tre­dici gradini, simbolo dell'inizia­zione rosacrociana. La scritta «novus ordo seclorum» (nuovo ordine dei secoli) del cartiglio allude alla rivoluzione anticri­stiana: è scritto «seclorum» invece di «saeculorum» per ridurre a 17 lettere, cifra che indica «privazione della perfe­zione celeste», quindi empietà. L'occhio onniveggente indica la supercomprensione esoterica, e «annuit coeptis», ossia «favori­sce le cose iniziate», l'impresa, il «grande disegno» di aspirazio­ne massonica (v. Simbologia del dollaro, Solfanelli, Chieti 1977, pp. 40).

I tre puntini e Squadra e compasso
I tre puntini, che alludono al triangolo, indicano l'apparte­nenza alla massoneria, come la squadra intrecciata con il com­passo. La falce e il martello sono simboli adottati dal comu­nismo lanciato dall'ebreo sata­nista Karl Marx.

I due quadrati intrecciati

I due quadrati intrecciati sim­boleggiano distruzione, disordi­ne, rivoluzione, confusione che prende il posto dell'armonia.

Il serpente che avvolge il bastone

Il serpente che avvolge il bastone indica il potere (bastone) che si afferma attraverso l'e­voluzione (serpente) fino a con­quistare l'intero pianeta (Mon­dialismo). È usato come simbolo del dollaro.

Il serpente che si morde la coda
Il serpente che si morde la coda, messo anche attorno alla stella di Salomone, indica l'alta iniziazione occultistica.

Stella a 5 punte
La stella a cinque punte o pen­talfa o stella di Davide indica la sovranità dell'uomo sull'univer­so, la divinizzazione dell'uomo, la rivolta contro Dio, l'umanesi­mo ateo. Appare nelle bandiere russa, americana, cinese, nell'e­sercito russo, ecc. Nel 1871 il ministro massone Ricotti ­Magnani, che abolì i cappellani militari e la Messa nell'esercito, sostituì la stella a cinque punte alla croce di Savoia sulla divisa militare italiana. La stella a cin­que punte è considerata anche stella di Venere, di Lucifero, delle iniziazioni, con allusioni al mondo luciferino e alla «virtù magica del sangue versato per la Patria al fine di vitalizzare l'au­gusto pentacolo» (v. Epiphanius, cit., p. 195s). La stella a cinque punte è usata anche negli incan­tesimi e negli scongiuri.

Stella a sei punte
La stella a sei punte o esa­gramma o stella di Salomone o l'emblema del Mago, dell'Adam Kadmon (l'uomo celeste della cabala, l'uomo divinizzato) rigenerato attraverso la gnosi che afferma la sua supremazia assoluta sull'universo.
Il «macro-prosopus» (il mondo grande) si rispecchia nel «mi­croprosopus» o mondo piccolo della coscienza individuale; ciò che è in alto è uguale a ciò che è in basso, l'uomo è come Dio. C'è l'idea del rovesciamento, della rivoluzione, della lotta contro Dio nel triangolo rove­sciato, che è anche simbolo della discesa dello spirito. Il ser­pente che si morde la coda è simbolo gnostico dell'iniziazio­ne e dell'alta potenza dei maghi (v. Epiphanius, cit., p. 194). La stella a sei punte è impiegata per magie e sortilegi.

Triangolo rovesciato
Il triangolo rovesciato è sim­bolo antitrinitario.

Trifogli stilizzati
Il trifoglio stilizzato in vari modi, a volte inserito nel cer­chio della magia, indica la tri­nità satanica.

L'unicorno
L'unicorno simboleggia la libertà sessuale.

L'uomo rovesciato
L'immagine dell'uomo rove­sciato nella stella di Salomone indica rivoluzione contro Dio, rovesciamento di potere, oppo­sizione, e anche armonia degli opposti (v. Stella di Salomone).

L'uomo nella stella
L'uomo nella stella di Davide indica l'umanesimo.

Il segno di Urano
Il segno di Urano indica l'uo­mo inserito perfettamente nel cosmo.

Lo Yin-Yang
Lo Yin-Yang, di origine taoista, indica l'equilibrio tra le forze positive e quelle negative.

Il numero 666
Il numero 6 nella Bibbia indi­ca empietà, e il «666» è la cifra della «bestia» apocalittica (Ap 13, 1).

