venerdì 22 agosto 2008

giovedì 21 agosto 2008

VIVA DIO SANTO AMORE!

San Bernardo e la Vergine Maria


Come pregavano i monaci guerrieri
nelle carceri di Filippo il Bello

di Barbara Frale

Uno degli argomenti che negli ultimi anni ha scosso con particolare forza la curiosità dei lettori - e di riflesso solleticato l'interesse degli editori - è quello dei Templari, l'ordine religioso-militare più potente del medioevo. L'istituto nacque a Gerusalemme subito dopo la Prima Crociata da una confraternita di militari laici guidata dal cavaliere francese Hugues de Payns: erano un gruppo di volontari che avevano scelto di vivere presso il Santo Sepolcro offrendo la loro abilità di guerrieri per difendere i pellegrini in viaggio lungo le rotte della Terra Santa, infestate dai predoni islamici che si gettavano sui convogli e li massacravano. Il re di Gerusalemme Baldovino intuì che la confraternita poteva crescere fino a diventare un vero e proprio corpo militare scelto, prezioso ausilio per difendere il regno cristiano; esisteva però un grosso problema: nella mentalità religiosa del tempo il servizio di Dio e la vita consacrata erano visti come cose incompatibili con il mestiere delle armi. Consapevole che un progetto così ardito non avrebbe facilmente ottenuto il consenso del Papa, il re di Gerusalemme fece appello alla personalità spirituale più influente dell'epoca, un uomo dotato di un'eloquenza incredibile associata a un carisma fuori del comune: san Bernardo abate di Chiaravalle. Figlio di un famiglia nobile che lo aveva destinato a essere cavaliere ed ereditare un'esistenza di privilegi, Bernardo si era fatto monaco benedettino contro la volontà dei suoi genitori, convinto che la sola vera felicità terrena (oltre alla vita eterna) si conseguisse nella pace del chiostro. L'abate di Chiaravalle incarnava appieno l'ideale fondamentale dello spirito monastico, il contemptus mundi, ovvero il disgusto verso le logiche che muovono la vita mondana, le quali nel primo XII secolo non erano molto diverse da quelle attuali: la centralità del denaro e del profitto economico, il potere come strumento per beffare la giustizia, il ricorso quotidiano a pratiche immorali - quali la vendita delle cariche religiose, la prostituzione, il tradimento politico - per salire socialmente. San Bernardo non era solo un teologo, era un mistico, concetto che forse oggi è impossibile comprendere appieno. Ma proviamo a fare un esempio: il fedele comune è colui che nelle avversità della vita si avvicina a Cristo mentre porta il patibolo lungo la via della croce, e su quella croce si abbandona con tutto il suo peso lasciandosi trasportare come il naufrago su un tronco verso la riva; il mistico invece si mette sotto il patibolo insieme a Gesù, e lo aiuta a trasportare il peso della croce con tutti quelli che vi stanno abbandonati sopra. Fu grazie alla mediazione di san Bernardo che Papa Onorio II approvò la fondazione dell'ordine templare nel Concilio di Troyes del 1129: dovette pensare che da un uomo del genere potessero venire solo frutti buoni. Lo spirito originale che animava il Tempio era ispirato a quello del monachesimo benedettino, al principio fondamentale dell'ora et labora: i Templari infatti prendevano i tre voti monastici di povertà, obbedienza e castità, dividevano la loro vita fra le preghiere nel convento e l'attività militare, intesa proprio nel senso di labor (in latino "fatica, dolore"), dunque un sacrificio offerto a Dio per difendere i più deboli. Mentre il monaco benedettino di tipo tradizionale spendeva la parte quotidiana del suo labor coltivando la terra, svolgendo attività artigianali o ricopiando preziosi manoscritti nello scriptorium del convento, il Templare si esercitava al combattimento e scendeva in campo quando la campana suonava l'allarme. A causa della vocazione militare i Templari non potevano essere consacrati sacerdoti: un'antichissima e severissima proibizione canonica vietava che le specie eucaristiche potessero essere toccate da persone che avevano commesso omicidio, seppur per motivi di difesa. Le funzioni, con l'approvazione di Papa Innocenzo ii, furono affidate ai cappellani che, pur essendo Templari a tutti gli effetti, si occupavano esclusivamente del culto. Cresciuto a dismisura grazie all'entusiasmo popolare, come pure al favore dei Papi e dei sovrani di tutta la cristianità, nel giro di appena cinquant'anni il Tempio divenne un organismo diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo: in Occidente le sue installazioni erano soprattutto efficientissime fattorie che producevano beni di ogni tipo, i quali venivano venduti per ricavare denaro da trasferire in