sabato 18 ottobre 2008


LA VOLONTÀ


1. Eccellenza della buona volontà.
2. Debolezze della nostra volontà.
3. Qual è la volontà, tale è l'uomo.
4. Guai a quelli che seguono la propria volontà.
5. La propria volontà è il più infesto nemico dell'uomo.

1. ECCELLENZA DELLA BUONA VOLONTÀ


Quanto sia eccellente la buona volontà, si può vedere dal fatto che a lei fu diretto il primo saluto che partì dal cielo riconciliato con la terra, per mezzo dell'Incarnazione del Verbo; a lei fu augurata e promessa la cosa più dolce che possa godere l'uomo nel mondo, la pace. Venuti gli An­geli ad annunziare la nascita del Salvatore ai pastori, dissero loro: «Sia pace in terra agli uomini di buon volere» (Luc. II, 14). Paolo cominciò ad amare Gesù, a glorificarlo, a farlo amare e glorificare; fu scelto ad essere un vaso di elezione, l'Apostolo delle genti, destinato a portare il nome di Gesù Cristo innanzi ai re, ed ai popoli della terra, soltanto quando ebbe detto: «Signore, che cosa volete che io faccia?» (Act. IX, 6). Quindi tra i suoi più cari saluti noi troviamo questo: «Che il Dio della pace vi faccia atti ad ogni bene, affinché adempiate il suo volere» (Hebr. XIII, 20-21).
«Agli occhi di Dio, scrive S. Gregorio, la nostra mano non è mai vuota di offerte, se il nostro cuore è pieno di buona volontà: poiché non si può fare a Dio un dono più prezioso che quello di una buona volontà (Homil. V in Evang.)». Ecco perché S. Agostino ne fa una sola e medesima cosa con la carità (Enchirid.); «Abbi volontà di convertirti, e Dio è subito pronto ad aiutarti perché ti rialzi. E se non puoi essere quello che vorresti, fa' di volere quel che puoi (De Morib. Eccles.)». S. Bernardo dice: «Dio non guarda tanto a quello che fate, quanto alla volontà con cui lo fate (In Evang.)».
Insegnano i teologi che a chi fa quello che può, Dio viene in aiuto... Se voi dunque non potete fare grandi cose, o largheggiare in offerte; abbiate almeno una grande e generosa volontà, ed estendetela in certo qual modo all'infinito. Per es., voi siete povero: abbiate desiderio e volontà di fare copiose limosine se poteste, e voi sarete agIi occhi di Dio un largo elemosiniere e, quel che è più, ne avrete presso di lui tutto il merito... «Poiché se la volontà è disposta, dice S. Paolo, essa è accettata e rimunerata secondo quello che ciascuno ha, non secondo quello che non ha» (II Cor VIII, 12). E non è questo un dirci che Dio guarda piuttosto alla volontà che al dono? Il merito e la perfezione di un'opera stanno nella volontà. Siamo dunque uomini di buona volontà e arriveremo alla perfezione.

2. DEBOLEZZE DELLA NOSTRA VOLONTÀ


«Senza di me, dice Gesù Cristo, voi non potete fare nulla» (IOANN. XV, 5). La nostra buona volontà non è capace di nulla di bene, senza l'aiuto di Dio... A tutti è noto che Pietro negò il suo divin Maestro, intimidito dalla voce di una fantesca: eppure egli si credeva assai forte, perché poche ore prima aveva detto risolutamente a Gesù: «Ancorché me n'andasse della vita, non vi rinnegherò giammai» (MATTH. XXVI, 35). E il Vangelo nota che, dopo di lui, fecero la medesima protesta tutti gli altri discepoli (Ibid.). Viene la sera e tutti lo abbandonano nel giardino degli ulivi. Tre sono le ragioni della caduta di Pietro: 1° la troppa fiducia nella sua volontà; 2° l'imprudenza di mettersi in mezzo a quei malfattori; 3° perché, dovendo essere pastore, dovesse sapere compatire, e porgesse ai peccatori un esempio di profondo pentimento... Quelli che si fidano della propria volontà, cadono come Pietro.
«Non vi è già peccato, avverte S. Agostino, commesso da un uomo che non possa essere commesso da un altro uomo, se gli manchi il sostegno di colui che ha fatto l'uomo (Soliloq. c. XV)». Perciò Gesù Cristo caldamente esortava i suoi Apostoli, che vigilassero e pregassero affinché non fossero indotti in tentazione (MATTH. XXVI, 41). È dunque cieco, insensato, e altamente da compiangere colui che fa assegnamento su la propria volontà, che si consiglia soltanto con lei e agisce solo per lei: non può riuscire che nell'abisso, perché se un cieco si fa guida a un altro cieco, certamente cadranno entrambi nel precipizio.