LA STREGONERIA E’ SEMPRE DEMONIACA

La stregoneria, ovvero "la divinazione forgiando il destino", dal Latino "sortiarius", è spesso identifi­cata con stregoni, streghe e magia nera. La strego­neria è inoltre associata all'uso di pozioni e formu­le magiche. Tutto questo è fatto allo scopo di gua­dagnare grandi poteri dall'associazione con gli spi­riti maligni o con Satana stesso.

Satana è l'avversario di Dio ed è la personificazio­ne del diavolo. La Bibbia dice che Satana è un'en­tità reale e concreta: uno spirito creato da Dio che a lui si è ribellato. Molti credono che Satana, o il diavolo, possa possedere un corpo umano.

La possessione è l'invasione del corpo dal parte del diavolo.

La Chiesa Cattolica esegue tuttora esorcismi su individui ritenuti posseduti.

La stregoneria viene associata con tutti i fenomeni paranormali e dell'occulto, includendo - fra le altre - le proiezioni astrali, la cabala e le guarigioni fisi­che. Gli stregoni utilizzano vari simboli quali il pentagramma, come pure una varietà di comporta­menti rituali simbolici, volti ad ottenere potere per poter quindi contravvenire alle leggi della fisica e della chimica.

Le religioni basate sul Vecchio e Nuovo Testa­mento hanno a lungo associato gli stregoni con i falsi profeti, basandosi sulla credenza che Satana esibisce spesso il suo potere malefico e lo condivi­de con gli esseri umani. Utilizzare poteri, che con­travvengono le forze naturali, è un fatto buono se condotto grazie all'aiuto di Dio.

Questa esibizione del potere divino viene definita miracolo. Se condotto da forze diaboliche, viene definita diavoleria o stregoneria demoniaca.

Le streghe credono in Satana e conducono rituali ritenuti capaci di condividere i poteri occulti soprannaturali di Satana. Tuttavia, molte streghe della nuova generazione dicono di non adorare Satana e si dicono piuttosto associate all'occulto ed al magico, attraverso il quale hanno ristabilito una sorta di religione naturale associata ad antiche reli­gioni pagane, quali la greca antica e la celtica (spe­cialmente il druidismo).

Dicono la verità? il diavolo e le diavolerie vanno sempre d'accordo con la menzogna.

Le streghe della mitologia cristiana erano note per l'uso dei loro poteri magici al fine di creare diavo­lerie di ogni sorta. Il culmine della mitologia delle streghe era il Sabbath, ovvero una rituale parodia derisoria e blasfema della Messa. Durante il Sabbath le streghe eseguivano danze oscene, ban­chettavano e bevevano pozioni da un grande cal­derone. II banchetto poteva includere bambini, carogne di animali ed altre "delicatezze". Il beve­rone delle streghe era apparentemente usato per danneggiare od uccidere persone o per mutilare bestiame. Gli iniziati al mistero satanico portavano una sorta di marcatura fisica, come il segno di un artiglio sotto l'occhio sinistro.

Il diavolo era dipinto come un caprone o un satiro, oppure come una sorta di bestia mitica con corna, zoccoli, artigli e bizzarre ali: la parodia di un ange­lo, un uomo e una bestia. Esistono numerose testi­monianze relative alla partecipazione di streghe a Sabbath, tenutisi anche in epoca recente.

Consigli pratici

A tutti in questi tempi può capitare di incontrare persone che frequentano riti medianici, o affiliati a sette sataniche, o in gruppi che praticano riti occul­tisti, magari per gioco di società.

Cosa fare?

Cari amici, giorni fa ho incontrato una donna molto devota, aderente ad un gruppo di Rinno­vamento dello spirito. Sua figlia le aveva regalato una croce d'oro per atto di amore. Era una croce massonica di quelle che abbiamo pubblicato.

Come possiamo difenderci?

1) Con pazienza dobbiamo imparare a riconoscere satana e i suoi adepti quando ci propongono qual­cosa. Ce n'è un sacco. Quando ne abbiamo capito uno, li abbiamo capiti tutti.

2) Con i sacramenti, la nostra fedeltà e l'amore verso i nostri amici: Gesù, la Croce, la Madonna l'angelo custode, le anime del purgatorio... noi cri­stiani siamo più forti di lui. È stupido e cattivo, ma non sottovalutiamolo.