Terra Santa e sostenere i costi della difesa del regno. In sintesi, si potrebbe forse definire una multinazionale al servizio della crociata. Nel 1307 il re di Francia Filippo IV il Bello attaccò l'ordine e lo mise sotto processo con l'appoggio dell'Inquisizione di Francia. L'accusa era quella di eresia: secondo un'ordinanza d'arresto scritta dal braccio destro del sovrano, lo stesso giurista Guillaume de Nogaret che aveva partecipato all'attentato di Anagni contro Papa Bonifacio VIII (1303), i Templari praticavano in segreto riti pagani e avevano voltato le spalle alla fede cristiana. Grazie a fortunati ritrovamenti di atti originali conservati presso l'Archivio Segreto Vaticano oggi sappiamo che la disciplina primitiva del Tempio, il suo spirito autentico, nel tempo si erano corrotti entrando in decadenza e lasciando aperta la porta alla diffusione del malcostume; ma i Templari non erano affatto diventati eretici in massa e il processo fu essenzialmente un mezzo per mettere le mani sul loro patrimonio, come del resto disse chiaramente Dante Alighieri nel canto XX del Purgatorio. L'arresto di tutti i Templari di Francia ordinato da Filippo il Bello era un atto assolutamente illegale perché solo il Papa aveva facoltà di indagare su un ordine religioso della Chiesa di Roma, quale era appunto quello del Tempio. Pressato dalle emergenze finanziarie, con il regno di Francia sull'orlo della bancarotta, Filippo il Bello di fatto ne incamerò i beni sicuro di poter convincere Papa Clemente v (Bertrand de Got, 1305-1314), a condannare l'ordine dopo un processo-lampo. Il Pontefice invece reagì con un'energia inaspettata: dopo ben cinque anni di intense guerre diplomatiche, ricattato dal sovrano che lo minacciava di aprire uno scisma se si ostinava ancora a voler salvare i Templari, il Papa soppresse l'ordine senza mai pronunciare una sentenza e nel Concilio di Vienne del 1312 fece mettere agli atti che il processo non aveva fatto emergere prove concrete di eresia a loro carico. Il 18 marzo 1314, visto che Clemente v non si decideva a emettere una sentenza sui capi dell'ordine, Filippo il Bello fece rapire il gran maestro Jacques de Molay e un altro grande dignitario, il precettore di Normandia Geoffroy de Charny, e li fece bruciare sul rogo a Parigi, su un'isoletta della Senna. Secondo un testimone oculare del rogo il maestro poco prima di morire chiamò il sovrano e il Papa a comparire dinanzi al Tribunale di Dio: poiché Clemente v morì appena un mese dopo - sfinito da una malattia che lo affliggeva da molto tempo - e Filippo il Bello nel volgere di un anno - per un incidente di caccia - la fantasia popolare ricollegò questi due eventi alle parole di Jacques de Molay: ne nacque la leggenda di una "maledizione" dei Templari che si sarebbe abbattuta sulla casa reale di Francia, culminata nella morte di re Luigi XVI sulla ghigliottina durante la Rivoluzione Francese. Il filone della leggenda da quel momento non si è mai esaurito, anzi ritorna in auge periodicamente con nuova forza e ogni volta appare colorato di tinte nuove: ne sono un buon esempio i molti racconti e libri di fantasia usciti di recente sul tema, fra i quali spiccano i romanzi d'avventura Il codice da Vinci di Dan Brown e Il pendolo di Foucault di Umberto Eco (di ben altro calibro letterario). Sotto le luci della ribalta sta la figura inquietante del Bafometto, una specie di mostruosa statua metà uomo e metà caprone che dovrebbe raffigurare l'idolo segreto dei Templari: invece fu inventato di sana pianta dal gusto neogotico di alcuni collezionisti del primo Ottocento. Così accade che gli appassionati, a volte persino gli storici di mestiere, subiscano il fascino della leggenda templare dimenticando di guardare con attenzione i documenti, quelli che contengono la verità. Ignorate per secoli fino al punto di essere credute smarrite, queste antiche carte tornano alla luce e restituiscono tesori della cultura (ma anche della spiritualità) che forse nessuno immaginava. Come ad esempio il testo di una preghiera bellissima, commovente, che alcuni Templari composero durante i lunghi anni di prigionia nelle carceri di Filippo il Bello. Fu letta durante il processo, ma gli storici non l'hanno mai valorizzata forse perché essi stessi sono incuriositi soprattutto dagli aspetti misteriosi, diciamo pure oscuri della vicenda. È un canto accorato che parla di dolore, interminabili attese, angoscia ma anche speranza. Fu scritta dai Templari in prigione, ma potrebbe essere recitata da chiunque si trovi in un momento di sconforto e difficoltà. È un documento pieno di poesia, e incredibilmente non è mai stato studiato. Ne riportiamo un passo:

"Santa Maria, madre di Dio, piissima, gloriosa, santa genitrice di Dio, preziosa e sempre vergine Maria, salvezza di chi è alla deriva, consolazione di chi spera, tu che conforti e difendi chi si pente dei suoi peccati, dona a noi consiglio e difesa; e proteggi l'ordine religioso tuo, che fu fondato dal beato Bernardo tuo santo confessore con altri uomini buoni della Santa Chiesa di Roma, e dedicato a te, santissima e gloriosissima. Te imploriamo umilmente, concedi la libertà per il nostro ordine, con l'intercessione degli angeli, degli arcangeli, dei profeti, degli evangelisti, degli apostoli, dei martiri, dei confessori, delle vergini, e nonostante tutte le calunnie rovesciate su di noi dai bugiardi, come tu sai, i nostri avversari siano ricondotti alla verità e alla carità, sicché noi possiamo serbare i nostri voti e i comandamenti del Signore nostro Gesù Cristo tuo figlio, che è difensore, creatore e redentore nostro, salvatore pieno di misericordia, Dio che vive e regna nei secoli dei secoli. Amen".

Non c'è da stupirsi se poco più tardi, nel Concilio di Vienne del 1312, Papa Clemente V farà mettere agli atti che i Templari non erano eretici; e anche se costretto a chiudere l'ordine per evitare che Filippo il Bello aprisse uno scisma in seno alla Chiesa cattolica, chiarì espressamente che l'ordine del Tempio non poteva essere condannato. Bafometti e altri mostri a parte, sulla storia dei Templari c'è ancora davvero tanto da indagare. E lo studio della spiritualità di questo antico ordine religioso darà alla cultura contemporanea altri notevoli spunti di discussione.
(©L'Osservatore Romano - 21 agosto 2008)
Benedetto XVI
I veggenti di Fatima

È stata dedicata alla santità la riflessione proposta dal Papa ai fedeli che hanno partecipato all'udienza generale, svoltasi mercoledì 20 agosto a Castel Gandolfo. Benedetto XVI ha riproposto la testimonianza di santi e beati. Ha ricordato che la santità "non è un lusso" e che non è necessario essere famosi per essere santi: anzi quelli i cui nomi sono noti solo a Dio, ha detto, "sono i santi che Dio vuole".

