martedì 2 dicembre 2008
domenica 30 novembre 2008
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 13,33-37.
State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso. E' come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare. Vigilate dunque, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!».
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San Pascasio Radberto (? - circa 849), monaco benedettinoCommento al vangelo di Matteo, lib. 2, c.24 ; PL 120, 799
« State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso »
Noi dobbiamo sempre tener presente al pensiero la duplice venuta di Cristo: l'una quando apparirà e dovremo render conto di tutte le nostre azioni; l'altra di ogni giorno, quando egli visita di continuo le nostre coscienze e viene a noi, affinché al suo arrivo ci trovi preparati. Che giova a me conoscere quale sarà il giorno del giudizio, mentre ho coscienza di tanti peccati? Sapere se il Signore verrà o quando verrà, se non viene dapprima nella mia anima, e non ritorna nel mio spirito, se Cristo non vive in me e mi parla? È per me un bene la sua venuta, se già Cristo vive in me, e io in lui. E per me è già quasi l'ora del suo secondo avvento quando i valori di questo mondo si ecclissano al mio sguardo e in un certo modo posso dire: «Il mondo per me è stato crocifisso, e io per il mondo» (Gal 6,14).Considera anche queste altre parole di Cristo: «Molti verrano nel mio nome» (Mt 24,5). Questo falso caratterizza l'anticristo che si assuma il nome di Cristo... In nessun luogo delle Scritture si trova che il Signore abbia usato l'espressione: «Io sono il Cristo». Gli bastava dimostrare con la dottrina e i miracoli che lo era realmente, perché in lui l'opera del Padre, la dottrina che insegnava e la sua potenza gridavano: «Io sono il Cristo» molto più che se lo gridassero mille voci. Non so se si trovi che Egli l'abbia affermato con le parole, ma dimostrò di essere il Cristo «compiendo le opere del Padre» (Gv 5,36) e insegnando l'amore. I falsi cristi, non possedendo questo, a parole proclamavano di essere ciò che non erano.
OCCHI APERTI
Quello che dico a voi,
lo dico a tutti: Vegliate! (Mc 13,37)
Vegliare, significa attendere con desiderio,
il compiersi dell’evento annunciato:
è già possedere, nella speranza, la luce
perché la promessa di Dio non delude.
Vegliare è proprio del cuore ferito e solo
che ascolta il lieto annuncio e gioisce,
desiderando, con tutte le forze rimaste,
il pieno svelamento del mistero.
Vegliare è fare memoria di Dio,
è cantare le sue lodi, aspettando
la sua manifestazione di gloria,
la salvezza promessa e desiderata.
Vegliare è consapevolezza che la storia
è condotta da Dio e non dall’uomo;
un disegno d’amore che si forma
giorno per giorno, per giungere a Lui.
Vegliare è lasciare che Dio operi
con il suo ritmo di padre amoroso
che cerca il figlio smarrito nell’ombra
e aspetta il ritorno del redento.
Vegliare è condividere con Dio
le ansie per tutti gli uomini; significa
essere dentro la storia umana e gridare
perché la sua salvezza non tardi a venire.
Vegliare è entrare nell’anima
di ogni uomo che soffre e si trova solo;
è farsi carico delle paure insidiose
che si annidano nei cuori impauriti.
È combattere le desolazioni del deserto:
solitudini tra sposi, tra genitori e figli,
fratelli, amici che si sono dimenticati,
tra persone, pur vicine, che si ignorano.
Vegliare è pregare con Gesù
nel giardino, prima della sua passione;
è entrare nella croce, senza ombra
di ribellione, per risorgere con lui.
La salvezza del Regno promesso è vicina,
è presente, in modo vivo e reale,
nella persona divina fatta carne e sangue:
è il Signore che ci insegna a vegliare.
E la notte si rischiara di speranza,
il desiderio dell’alba feconda in noi la vita
e trasforma l’attesa in evento di salvezza
per insegnare agli uomini a tenere
gli occhi aperti, aspettando il momento
del ritorno desiderato del Signore.
padrebenedetto 30, xi, 2008
Noi uomini siamo immersi nel TEMPO e viviamo nella storia. Il mistero di Cristo è perciò sviluppato nel corso dei giorni dell’anno, perché noi possiamo fare esperienza storica e personale di incontro con Gesù e della sua salvezza. L’Incarnazione del Figlio di Dio ha luogo nella storia umana e noi possiamo vederla realizzata in noi, giorno dopo giorno, anno dopo anno, per crescere in ogni cosa verso di lui che è il capo, Cristo (Ef 4,15).
L’Avvento è un TEMPO DI ASCOLTO della Parola di Dio che illumina la nostra vita. Nelle sacre celebrazioni la lettura della Sacra Scrittura sia più abbondante, più varia, meglio scelta (raccomanda il Concilio Vat. II SC 35).
È un TEMPO DI CONVERSIONE (Lc 3,3), in risposta al forte richiamo di Giovanni Battista, per preparare la via del Signore, con un cuore ben disposto.
L’Avvento è un TENPO DI PREGHIERA: in comunione con tutta la Chiesa noi gemiamo interiormente, aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo (Rm 8,23).