3) Usiamo la prudenza che ci è suggerita dal timor di Dio. Il settimo dono delle Spirito Santo serve proprio come antidoto a satana, il verme. È sempre meglio non rischiare. Se ti invitano a un gioco di società, rifiuta categoricamente dicendo: lo sono della Chiesa cattolica.

4) Se hai individuato la sua presenza (quella di satana) non fermarti a parlare: il dialogo è sinoni­mo di resa al diavolo. Il tuo dovere, suggerito dalla prudenza, è solo quello di fuggire. Credimi: non è vigliaccheria, è saggezza. Mentre scrivo ho appena consigliato ad un amica veggente di tagliare il filo del telefono con una persona che, essendo affiliata a gruppi di medianità (e cioè a satana perché la Chiesa li esclude - vedi cosa dice papa Ratzinger), la sta disturbando. Non c'è carità che tenga in que­sto caso. Solo in questa circostanza usare la carità è da stupidi, o da gonzi.

Dal sito: preghieregesuemaria - servizio a cura di S. P

mercoledì 24 settembre 2008

VANGELO
Li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 9,1-6)

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e diede loro potere e autorità su tutti i demoni e di curare le malattie. E li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi.
Disse loro: "Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche per ciascuno. In qualunque casa entriate, là rimanete e di là poi riprendete il cammino. Quanto a coloro che non vi accolgono, nell'uscire dalla loro città, scuotete la polvere dai vostri piedi, a testimonianza contro di essi".
Allora essi partirono e passavano di villaggio in villaggio, annunziando dovunque la buona novella e operando guarigioni. Parola del Signore.

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COMMENTO
"Viribus unitis"

"Egli allora chiamò a sé i Dodici e diede loro potere e autorità su tutti i demoni e di curare le malattie. E li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi". Ecco qual è la missione dei dodici apostoli, secondo quanto ha stabilito Cristo duemila anni fa. Dopo la morte e la risurrezione di Cristo, sotto l'impulso dello Spirito Santo, i Dodici si sono messi all'opera. Poi, dopo un certo tempo, si sono dati dei successori, che a loro volta hanno trasmesso il loro potere e il loro dovere di conservare e di proclamare la fede. I successori degli apostoli, con a capo il successore di Pietro, continuano ancor oggi l'evangelizzazione del mondo e formano la gerarchia della Chiesa. Ma i poteri e i doveri sono rimasti gli stessi. Fa bene, ogni tanto, ricordare queste verità elementari, poiché l'opinione diffusa - e spesso anche la nostra - vorrebbe attribuire ai pastori della Chiesa altri compiti che appaiono più utili o più urgenti. È incontestabile che alcune deviazioni sono oggi molto alla moda.
L'opinione pubblica, il famoso "parere della maggioranza", si esprime nei voti o nei sondaggi, e tende a considerare questi risultati come "verità".
Ma la verità è raramente il frutto dei voti di una maggioranza già nella vita corrente, e non lo è mai in materia di religione o di fede. La Chiesa di Cristo non è una repubblica parlamentare. Le sue leggi non vengono dal consenso dei suoi componenti, ma da Dio e dall'insegnamento di suo Figlio, che noi ritroviamo nei Vangeli.
I vescovi, successori degli apostoli, hanno ricevuto in consegna questo insegnamento con il duplice incarico di serbarlo puro e di proclamarlo, a qualsiasi prezzo. Molti sono coloro che hanno pagato con la loro vita questa fedeltà. Nell'esercizio del loro apostolato, sacerdoti e vescovi meritano la nostra stima e il nostro rispetto. Noi siamo solidali con loro nella proclamazione - nell'annuncio - della parola di Dio. Siamo tutti chiamati a quest'opera, ognuno secondo il proprio carisma. La differenza stessa dei carismi mostra che dobbiamo essere complementari e non opposti in questo incarico. La cooperazione è la nostra forza, la divisione sarà la nostra rovina. Il nostro motto deve allora essere: "Viribus unitis", con tutte le nostre forze unite nel servizio del regno.
Ma è davvero sempre così?

martedì 23 settembre 2008

"DEVOZIONE MARIANA"



La logica di Dio non è la logica del mondo

A mezzogiorno di domenica 21 settembre, rientrato dalla messa celebrata ad Albano, il Papa ha guidato la preghiera dell'Angelus con i fedeli nel cortile del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo.