3. QUAL È LA VOLONTÀ, TALE È L'UOMO


La volontà umana è debole ed incostante di sua natura. Dio ci appare bello e buono? E noi vagliamo amarlo e dargli la nostra volontà; il mondo ci pare dilet­tevole? ed ecco che noi lo amiamo e a lui diamo la nostra volontà. Vi si dice che l'anima vostra, creata ad immagine di Dio, redenta col sangue di Gesù Cristo, fatta per l'immortalità e la gloria eterna, è di un valore infinito? ed eccovi desiderosi di amarla. Il corpo, nemico giurato. dell'anima, vi sollecita a concedergli lo sfogo delle brutali sue concupiscenze? ed eccovi tutti pronti a secondarlo. O instabilità della volontà umana, quando non è legata a Dio che è immutabile!... Se voi fissate la vostra volontà in Dio allora essa par­tecipa alle perfezioni divine; essa è buona, forte, potente, invincibile, supera i più gravi ostacoli, disprezza le più dure minacce, vince i tormenti e la morte; specchiatevi nei martiri, nei confessori, nelle vergini... Se invece vi appoggiate su la vostra volontà propria, di­venite incerti, tentennanti, miserabili; la vostra volontà medesima, dal punto in cui la volete per voi, non è più vostra, ma appartiene al demonio, o al mondo, o alle passioni bestiali e degradanti...
Sottomettendo interamente e dando totalmente la vostra volontà a Dio, implorando il suo soccorso, tutto quello che volete con animo risoluto vi diventa non solo possibile, ma facile. Volete voi sinceramente essere umile? per ciò stesso lo siete. Volete voi essere tem­peranti, casti, obbedienti, pazienti? ma lo volete decisamente? per questo solo fatto voi siete tali. Volete voi domare la carne allo spirito? la carne è vinta, l'anima è signora. Dice infatti S. Agostino: «Sono i buoni o i cattivi affetti della volontà, che fanno i buoni o i cattivi costumi» (De Morib. Eccl.). Quindi, siccome quelli che amano il peccato divengono abominevoli a Dio; così quelli che amano la virtù che è così bella, che amano Dio che è così grande ed amabile, divengono belli e grandi e degni di amore. Infatti, come insegna S. Agostino, «ciascuno è quale è il suo amore; ami la terra? tu sei terra; ami Iddio? che dirò? tu sei Dio (Tract. II in Epl. I. Ioann.)».
Da ciò si vide che nulla avvilisce tanto l'uomo, quanto la volontà sua propria. S. Pier Crisologo dice: «Colui che si attacca alla pro­pria volontà, muore alla virtù, perde la gloria e la sua riputazione» (Serm. V). La gloria di chi fa il proprio dovere scompare come un uccello che fugge... Quando un'anima ricca di meriti si attacca alla propria volontà, le sue virtù si affievoliscono, il suo credito si dilegua; prima il ridicolo,poi il vizio e il disonore ne prendono il posto; la vergogna sottentra alla gloria, l'abominio alla grazia, il disprezzo al rispetto, la povertà all'abbondanza; e tutto ciò le avviene per giusto giudizio e castigo di Dio. Malvagio è il suo pensiero, cor­rotta la sua intenzione; scandalose le sue azioni.

4. GUAI A QUELLI CHE SEGUONO LA PROPRIA VOLONTÀ


Ecco come descrive S. Paolo coloro i quali non operano se non secondo la loro volontà: «Vi sono persone amanti di se stesse, avide, arroganti, super­be, insolenti, ribelli ai loro parenti, ingrate, macchiate di delitti, dure, implacabili, susurrone, dissolute, burbere, nemiche dei buoni, traditrici, altezzose, caparbie, oltraggiatrici, amanti dei piaceri, le quali hanno una vernice di pietà, ma non la sostanza» (II Tim. III, 2-5). Non si vedono in fatti tutti questi vizi, tutte queste cattive incli­nazioni in colui che bada soltanto alla sua volontà, che non vuol fare altro che il suo capriccio? «Guai a voi, dice Isaia, che vi pa­voneggiate come sapienti ai vostri occhi! guai a quelli che si credono prudenti!» (ISAI. V, 21). Ora non si crede forse pieno di sapienza e di prudenza, colui che adora la propria volontà?
S. Agostino dice: «La città di Dio ha suo principio e fondamento nell'amor di Dio, e cresce e s'innalza fino all'odio di se stessa, fino al rinnegamento della propria volontà; la città del diavolo getta la sua base nell'amore dell'uomo verso se stesso, verso la sua volontà, e cresce fino all'odio di Dio, nel disprezzo del prossimo. lo. non in­tendo per quale inesplicabile accecamento l'uomo non vegga come amando se stesso, amando la propria volontà, invece di amare Dio e la volontà sua divina, non si ama punto; e che colui il quale, invece di amare se stesso e la propria volontà, ama Dio e la volontà di lui, ama veramente se stesso. Poiché chi non può vivere di se stesso, muore sicuramente quando ami se stesso, cioè la volontà propria; invece chi ama colui dal quale tiene la vita, ama maggiormente se stesso non amandosi, per amare unicamente colui del quale egli vive (De Civit. Dei)».