Cari fratelli e sorelle! Ogni giorno la Chiesa offre alla nostra considerazione, uno o più santi e beati da invocare e da imitare. In questa settimana, ad esempio, ne ricordiamo alcuni molto cari alla devozione popolare. Ieri, san Giovanni Eudes, che di fronte al rigorismo dei giansenisti - siamo nel secolo XVIi - promosse una tenera devozione, le cui fonti inesauribili egli indicò nei sacri Cuori di Gesù e di Maria. Quest'oggi ricordiamo san Bernardo di Chiaravalle che, dal Papa Pio viii fu chiamato "dottore mellifluo", perché eccelleva "nel far distillare dai testi biblici il senso che vi si trova nascosto". Questo mistico, desideroso di vivere immerso nella "valle luminosa" della contemplazione, fu condotto dagli eventi a viaggiare per l'Europa per servire la Chiesa, nelle necessità del tempo e per difendere la fede cristiana. È stato definito anche "dottore mariano" non perché abbia scritto moltissimo sulla Madonna, ma perché ne seppe cogliere l'essenziale ruolo nella Chiesa, presentandola come il modello perfetto della vita monastica e di ogni altra forma di vita cristiana. Domani ricorderemo san Pio x, che visse in un periodo storico travagliato. Di lui Giovanni Paolo ii ebbe a dire, visitandone il paese natale nel 1985: "Ha lottato e sofferto per la libertà della Chiesa, e per questa libertà si è rivelato pronto a sacrificare privilegi ed onori, ad affrontare incomprensione e derisione, in quanto valutava questa libertà come garanzia ultima per l'integrità e la coerenza della fede" (Insegnamenti di Giovanni Paolo ii viii, 1, 1985, p. 1818). Venerdì prossimo sarà dedicato alla Beata Maria Vergine Regina, memoria istituita dal Servo di Dio Pio xii nel 1954, e che il rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano ii ha posto a complemento della solennità dell'Assunta, poiché i due privilegi formano un unico mistero. Sabato, infine, pregheremo santa Rosa da Lima, prima santa canonizzata del continente latinoamericano, del quale è patrona principale. Santa Rosa amava ripetere: "Se gli uomini sapessero che cos'è vivere in grazia, non si spaventerebbero di nessuna sofferenza e patirebbero volentieri qualunque pena, perché la grazia è frutto della pazienza". Morì a 31 anni nel 1617, dopo una breve esistenza intrisa di privazioni e di sofferenza, nella festa di san Bartolomeo apostolo, del quale era molto devota, perché aveva patito un martirio particolarmente doloroso. Cari fratelli e sorelle, giorno dopo giorno la Chiesa ci offre dunque la possibilità di camminare in compagnia dei santi. Scriveva Hans Urs von Balthasar che i santi costituiscono il commento più importante del Vangelo, una sua attualizzazione nel quotidiano e quindi rappresentano per noi una reale via di accesso a Gesù. Lo scrittore francese Jean Guitton li descriveva "come i colori dello spettro in rapporto alla luce", perché con tonalità e accentuazioni proprie ognuno di loro riflette la luce della santità di Dio. Quanto importante e proficuo è, pertanto, l'impegno di coltivare la conoscenza e la devozione dei santi, accanto alla quotidiana meditazione della Parola di Dio e a un amore filiale verso la Madonna! Il periodo delle ferie costituisce certamente un tempo utile per prendere in mano la biografia e gli scritti di qualche santo o santa in particolare, ma ogni giorno dell'anno ci offre l'opportunità di familiarizzare con i nostri celesti patroni. La loro esperienza umana e spirituale mostra che la santità non è un lusso, non è un privilegio per pochi, un traguardo impossibile per un uomo normale; essa, in realtà, è il destino comune di tutti gli uomini chiamati ad essere figli di Dio, la vocazione universale di tutti i battezzati. La santità è offerta a tutti; naturalmente non tutti i santi sono uguali: sono infatti, come ho detto, lo spettro della luce divina. E non necessariamente è grande santo colui che possiede carismi straordinari. Ce ne sono infatti moltissimi i cui nomi sono noti soltanto a Dio, perché sulla terra hanno condotto un'esistenza apparentemente normalissima. E proprio questi santi "normali" sono i santi abitualmente voluti da Dio. Il loro esempio testimonia che, soltanto quando si è a contatto con il Signore, ci si riempie della sua pace e della sua gioia e si è in grado di diffondere dappertutto serenità, speranza e ottimismo. Considerando proprio la varietà dei loro carismi, Bernanos, grande scrittore francese che fu sempre affascinato dall'idea dei santi - ne cita molti nei suoi romanzi - nota che "ogni vita di santo è come una nuova fioritura di primavera". Che ciò avvenga anche per noi! Lasciamoci per questo attrarre dal soprannaturale fascino della santità! Ci ottenga questa grazia Maria, la Regina di tutti i santi, Madre e Rifugio dei peccatori!