Cari fratelli e sorelle, forse ricorderete che quando, nel giorno della mia elezione, mi rivolsi alla folla in Piazza San Pietro, mi venne spontaneo presentarmi come un operaio della vigna del Signore. Ebbene, nel Vangelo di oggi (cfr. Mt 20, 1-16a), Gesù racconta proprio la parabola del padrone della vigna che a diverse ore del giorno chiama operai a lavorare nella sua vigna. E alla sera dà a tutti la stessa paga, un denaro, suscitando la protesta di quelli della prima ora. È chiaro che quel denaro rappresenta la vita eterna, dono che Dio riserva a tutti. Anzi, proprio quelli che sono considerati "ultimi", se lo accettano, diventano "primi", mentre i "primi" possono rischiare di finire "ultimi". Un primo messaggio di questa parabola sta nel fatto stesso che il padrone non tollera, per così dire, la disoccupazione: vuole che tutti siano impegnati nella sua vigna. E in realtà l'essere chiamati è già la prima ricompensa: poter lavorare nella vigna del Signore, mettersi al suo servizio, collaborare alla sua opera, costituisce di per sé un premio inestimabile, che ripaga di ogni fatica. Ma lo capisce solo chi ama il Signore e il suo Regno; chi invece lavora unicamente per la paga non si accorgerà mai del valore di questo inestimabile tesoro. A narrare la parabola è san Matteo, apostolo ed evangelista, di cui tra l'altro ricorre proprio oggi la festa liturgica. Mi piace sottolineare che Matteo, in prima persona, ha vissuto questa esperienza (cfr. Mt 9, 9). Egli infatti, prima che Gesù lo chiamasse, faceva di mestiere il pubblicano e perciò era considerato pubblico peccatore, escluso dalla "vigna del Signore". Ma tutto cambia quando Gesù, passando accanto al suo banco delle imposte, lo guarda e gli dice: "Seguimi". Matteo si alzò e lo seguì. Da pubblicano diventò immediatamente discepolo di Cristo. Da "ultimo" si trovò "primo", grazie alla logica di Dio, che - per nostra fortuna! - è diversa da quella del mondo. "I miei pensieri non sono i vostri pensieri - dice il Signore per bocca del profeta Isaia -, / le vostre vie non sono le mie vie" (Is 55, 8). Anche san Paolo, del quale stiamo celebrando un particolare Anno giubilare, ha sperimentato la gioia di sentirsi chiamato dal Signore a lavorare nella sua vigna. E quanto lavoro ha compiuto! Ma, come egli stesso confessa, è stata la grazia di Dio a operare in lui, quella grazia che da persecutore della Chiesa lo trasformò in apostolo delle genti. Tanto da fargli dire: "Per me vivere è Cristo e il morire un guadagno". Subito però aggiunge: "Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa debba scegliere" (Fil 1, 21-22). Paolo ha compreso bene che operare per il Signore è già su questa terra una ricompensa. La Vergine Maria, che una settimana fa ho avuto la gioia di venerare a Lourdes, è tralcio perfetto della vigna del Signore. Da lei è germogliato il frutto benedetto dell'amore divino: Gesù, nostro Salvatore. Ci aiuti Lei a rispondere sempre e con gioia alla chiamata del Signore, e a trovare la nostra felicità nel poter faticare per il Regno dei cieli.

(©L'Osservatore Romano - 22-23 settembre 2008)

lunedì 22 settembre 2008

"A proposito di magia e demonologia"