5. LA PROPRIA VOLONTÀ È IL PIÙ INFESTO NEMICO DELL'UOMO


San Bernardo ci fa notare che nessuna creatura può separarci dall'amor di Dio, ma solo la volontà propria ha questo potere; e saviamente conchiude: «Cessi adunque la volontà propria, e non vi sarà più inferno (Serm., II de Resurrect.)». I demoni, diceva l'abate Abramo, non ci combattono punto, quando facciamo la loro volontà; ma la nostra volontà si fa demonio e tormento a noi medesimi (In Vit. Patr.). E interrogato l'abate Achille, come i demoni ci possano vincere: «Per mezzo delle nostre volontà» - rispose; e soggiunse: Le anime nostre sono il legno, il demonio è l'ascia, la nostra volontà è la mano che taglia, che abbatte, che schianta: quindi dalla nostra volontà noi siamo recisi e abbattuti (In Vit. Patr.). «Delle miserie e calamità nostre, dice S. Ambrogio, non dobbiamo incolpare altri che la propria volontà» (Offic. 1. II, c. IV).
Perciò quel ragazzo che è battuto dal padre, a chi deve le batti­ture? alla sua volontà capricciosa e disobbediente. Quel giovane che sciupa sanità e sostanze nelle dissolutezze, negli stravizi, nel giuoco, a chi deve attribuire queste perdite irreparabili che lo conducono ad una precoce vecchiaia, lo piombano nella miseria e in cento disgrazie? alla sua volontà. Quella giovine che ha fatto getto dell'innocenza e della virtù e si è coperta d'infamia e di vergogna, da chi deve riconoscere questo deplorevole stato? dalla sua volontà che non si provò mai a frenare e soggiogare. A chi le dava caritatevoli consigli, a chi tentava di avvertirla del pericolo che correva, rispondeva altezzosa e dispettosetta: Io so regolarmi bene; che male c'è nel voler conoscere la società in cui si vive? del resto io non temo nulla. Voi avete voluto, o giovane imprudente e stolta, essere schiava della vostra volontà; orbene guardate, o infelice, dove essa vi ha condotta; misurate l'abisso d'ignominia in cui vi ha precipitata. Quell'uomo intemperante che consuma in orge la fortuna della famiglia, a chi deve le sue frodi, le sue ingiustizie, la rovina della sua casa? alla sua volontà sregolata. Quegli sposi che lottano con la miseria e tra di loro, che si accapigliano, s'insultano, si maledicono, dove trovarono la cagione dei loro dissidi e delle strettezze domestiche? nella loro propria volontà che ciascuno di essi volle ostinatamente seguire. Se le prigioni e le galere rigurgitano di condannati, se i patiboli rosseggiano di sangue, la vera causa non si deve cercare altrove fuorché nella propria volontà dei colpevoli.
Con tutta ragione dunque S. Bernardo dice: «Cessi la volontà propria, e non ci sarà più inferno». Non ci sarà più inferno quaggiù, non più inferno nell'eternità. Poiché la parte principalissima dei tormenti che strazieranno i reprobi sarà di vedersi eternamente costretti a confessare che si sono perduti perché così hanno voluto,e che potevano salvarsi se l'avessero voluto (OSEAE, XIII, 9). Gesù Cristo sceglie per suoi quelli la cui volontà è conforme alla sua. Satana s'impossessa di quelli la cui vo­lontà si adatta alla sua Nessuno porta il giogo del demonio, del mondo, della carne, se non chi vuole vendersi... Perciò il Savio ci dice: «Non andate dietro alle vostre voglie, e volgete le spalle alla vostra volontà» (Eccli. XVIII, 30). Ed Eusebio ci avverte di non computare fra i giorni della nostra vita altri che quelli in cui abbiamo rinnegato la volontà nostra (Homil. IX, ad Monach.).


La volontà propria guasta anche le più eccellenti azioni; loro toglie la bellezza, il merito, il pregio... «Gran male è la volontà propria! esclama San Bernardo; essa cambia in male il bene che voi fate (Serm. LXXI, in Cant.)». Degnissimo di un cristiano è quel detto di Platone: Vi conceda Iddio quello che volete; o piuttosto, non vi dia mai quello che volete: ma faccia si che voi vogliate quello ch'egli vuole. Poiché religione pura è questa, che vi congiungiate di questo modo a Dio (De Legib.)».
E’ dunque assoluta necessità, per vivere bene e virtuosamente, che l'uomo rinunzi al proprio volere e si lasci condurre da quello di Dio. Ora che diremo del cristiano? Alto, perentorio e generale è quel comando del divin Maestro: «Chi vuol essere mio seguace, rinneghi se stesso, prenda la croce sua tutti i giorni, e cammini su le mie orme». (Luc. IX, 23), A queste pa­role servono di commento queste altre di S. Egidio: Se vuoi vederci bene e distintamente, càvati gli occhi e sii cieco; se vuoi udire bene, turati gli orecchi e sii sordo; se vuoi parlare bene, strappati la lingua e sii muto; se vuoi camminare dirittamente, tagliati i piedi; se vuoi lavorare bene, reciditi le mani; se vuoi amarti bene, òdiati; se vuoi vivere bene, mortìficati; se vuoi arricchire, sappi per­dere; se vuoi essere veramente saggio, sii povero; se ti piace essere tra le delizie, affliggiti; se brami vivere in perfetta sicurezza, sta del continuo in timore; ami essere innalzato? umìliati; vuoi essere onorato? disprézzati; e onora quelli che ti disprezzano; vuoi essere felice? sopporta le croci; vuoi il riposo? lavora; vuoi essere benedetto? desidera d'essere maledetto. O che grande e mirabile sapienza è mai quella di sapere vivere in questa forma! E appunto perché è grande cosa, non è data a tutti (Vit. Patr.).