(©L'Osservatore Romano - 21 agosto 2008)
No comment!

C’è chi vuole processare Benedetto XVI a causa dei Templari

Tra i tanti che rivendicano l’eredità dei Templari c’è anche un gruppo spagnolo che ha fatto causa al Papa.
Le “storie” sui Templari da adesso non sono più solo confinate alle pagine dei libri tipo Codice da Vinci, nei documentari TV, i film o nelle menti di neotemplari con “patente di gran maestro”. Tanto per non farsi mancare nulla, i cosiddetti successori di Larmenius, che sono in competizione per il primato di chi la spara più grossa, hanno pensato di portare il Papa in tribunale.
L'Asociación Orden Soberana del Temple de Cristo, che assicura essere erede dei Templari, ha appena denunciato papa Benedetto XVI ad un Tribunale di Madrid, chiedendo la revisione del processo che 700 anni fa (1312) portò alla soppressione dell'Ordine. Il Papa risulta denunciato in quanto successore di Clemente V e non in quanto Capo di Stato del Vaticano. Con la revisione del processo questi nuovi Templari non vogliono la restituzione dell'immenso patrimonio, oggi valutato intorno ai 100 miliardi di euro, ma semplicemente "che il Tribunale possa farsi un'idea delle dimensioni dell'operazione tramata contro il nostro Ordine". Il patrimonio contava su circa 9 mila proprietà, più diritti su terre, mulini, porti e imbarcazioni. "Non vogliamo causare il fallimento economico della Chiesa Romana" scrivono nella denuncia i cosiddetti eredi del leggendario Ordine.
La causa sembra sia basata sulla scoperta avvenuta nel 2002 di alcuni documenti, chiamati la “Pergamena di Chinon”, che dimostrerebbero che Clemente V cercò di salvare i Templari dalle macchinazioni di Filippo IV, affermando che non erano eretici e che l’Ordine poteva essere riformato e salvato dalle accuse che gli venivano mosse. Ma vista la determinazione del re di Francia, il papa decise alla fine di lasciarli al loro destino.
La denuncia è stata respinta in prima istanza, in quanto la giudice ha motivato la sua decisione con il fatto che il Tribunale non ha giurisdizione per riaprire un processo chiuso 700 anni fa, essendo più che altro "materia per gli storici" (in effetti, manca solo che qualcuno chiami a processo gli eredi di Bruto per i fatti delle Idi di marzo del 44 a.C., o magari per rivedere in cassazione il processo a Gesù Cristo). Ma l'Asociación non demorde e aspetta il responso dell'Appello.

gb

mercoledì 20 agosto 2008


SAN BERNARDO DI CHIARAVALLE

RESPICE STELLAM

Perché siano come noi una cosa sola
(Gv 17,22)

Padre di comunità monastiche
e amante della solitudine,
hai vissuto intimamente unito a Cristo
e celebrato la sua presenza nella chiesa.

Maestro di vita cristiana
e cultore dell’Opus Dei, hai fatto fiorire
nelle anime la lode gioiosa a Dio
per dare senso ad ogni operare dell’uomo.

Hai sofferto nel fragile corpo
le ansie dell’anima assetata d’amore;
e hai liberato gli slanci del cuore
da ogni legame terreno e carnale.

Hai cantato con la sposa di Cristo
le bellezze dell’amore verginale;
hai corso nella notte oscura
alla ricerca dell’amato dell’anima.