Nota Pastorale della Conferenza Episcopale Toscana

11. Incompatibilità tra magia e fede

E tale è l’insegnamento costante della tradizione cristiana. Già la «Didaché», tra le vie che conducono alla morte, accanto all’idolatria, pone la magia e gli incantesimi. Taziano, verso la fine del II secolo, elabora una dura polemica contro il fatalismo astrale nel quale vede una forma di potere del demonio sull’umanità. Ippolito, nella «Tradizione apostolica», esclude dal battesimo maghi, astrologi e indovini. Tertulliano pronuncia parole severissime verso tutti gli operatori di magia: «Di astrologi, di stregoni, di ciarlatani d’ogni risma, non si dovrebbe nemmeno parlare. Eppure, recentemente, un astrologo che dichiara di essere cristiano ha avuto la sfacciataggine di fare l’apologia del suo mestiere! È dunque necessario ricordare, sia pure brevemente, a lui e ai suoi simili, ch’essi offendono Dio, mettendo gli astri sotto la protezione degli idoli e facendo dipendere da loro la sorte degli uomini. L’astrologia e la magia sono turpi invenzioni dei demoni».Un giudizio questo condiviso dalla maggioranza dei padri della Chiesa. Secondo Agostino, la magia è demoniaca; la religione cristiana all’opposto è vittoria sul potere del demonio e rottura completa con tale mondo. Di fronte alle difficoltà dei neo-convertiti ad abbandonare le antiche pratiche magiche, la condanna si fa così forte e massiccia da finire per trasferire a carico del demonio tutta la magia, in ogni sua forma, identificata con la possessione diabolica. Se la posizione di san Tommaso rimane estremamente equilibrata, non mancano testi che, specie nel tardo medioevo, tendono ad accentuazioni eccessive, arrivando a sviluppare l’idea del «maleficio» come di un potere che esseri umani, specialmente donne, possono esercitare sugli altri, avendo patteggiato con il demonio la cessione della propria anima in cambio di capacità preternaturali da esercitare in vita. Un’idea che ha condotto nei secoli XV-XVIII alla triste storia delle persecuzioni di streghe e maghi. Questa vicenda, pur tenendo conto del contesto e della difficoltà di un giudizio storico a posteriori, rimane mortificante per la cristianità occidentale. Non dobbiamo dimenticare d’altra parte che, anche in quelle circostanze, non sono mancati uomini coraggiosi come Cornelius Loos e il gesuita E von Spes in Germania che, in nome della fede, si sono opposti a simili eccessi. Le vicende di quei secoli, in ogni caso, devono rendere i cristiani cauti nel giudicare la magia come un effetto diretto - sempre e in ogni circostanza - dei demonio. Dal punto di vista teologico, peraltro, non si può razionalisticamente ridurre la realtà delle pratiche magiche, specie quelle «nere», solo ad un fenomeno psichico deviante o ad un semplice atto peccaminoso dell’uomo. In tali pratiche non si può escludere un’azione o dipendenza da satana, avversario giurato dei Signore Gesù e della sua salvezza. Il diavolo - come ci insegna l’Apocalisse - sino alla fine dei tempi userà tutti i suoi poteri e la sua sagacia per ingannare i battezzati ed ostacolare la piena attuazione dei progetto salvifico di Dio sul mondo. «Tutta intera la storia umana afferma il Concilio Vaticano II - è pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre, lotta cominciata fin dall’origine del mondo, che durerà fino all’ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l’uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l’aiuto della grazia di Dio» (GS 37).

Commento: tutto il documento, che è reperibile on-line è interessantissimo! Auspicabile una conoscenza ed una diffusione corretta di questo atto di Magistero dei Vescovi tutti della regione Toscana.

da amarelachiesa.blogspot.com
TRADIZIONE

Nel mondo cristiano oltre alle verità di fede contenute nei due Testamenti vi è ancora, dice il Padre Campion, una parola di Dio non scritta a cui si dà nome di Tradizione.