giovedì 16 ottobre 2008


I SETTE MOMENTI STORICI DELLA "BATTAGLIA"
CON IL NOSTRO NEMICO ETERNO

Gesù, durante la usa vita pubblica, ha dimostrato originalità, competenza e determinazione nella battaglia contro lo spirito del male, Egli ha fatto delle scelte precise ed ha insegnato specificatamente ai suoi Discepoli come fare a condurre una battaglia così ardua. Gesù, inoltre, non ha mostrato nessun vincolo con le idee del suo tempo, né tantomeno si è espresso per metafore ancestrali, anzi, Egli ha ritenuto che era giusto smascherare il diavolo, specialmente in una società in cui non tutti credevano alla sua esistenza: i farisei ci credevano, mentre i sadducei erano del parere opposto. Gesù ha messo in evidenza l’azione di Satana contro Dio e contro gli uomini; ha liberato gli indemoniati, distinguendo con estrema precisione la differenza tra i casi di liberazione dal Maligno e quelli di guarigione. Egli, quindi, ha conferito questi poteri a tutti gli Apostoli, poi ai Discepoli ed infine a tutti coloro che avrebbero creduto in Lui, ...
... con una serie di aneddoti che solo l’attuale modernismo può camuffare sotto strane teorie pseudo- teologiche, secondo le quali Satana è una metafora, gli indemoniati erano semplicemente dei pazzi, e miriadi di offese a Dio, a Gesù, allo Spirito Santo ed alla Verità assoluta. Chi dice che il diavolo non ha potere su di noi è un eretico. Chi dice che il diavolo non è in grado di portarci al suicidio è un eretico. Chi dice che il diavolo è un simbolo è un eretico. Chi dice che il diavolo non esiste è un eretico e va contro ogni dogna e verità propri della Santa Romana Chiesa, Cattolica ed Apostolica.

“Egli allora chiamò a sé i Dodici e diede loro potere e autorità su tutti i demoni e di curare le malattie. E li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi” (Luca 9, 1-2);
“Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue Discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. . . I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: “Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome”. Egli disse: “Io vedevo Satana cadere dal cielo come la folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare. Non rallegratevi però perché i demoni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli” (Luca 10, 1.17-20);
“Gesù disse loro: Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno” (Marco 16, 15-18).

Gli Apostoli hanno continuato a seguire le orme del Maestro. Hanno combattuto e ricacciato i demoni sia durante la vita pubblica di Gesù Cristo che dopo la sua morte. Essi si sono concentrati in questa battaglia. Gli Apostoli ed i Discepoli, durante il loro ministero si rendono pienamente conto che la missione di salvare le anime è instancabilmente contrastata dai principi, dalle potestà, dai dominatori di questo mondo oscuro. I loro nemici, difatti, non sono visibili e si camuffano nelle persone che hanno il compito di governare; vanno smascherati e scacciati all’inferno.
Nei primi tre secoli, subito dopo la morte di Cristo, tutti i cristiani esercitavano o potevano esercitare l’esorcismo, essi hanno ricevuto da Cristo questo potere e tutt’ora lo possiedono. Il noto esorcista Don Gabriele Amorth, a tale proposito tende a sottolineare tre aspetti rilevanti. “Gli esorcismi avevano un grande valore apologetico, che attirava anche i pagani indemoniati a rivolgersi ai cristiani per ottenere la liberazione”. Tertulliano ribadisce di frequente l’efficacia con cui i seguaci di Cristo scacciano i demoni sia dai loro fratelli che dai pagani non convertiti. Egli, inoltre, non limita il campo dell’esorcismo alle persone; ritiene necessario ed opportuno che in nome di Gesù vengano effettuate benedizioni sulla vita sociale, cercando di debellare l’idolatria ed il culto del Maligno. Successivamente Cipriano afferma: “Vieni a udire con i tuoi proprio orecchi i demoni, vieni a vederli con i tuoi occhi nei momenti in cui, cedendo ai nostri scongiuri, ai nostri flagelli spirituali ed alla tortura delle nostre parole, essi abbandonano i corpi dei quali avevano preso possesso (Contro Demetrio, C.15). Se quindi 1700 anni fa l’esorcismo era alla base della nostra apologetica, oggi sembra che la Chiesa tende ad offuscare questo Ministero ed a relegarlo in un secondo piano, quasi occulto. Le persone in difficoltà, sia di natura fisica che psicologica, oggi non trovano nessun reale appoggio nella fede e, in questo disperato meccanismo, interviene il Maligno per avvicinare i sofferenti ai guaritori, ai maghi ed ai medici atei. Origene, in un secondo momento, tende a precisare che i demoni non possono comandare solo le persone, ma sono in grado di possedere anche animali, oggetti, case e di provocare fastidiosi fenomeni di infestazione, nel solo intento di condurre gli uomini interessati alla disperazione ed alla sfiducia in Dio. A tale proposito, il Catechismo della Chiesa Cattolica dice: “Quando la Chiesa domanda pubblicamente e con autorità, in nome di Gesù Cristo, che una persona o un oggetto sia protetto contro l'influenza del Maligno e sottratto al suo dominio, si parla di esorcismo. Gesù l'ha praticato; è da Lui che la Chiesa deriva il potere e il compito di esorcizzare” (1673). Subito dopo la morte del Redentore, i Discepoli ed i credenti dovevano dimostrare la loro dottrina e, per opera dello Spirito Santo, si svilupparono due filoni principali di esorcismo: con il Battesimo, tutti gli uomini venivano sottratti dal potere di Satana e venivano consegnati a Cristo, in questo modo il paganesimo e le false dottrine, frutto del diavolo, venivano ad essere sostituiti da un numero sempre maggiore di cristiani battezzati. L’esorcismo, inoltre, è utilizzato per liberare gli ossessi e per effettuare numerose guarigioni fisiche e mentali, in tutti quei casi di malattie provocate od accentuate dal Maligno nel solo scopo di allontanare l’uomo da Cristo.