Nelle Lodi alla Vergine Madre
hai trovato la via sicura per giungere
al cuore del Figlio; alla sua scuola
hai imparato l’umiltà e svelato il segreto

dell’amore vero, sincero e fecondo
che fa toccare con mano Dio Padre,
Dio Figlio e Dio Spirito santo,
presente in ogni fratello da servire.

Così hai sperimentato in terra
le delizie del cielo, dimenticando
i legami profani e considerando tutti
gli uomini fratelli già redenti da Cristo.

Gioiosamente disponibile a tutto:
alla cura fraterna e dolce dei discepoli,
alla predicazione della verità per difendere
l’unità della chiesa e la fede cristiana.

Nascosto nel chiostro e presente
nella piazza per la gloria di Cristo;
fondatore di comunità monastiche
esemplari per l’umiltà e il servizio.

L’ardente zelo apostolico ti ha spinto
verso le anime che poi raccoglievi
attorno alla tua cella, piene di desiderio
di conversione, di santità e di amore.

Hai strappato i condannati dal patibolo
per legarli alla croce di Cristo.
Hai istruito papi, difeso luoghi santi,
santificato zelanti cavalieri del Tempio.

Hai amato con infinita tenerezza la Madre
e con Lei hai glorificato il Figlio,
hai servito la chiesa, hai edificato
nell’unità tutti i discepoli del Signore.

Dolcissimo Padre Bernardo, intercedi
per noi presso colei che è stata sempre
la tua stella polare verso il porto sicuro.
Ricordaci a Lei , pietosissima Madre.

Pben 20 VIII 2008

martedì 19 agosto 2008

Fratelli e sorelle,
tutti i cristiani sono chiamati alla santità.
Chi non risponde a questo progetto Divino è un fallito.
Per non essere dei falliti preghiamo ed agiamo nei fatti.

Signore Dio, aiutaci a vivere in modo santo, fa' che riconosciamo in te il vero autore di ciò che intraprendiamo e possiamo così, con l'aiuto dei tuoi santi apostoli che tu hai chiamato perché fossero con te, essere un chiaro segno del tuo regno per la Chiesa e per il mondo intero.
la Parola

lunedì 18 agosto 2008


«Quanto più si è buoni, tanto più si è cattivi, se si attribuisce a proprio merito ciò per cui si è buoni.»

(San Bernardo di Chiaravalle, Sermones super Cantica Canticorum, LXXXIV)
XX Domenica del Tempo Ordinario A

PROVVIDA TAVOLA

Anche i cagnolini si cibano delle briciole
che cadono dalla tavola dei loro padroni

(Mt 15,27)

Fede che trasporta le montagne,
nuovo rapporto con Dio che è Padre:
egli nutre e cura i suoi figliolini
con la tenerezza dell’ amore materno.

Provvido con i figli che porta in grembo:
non esistono più le catene del timore cieco,
non più il fato inesorabile che si compie,
ma la presenza umana del Dio con noi.

Egli rassicura ogni credente che lo ama
e chiede di fare la sua amabile volontà:
il cibo delizioso che cade dalla sua mensa
fa crescere chi attende la sua venuta.

Con fiducia i cagnolini, sotto la tavola,
aspettano gioiosi il gesto del commensale:
briciole d’amore cadono a terra,
come pioggia feconda di speranza.

L’amore del Padre non dimentica
di nutrire gli uccelli del cielo e
di rivestire di candore i fiori del campo,
ascolta il grido del povero ed esaudisce

le suppliche di chi lo invoca con lacrime;
sorride ai semplici e ai piccoli,
guarda gli umili e si fa loro prossimo
confondendosi anche lui con i cagnolini.

La fede è la dimensione ritrovata della vita;
quando mi sento azzerato in tutto
e ho fallito con le mie sole forze,
aspetto in silenzio Dio che passa,

lasciando scendere come pioggia d’amore
le sue benedizioni su quelli che,
senza timore né ansia alcuna,
sono sicuri dei suoi doni inesauribili.


pben 17, VIII, 2008