Nel mondo cristiano vi è una vera fede, cioè una fede divina, fondata su la parola di Dio contenuta nei due Testamenti. Ma vi è ancora, dice il Padre Campion (Méthode pour discerner, etc.), una parola di Dio non scritta a cui si dà nome di tradizioni divine ed apostoliche, o semplicemente di Tradizione. In qualunque maniera Dio si spieghi, egli ha sempre la medesima autorità. Prima di Mosè non vi era parola di Dio scritta. Per oltre duemila anni i veri fedeli non si conservarono nella vera religione se non per mezzo delle tradizioni. Gli Apostoli medesimi predicarono il Vangelo prima che si scrivesse. Perciò S. Paolo diceva ai Tessalonicesi: «Fratelli miei, osservate le tradizioni che avete appreso, sia dai nostri discorsi, sia dalle nostre lettere» (II Thess. II, 14). Quello che predicava a viva voce non aveva minor forza né minore autorità di quello che insegnava per iscritto; e non si può negare che molte cose sono state rivelate, le quali non si trovano nella Scrittura, e che tuttavia noi dobbiamo credere, per esempio, che i quattro Vangeli, che le quattordici Epistole di S. Paolo, che le tre di S. Giovanni con la sua Apocalisse, sono stati inspirati dallo Spirito Santo. I cattolici ed i protestanti sono d'accordo su questo punto. Ora se i protestanti credono ciò di fede divina, bisogna che Dio abbia rivelato che tutti questi ,libri sono divini. Ciò posto, mi dicano i protestanti, dove si trova questa rivelazione? E certo che non s'incontra nella Sacra Scrittura, non occorrendo luogo in tutta la Bibbia nel quale si faccia l'enumerazione dei libri canonici. Ma se questo catalogo di libri santi non si trova nella Bibbia, come per certo non vi si trova, è assolutamente necessario ammettere una parola di Dio non scritta, che è la tradizione, poiché questa rivelazione su la quale poggia la fede, mediante la quale crediamo che la Bibbia è un libro divino e che è parola di Dio, è una festa divina e, per sentimento dei protestanti, il fondamento di tutti gli altri punti di fede. E questa la ragione per cui la Chiesa cattolica, apostolica, romana, ha sempre riconosciuto e ammesso una parola di Dio non scritta. Già dai suoi tempi S. Giovanni Crisostomo faceva rilevare come dal testo di S. Paola nella sua seconda epistola ai Tessalonicesi, chiaramente ne conseguisse che gli Apostoli insegnarono molte cose che non si trovano nella Scrittura, e a cui noi siamo obbligati a prestare la mede­sima fede che a quelle scritte (Orat. IV). Secondo Origene, la dottrina delle tradizioni per la quale noi sappiamo non esservi che quattro Vangeli, e dietro la quale crediamo gli altri libri canonici, ha per suoi assertori, testimoni e banditori tutti i santi Padri e i Dottori. Notissima a tutti è quella protesta di S. Agostino: «Non crederei al Vangelo, se non mi vi piegasse l'autorità della Chiesa cattolica (Epist. CLVII)». Il mede­simo Dottore dice in un altro luogo: «Gli illustri Pontefici di Dio mantennero esattamente quello che trovarono nella Chiesa; fedelmente insegnarono quello che essi appresero; consegnarono religiosamente ai figli ciò che ricevettero dai padri (Enchirid.)». Quindi quella massima del Lirinese: «Bisogna curare diligentemente che nella Chiesa cattolica si tenga quello che sempre e in ogni luogo e da tutti fu creduto (VINCENT. LIRIN.)». Infatti già osservava S. Gerolamo: Non è la Scrittura, ma la tradi­zione che insegna alla Chiesa che bisogna battezzare i bambini e non ribattezzare gli eretici che ritornano alla Chiesa; che invece del sabato si deve celebrare la domenica. La Quaresima è d'istituzione apostolica (Epist. LIV, ad Marc.). I protestanti credono al pari dei cattolici, contro Nestorio, che in Gesù Cristo vi è una sola persona, che è la persona divina, e non due, come stoltamente pretendeva quell'eresiarca: credono al pari di noi, che in Gesù Cristo vi sono due nature, la divina e l'umana, e non una sola, come sosteneva Eutiche. Ora questi due capitali articoli di fede non si trovano già chiaramente espressi nel Vangelo: noi li ammettiamo dietro le decisioni dei concili i quali l'avevano appresi dalla tradizione apostolica, cioè dalla parola di Dio trasmessa agli Apostoli, e da questi alla Chiesa. Del resto, non solamente nel citato passaggio dell'epistola ai Tessalonicesi, ma in altri luoghi ancora S. Paolo comanda espressamente di osservar le tradizioni. Nella medesima epistola, per esempio, al capo III scrive loro: «Noi vi ordiniamo, o fratelli, nel nome di Gesù Cristo, che vi separiate da quelli dei nostri fratelli, i quali vivono in modo sregolato e non secondo la tradizione che hanno ricevuto da noi» (II Thess. III, 6). Al discepolo Timoteo diceva: «In quanto a te, tu conosci la mia dottrina, la mia vita, il mio scopo, la mia fede, ecc. Rimani dunque saldo in ciò che hai imparato e che ti fu confidato, ben sapendo da chi l'hai appreso» (II Tim. III, 10-14). S. Paolo non fa parola di dottrina datagli per iscritto, ma di dottrina insegnatagli, confidatagli, cioè data a viva voce e per tra­dizione. «Confòrmati, gli ripete un'altra volta, alle sane parole che da me hai udito, nella fede e nell'amore in Gesù Cristo... E quello che da me hai inteso in presenza di molti testimoni, raccomandalo a persone fedeli le quali saranno poi idonee esse medesime ad istruire gli altri» (Ibid. I, 13; Ibid. II, 2). Noi vediamo che l'Apostolo mette a paro le verità che ha insegnato nei suoi discorsi con quelle che ha tracciato nei suoi scritti; e quelle