Dal terzo al sesto secolo dopo Cristo ci troviamo dinanzi ad un periodo di continua evoluzione per la Santa Chiesa Apostolica. Le guerre e gli eventi storici, come le vittorie di Costantino e di Teodosio, possono indurci a credere che il paganesimo sia stato sconfitto dal cristianesimo. D’altra parte le invasioni barbariche vengono interpretate dai Padri della Chiesa come un secondo avvento di neo-paganesimo, non meno bisognoso di essere esorcizzato come il primo. Ecco allora emergere due figure come S. Martino di Tours e San Benedetto. Con essi, il monachesimo interviene nello scontro sociale e dottrinale contro gli infedeli e fa dell’esorcistato uno di Ministeri che maggiormente fa conseguire risultati positivi, guarigioni e conversioni. La battaglia per liberare l’umanità dal temibile laccio di Satana è lo scopo primario dei monaci che, terminate le epoche dei martiri e delle persecuzioni, divennero i guerrieri del cattolicesimo ed occupavano “le prime file al fronte”. Anche in quel periodo, come in precedenza, tutti i cristiani potevano, in nome di Gesù, scacciare i demoni ed operare guarigioni ma, essendo i monaci rigorosi osservanti della Scrittura, essi digiunavano e pregavano e, nel contempo, le loro opere di apostolato si dimostravano sempre più efficaci ed inaffondabili. Non mancavano, però, gli imbroglioni ed i bugiardi; molti erano coloro che impararono a trarre utilità e fama dai poteri concessigli e, per volere di Dio, la Chiesa ritenne opportuno varare una certa regolamentazione in merito, per evitare il diffondersi di nuovi culti, di credenze popolari e di falsi profeti. Gli Esorcisti vengono così inseriti nel sacramento dell’Ordine come uno degli ordini minori. L’esorcistato verrà abolito dalla Chiesa come ordine minore nel Concilio Vaticano II. Dice Don Amorth: “la Chiesa Ortodossa invece, aliena a burocratizzare l’esorcistato, lo ha sempre considerato un carisma, una capacità personale di ogni fedele, particolarmente degli uomini e delle donne propensi a questa forma di apostolato”. Quando nel 416 Innocenzo I stabilisce che l’esorcismo deve essere eseguito dietro specifico ordine vescovile, in Oriente, tale Ministero continua ad essere amministrato liberamente da coloro i quali Dio ne ha concesso il carisma. L’esorcismo diviene il sacramentale amministrato dai Vescovi o dai sacerdoti autorizzati dai Vescovi, mentre la preghiera di liberazione può essere fatta da chiunque, da singoli o da gruppi, che intendono liberare qualcuno dall’influenza del Maligno.

Dal sesto al diciottesimo secolo la pratica dell’esorcistato e della lotta ai diavoli è in ascesa sia nel mondo occidentale che nella Chiesa Ortodossa. Ogni luogo di culto, difatti, ha un esorcista a disposizione dei fedeli e viene indirettamente ad essere istituita una specie di scuola, formatasi sul campo di battaglia, nella quale il sacerdote giovane apprende il Ministero assistendo il sacerdote anziano, permettendo così un continuo ricambio di Ministri di Dio. Nel sesto secolo viene presentata la prima formula ufficiale per l’ordinazione di un esorcista negli Statua Ecclesiae Antiquae. Vengono ad essere ideati tanti formulari da utilizzare negli esorcismi e, a tal proposito, è bene menzionare quelli di Alcuino dell’ 804 che successivamente saranno inseriti nel Messale Romano ed infine nel Rituale del 1614. In questo periodo, ricco di filosofi e pensatori, riemerge il pericolo del dualismo tipico dei Manichei e, dalla denuncia fatta dal Pontefice nel Sinodo di Praga del 560, tale corrente di pensiero continuerà ad esistere, fino a sfociare nelle eresie dei Catari e degli Albigesi. In questo periodo, vi sono molti tipi di esorcismi ma non esistono persecuzioni né contro le streghe e né contro gli invasati, l’unico pericolo da estirpare è quello delle frequenti eresie che, ad opera del Maligno, non fanno altro che generare scismi e diatribe.

Dal dodicesimo al quindicesimo secolo ci troviamo dinanzi ad un periodo tristissimo per la Chiesa; questo non sarà altro che il preludio a dei momenti ancora peggiori. Da una parte cresce il lusso, la dottrina, vengono costruite grandi Cattedrali e sono stilate le varie Summae teologiche che ancora oggi regolano il pensiero di molte comunità religiose; dall’altra intervengono gli Albigesi con le loro eresie. Sono periodi di dure battaglie, di pestilenze, di carestie e di devastazioni, il Maligno imperversa e provoca disperazioni e pazzie. Tutte le donne estroverse e simpatiche che, fino ad allora venivano definite bonae femminae ed erano trattate con scherno, adesso vengono rinominate streghe e cominciano a subire dei trattamenti ben diversi. Proprio queste figlie di Dio che, più di ogni altro essere avevano la necessità di essere esorcizzate, vengono invece condannate, perseguitate e, in taluni casi, bruciate sul rogo in pubblica piazza. Basti ricordare il caso della Santa Giovanna D’Arco che, per i suoi poteri divinatori e per la sua devozione da Apostolo, viene condannata ed uccisa senza essere neanche esorcizzata. Siamo, quindi, dinanzi al disfarsi di ogni giustizia sia cattolica che giuridica, tutto questo trambusto non fa altro che aprire maggiormente le porte a Satana che, direttamente, ricopre cariche di governo e cattedre pastorali. Siamo dinanzi ad una completa rovina, si pensa di agire nel bene e, in realtà, non si fa altro che fare gli interessi degli angeli decaduti. Nel 1252 Innocenzo IV autorizza la tortura contro gli eretici, nel 1326 il Papa Giovanni XXII dà il via a quella che sarà la più grande strage di streghe mai avvenuta nella storia dell’umanità. Dal 1340 al 1450 la punizione divina arriva sotto forma di peste nera, una terribile epidemia che genera morte, distruzione e depravazione. Siamo dinanzi al disfacimento dell’etica cristiana, alla morte dei valori sociali ed ai primi rilevanti scismi nella Chiesa. Nasce così il condannato fenomeno della demonizzazione di tutto che, a mio parere, non è affatto sbagliato, ma all’epoca è stato combattuto in modo sbagliato, trasgredendo tutte le leggi della Bibbia, senza considerare che il tutto si sarebbe potuto risolvere non con i deliri popolari ma con dei semplici e regolari esorcismi. Ci tengo, quindi, a precisare che l’Inquisitore non ha nulla a che vedere con l’Esorcista. Il primo condanna, mentre il secondo guarisce, in nome di dio, anima e corpo.

Dal sedicesimo al diciottesimo secolo il mondo pseudo cristianizzato viene ad essere colto dalla follia dilagante. Gli esorcismi sono quasi aboliti e si tenta di risolvere tutto con la forza; cari fratelli, traiamo grande esempio da quanto è successo in questo periodo, perché è facile capire dove si va a finire quando non si combatte più il male così come Cristo ci ha insegnato. L’uomo, pensando di fare bene, viene manipolato dal Maligno e non fa altro che uccidere, torturare ed aggiungere sofferenze su sofferenze. Oggi, per esempio, siamo nella stessa situazione. L’antico avversario sembra non esistere più, anzi, la maggior parte dei sacerdoti ha quasi timore nel nominare Satana, vuole evitare di essere definito uno sciamano. Non dimentichiamo, però, l’insegnamento di Cristo che, oltre a darci lezioni di esorcismo, ci dice apertamente che, operando nel suo nome, saremo ridicolizzati ed abbandonati. Il Maligno non opera più con i roghi, ma vaga incontrastato e provoca omicidi, pazzie, malattie, disgrazie, guerre, depravazioni e quanto di più abominevole possa esistere. Tornando al 1548, e precisamente al 9 Luglio, vediamo che l’Imperatore Carlo V promulga un editto che ha come finalità la riforma del Rituale. Ormai, purtroppo, il male era giunto ai vertici e nel 1560 – 1630 si raggiunge il culmine delle nefandezze. È scandaloso il caso di Suor Giovanna Fery delle Suore Nere di Mons in Francia, che da molti anni aveva rapporti pseudo contrattuali col diavolo. Il suo caso è passato alla storia perché, dopo essere stata accusata di stregoneria e condannata al rogo, la divina provvidenza le concesse un esorcismo. L’arduo compito toccò all’Arcivescovo Luigi de Berlaymont che, dopo un anno di estenuanti benedizioni, riuscì a liberare la donna e la fece ritornare, fino alla morte, nel suo monastero. Questo esempio è di monito per tutti quei Vescovi e prelati che, all’epoca dell’inquisizione, si macchiarono di veri e propri crimini ingiustificabili. È inutile che si tenti di moderare il parere circa le efferatezze commesse giustificandolo con il solito termine: ma sai, a quei tempi!!!! Assolutamente no. La Parola di Dio non ha mai messo in evidenza il volere di uccidere i peccatori, anzi, Gesù afferma di essere il Vivente e di volere che il peccatore non muoia, ma che, al contrario, si converta e viva. Attenzione, però, a non confondere mai l’esorcistato con le barbarie inquisitorie, sono due discorsi nettamente separati. Quando diminuisce l’uno, automaticamente aumenta l’altro.