e queste formano il deposito che confidava a Timoteo, ordinandogli di trasmetterlo a quelli che fossero capaci d'insegnare. Da, tutto ciò, che è incontestabile, tiriamo due conseguenze. La prima è che, se i protestanti rigettano le tradizioni della Chiesa, devono rigettare anche il nuovo Testamento, che queste tradizioni ammette quali pure sorgenti; che anzi rifiutino tutta quanta la Bibbia, perché è venuta fino a noi, a traverso i secoli, non per altra via, se non per quella della tradizione. La religione, sia scritta sia orale, non è forse sempre la medesima religione? E se la religione per tradizione può correre pericolo di venire alterata, non può esserlo ugualmente la religione per iscritto? Quand'anche non esistesse sillaba di Scrittura, la vera religione non cesserebbe perciò di sussistere e di perpetuarsi, come si è mantenuta per il corso di duemila anni, da Adamo fino a Mosè; e la religione cristiana anch'essa sul principio si è in questo modo mantenuta e diffusa in tutta la sua purezza per alcuni anni; poiché il nuovo Testamento non era ancora scritto, e l'antico non era ancora stato diffuso dovunque si trovavano dei fedeli. La seconda conseguenza è che Dio ha dovuto necessariamente stabilire un giudice della sua parola, sia scritta sia non scritta, per terminare le difficoltà che potrebbero insorgere e intorno al numero dei libri sacri, e riguardo alla fedeltà delle traduzioni, e riguardo al senso dei testi, e riguardo alla tradizione; e che questo giudice dev'essere vivente, parlante, perpetuo, infallibile, inspirato e diretto dallo Spirito Santo, per rendere certa la nostra fede (*). Vedi CHIESA, § Infallibilità. NOTE (*) La ragione e l'autorità, la storia e la tradizione proclamano ad una voce che questo giudice vivente, perpetuo, infallibile, inappellabile è la Chiesa docente, perché di lei fu detto da Colui che non può né mentire né venir meno: « Le forze dell'inferno non basteranno a superarla» (MATTH. XVI, 18). Ora, siccome il capo, la bocca, l'organo di questo corpo che si chiama Chiesa, è una parte di lei così sovreminente, sostanziale e necessaria che, per sentenza dei santi Padri, con lei s'immedesima, e dove si trova esso, si trova tutta e sola la vera Chiesa: - Ubi Petrus, ibi Ecclesia (S. Ambros.), perciò il buon senso del popolo fedele e la sana dottrina dei luminari del Cristianesimo furono sempre unanimi nell'attribuire al Romano Pontefice, qual successore del B. Apostolo Pietro e quindi capo e fondamento della Chiesa, la medesima prerogativa d'infallibilità di cui questa va adorna; sostenuto in questo sentimento dalla parola del Redentore il quale non contento d'aver indirettamente accennato a questo sublime privilegio di Pietro chiamandolo e costituendolo fondamento sul quale avrebbe fondato la sua Chiesa: - Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam (MATTH., XVI, 18), apertamente glielo attribuì allorquando l'assicurò ch'egli aveva pregato per lui individualmente e personalmente affinché la sua fede non venisse mai meno e che in virtù di questa sua preghiera, la fede di lui si sarebbe mantenuta in ogni tempo così ferma, così pura, così viva da essere in grado di rassodare, appurare, vivificare quella di tutto il corpo: ­ Ego rogavi pro te, Petre, ut non deficiat fides tua; et tu ali quando conversus confirma fratres tuos (LUC., XXII, 32). Quello però che fino al presente era stato un sentimento, non dico comune, ma universale nella Chiesa di Gesù Cristo, perché da pochi Giansenisti e in tempi recenti fu messo in dubbio, adulterato, travisato, venne finalmente professato in chiari termini, dichiarato e promulgato qual domma cattolico, cui il contraddire è eresia, dal santo Concilio Ecumenico Vaticano 1° radunato in Roma dal Papa Pio IX il giorno 8 dicembre 1869. Infatti sul fine del Capo IV della 1a Costituzione dogmatica - De Ecclesia Christi - votato nella IV Sessione pubblica tenuta si il 18 luglio 1870 e numerosa di 535 Padri. Così si legge: - Traditioni a fidei christianae exordio perceptae fideliter inhaerendo... docemus et divinitus revelatum dogma esse definimus: Romanum Pontificem, cum ex Cathedra loquitur, idest cum omnium Christianorum Pastoris et Doctoris munere fungens, pro suprema sua Apostolica auctoritate doctrinam de fide vel moribus ab universa Ecclesia tenendam definit, per assistentiam divinam, ipsi in B. Petro promissam, ea infallibilitate pollere, qua divinus Redemptor Ecclesiam suam in definienda doctrina de fide vel moribus instructam esse voluit; ideoque eiusmodi Romani pontificis definittones ex sese, non autem ex consensu Ecclesiae, irreformabiles esse. Si quis autem huic Nostrae definitioni contradicere... praesumpserit .anathema sit. ­ Dunque il sacro Concilio, attenendosi alla tradizione venuta a noi fino dai primi secoli della Chiesa, insegna e definisce essere dogma divinamente rivelato, che il Romano Pontefice, allorquando dichiara di parlare in qualità di Pastore e di Dottore di tutti i Cristiani, e in virtù della suprema sua autorità apostolica definisce qualche dottrina appartenente alla fede e ai costumi, e la propone da credersi da tutta la Chiesa, gode in virtù dell'assistenza divina promessagli nella persona di Pietro, della medesima infallibilità di cui dotò la sua Chiesa il Redentore divino; di modo che le sue cosiffatte definizioni sono irreformabili di per se stesse, senza che vi sia bisogno del convalidamento d'alcun concilio, o dell'accettazione della Chiesa.