Dal diciottesimo secolo fino ad oggi siamo andati incontro al fenomeno inverso; l’eccessivo razionalismo, l’illuminismo, la superbia, la rivoluzione industriale, il progresso hanno sì posto fine alle persecuzioni ma, purtroppo, hanno generato nella psiche umana una certa riluttanza ed incredulità nei confronti degli esorcisti. La reazione agli eccessi dei secoli precedenti, portò ad un disinteresse totale nei confronti del Maligno e del suo operato. Questa condotta morale, durata fino ad oggi e persistente, ha reso il temibile avversario alla stregua di un burattino , sembra vedere diventato solo una idea, una rappresentazione iconografiche del male intrinseco nell’animo umano. Poveri illusi, abbiamo reso un pupazzo colui che è il Burattinaio per eccellenza e che, se non fosse frenato da Dio, ci ucciderebbe tutti in un solo secondo. Calando la fede e lasciando libero spazio al male, ecco che vediamo crescere le efferatezze ed assistiamo al propagarsi interminabile di sette e di false dottrine. La cultura laica si è ritrovata vittima dell’opera di demitizzazione del Maligno da parte dei razionalisti increduli, poi l’influenza ironica e schernitrice degli illuministi e la superbia degli scientismi, non hanno fatto altro che rifiutare in blocco l’intero cristianesimo. Poveri noi, come ci siamo ridotti. Attualmente il materialismo storico, l’ateismo comunista ed il consumismo occidentale, non hanno fatto altro che sferrare il colpo di grazia sul Corpo di Cristo. Gesù non morirà mai e, con Lui, tutta la Chiesa ed il cristianesimo, ma facciamo attenzione a quanto la Sacra Scrittura ci ha insegnato:
“Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere” (Matteo 7, 15-20).

Oggi l’influenza del demonio è tale che addirittura nei seminari e negli ambienti ecclesiastici non si parla più del male, ma solo del bene, o meglio, del bello. Permettetemi questa piccola critica, ma a me dispiace enormemente sentire i miei amici e colleghi, apertamente cristiani, ritenere in realtà gli esorcisti come degli stregoni matti. Fa molto male sentire certe affermazioni proprio contro coloro che, ultimi baluardi della fede, sono rimasti sul fronte a smascherare il vero nemico. È troppo comodo fare i sacerdoti, i laici, i religiosi e poi rinnegare certe realtà; ricordate che non ci salveranno le belle chiese, le cerimonie e le manifestazioni di finta beneficenza, ma tutto ciò ci condurrà diritti nelle mani del nemico. Gesù dice:
“Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”. Entrato poi nel tempio, cominciò a cacciare i venditori, dicendo: “Sta scritto: La mia casa sarà casa di preghiera. Ma voi ne avete fatto una spelonca di ladri!”. (Luca 19, 41-46). [Esorcisti e psichiatri – Don Gabriele Amorth].

Tratto dal testo "il Burattinaio" di Carlo Maria di Pietro (WebMaster e Promoter della M.S.M.A.)

mercoledì 15 ottobre 2008


La realtà del Carisma Templare, nella storia e nell'attuale

Lo spirito di San Bernardo e dei Padri Conciliari che dettero ai Cavalieri del Tempio quel Carisma che accompagnò l'Ordine per i due secoli della loro epopea, è ancora la base forte della nostra azione.

Questo era ed è il Carisma Templare

Brano tratto dalle antiche cronache templari

CONDIZIONI PER L'ACCETTAZIONE DEL POSTULANTE NEL TEMPIO

Cari ed amati fratelli, la maggioranza del Capitolo ha stabilito che il postulante può essere ammesso nella Casa. Se qualcuno di voi ha qualcosa da dire in contrario parli subito davanti a noi."

Mio signore, sono qui venuto, avanti a voi ed all'intero Capitolo, ad implorarvi per la Maestà di Dio Nostro Signore e per la Nostra Signora di accogliermi nella casa, accettandone tutte le regole ed i benefici."