domenica 21 settembre 2008

Chiamati a lavorare nella vigna del Signore, questa domenica ci invita a prendere coscienza che noi siamo fatti per portare frutti di vita, di amore e di pace, uniti a Cristo, la vite vera piantata dentro di noi. Buona domenica. pben


XXV Domenica del Tempo Ordinario A

NELLA VIGNA

Andate anche voi nella mia vigna
(Mt 20,7)

La vigna del Signore, umanità in attesa,
che cerca operatori di misericordia,
che annunciano la salvezza al mondo
e offrono vino e sangue che rigenerano.

Molte sono le attese dell’uomo:
fame di cibo, di giustizia e di fraternità;
ha bisogno di sentirsi redento
e vedere davanti a sé spiragli di vita.

Lavoro, occupazioni, mestieri
hanno sempre rappresentato l’uomo
che sa fare, inventare e costruire;
il proprio sudore per garantire il pane.

E la vita trascorre decisamente veloce,
ma senza risposte al cumulo
di problemi e domande
che assillano i cuori sensibili.

E la gente scava e scava, impazzita,
dovunque si trova; mucchi di terra
che sembrano tumuli che nascondono
i cadaveri delle nostre insoddisfazioni.

Nessun ordine nelle cose: tutto alla
rinfusa, provvisorio, quasi selvaggio…
e l’uomo non ritrova se stesso
in quello che fa, ma soffre inutilmente.

Dio prepara una vigna per noi,
vangata e sgombrata dai sassi;
pianta viti scelte per il suo popolo
e, aspettando frutti, canta l’amore.

L’uomo può ritrovare ora la sua nuova
dimensione, governata dalla sapienza.
Può portare frutti di vita eterna,
se diventa tralcio della vite vera.

Gesù è la vigna ordinata e feconda,
entra nell’anima per piantare cespiti
d’amore; fiorisce al sole della sua Parola
e matura per la coppa della nuova alleanza.

Vai anche tu nella mia vigna diletta,
pianta viti scelte d’amore e di gioia;
proteggi il tuo operare con il recinto della pace
e non sia saccheggiato dai predatori.

La tua ricompensa è il frutto stesso
della vite, il sangue del riscatto:
è Cristo il salario degli umili operai
della vigna, riscattati dall’amore.

Pben 21, ix, 2008
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Dal vangelo secondo Matteo ( Mt 20, 1-16 )
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornatalavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».