Fratello, voi chiedete molto, poiché del nostro amato Ordine, come di una quercia non vedete che la parte esterna, la corteccia. La corteccia che voi riuscite a vedere sono i nostri cavalli, le nostre armature, i nostri mantelli e i nostri pasti, e perciò credete che tutto ciò sia bello e che starete bene. Ma voi non immaginate nemmeno sotto la corteccia di quest'albero quali durissime regole vigono all'interno del nostro amato Ordine, voi che siete un signore dovrete far da servo agli altri, perché d'ora in avanti non potrete più fare i vostri comodi: se vorrete dormire sarete svegliato, se vorrete mangiare vi dovrete alzare e sarete comandato altrove, se vorrete essere sveglio vi si comanderà di dormire, se volete digiunare vi sarà comandato di mangiare, se vorrete andare in terra di Acri vi si manderà ad Antiochia, se vorrete rientrare a Sion sarete inviato in Francia o in Inghilterra, se vorrete andare da una parte vi si manderà da quella opposta e voi non potrete domandarne il perché, tutte le dure parole di rimprovero che avrete dovrete sopportarle in nome di Dio.

Se così volete, alzatevi a fate un passo avanti."

In nome di Dio e della Nostra Signora noi ti ammettiamo a tutti i benefici della casa, promettendoti la nostra fratellanza e il nostro aiuto, ma anche molti combattimenti, molta pena e molto lavoro."

lunedì 13 ottobre 2008

«Male sottile, segreto veleno, peste occulta, artefice d'inganni, madre dell'ipocrisia, dell'invidia, sorgente dei vizi, fomite di delitti, ruggine delle virtù, verme roditore della santità, accecamento dei cuori, ...».

LA VANAGLORIA È UN GRAN MALE.
MEZZI PER FUGGIRLA

S. Bernardo chiama la vanagloria «male sottile, segreto veleno, peste occulta, artefice d'inganni, madre dell'ipocrisia, dell'invidia, sorgente dei vizi, fomite di delitti, ruggine delle virtù, verme roditore della santità, accecamento dei cuori, che cambia i rimedi in malattie e fa della medicina una causa di languore» (Serm. VI. in Psalm). Il Crisostomo la chiama «madre dell'inferno» (Homil. XVII, in Epl. ad Rom.). S. Basilio la chiama «cortese predone delle ricchezze spirituali, gaio nemico delle anime nostre, tarlo delle virtù, ladro gentile di tutti i nostri beni» (Constitut. Monast. c. XII). Come un tesoro messo in pubblico e lasciato senza guardia, viene presto rubato, così ogni virtù che ama essere conosciuta ed encomiata si risolve ben presto in fumo... Come la cera si scioglie vicino al fuoco, così l'anima dinanzi al fuoco della vanagloria, perde tutto il pregio di ogni sua virtù.
S. Paolo domanda all'uomo: «Che cosa hai che non l'abbia ricevuto? E se lo hai ricevuto, perché vantartene come se non lo avessi ricevuto?» (I Cor IV, 7). Perciò S. Agostino così parlava di Dio: «O Signore, colui che attribuisce a sé la gloria del vostro bene e a voi non la tributa, è ladro e predone; simile al diavolo che tentò rapire a Voi la gloria vostra» (Soliloq. c. XV). Ma udite dal Signore che cosa accade ai vanagloriosi: «Seminano vento e raccolgono tempesta» (OSEAE, VIII, 7): «Avete seminato molto e mietuto poco; avete radunato del denaro, ma lo avete messo in una borsa forata» (AGG. I, 6). Seminano vento e raccolgono tempesta, quelli che fanno qualche buona opera per averne lode, poiché la vanagloria è tempesta che tormenta con mille cure e pensieri e inquietudini e affanni e dolori. Coloro che agiscono per vanagloria, gettano le opere loro in un sacco senza fondo, o come dice S. Gerolamo, «seminano cose vane, e non raccolgono che frutti vani e vuoti» (In Oseae); «Ricevono la mercede che loro si conviene; sono vento, la loro mercede è fiato» (S. AUGUST. In Psalm.).
Gesù Cristo ci avverte che ci guardiamo bene dal fare le nostre buone azioni in faccia al mondo, con l'intenzione di esserne lodati; perché così facendo non ne avremo più ricompensa dal Padre nostro che è nei cieli (MATTH. VI, 1). Infelice chi cerca di essere lodato di una buona azione! egli ne perde il merito, e sarà punito della colpa che commette invanendosi dell'azione.
«Non cercate di acquistare vanagloria, dice l'Apostolo S. Paolo; ma chi ha qualche motivo di gloriarsi, se ne glorii nel Signore... In quanto a me, tolga il cielo che mi glorii di altro che della croce del Signore nostro Gesù Cristo» (Gal. V, 26; II Cor. X, 17; Gal. VI, 14).
Diciamo anche noi col Salmista: «Non per noi, o Signore, non per noi, ma ad esaltazione del vostro nome, della misericordia e verità vostra fate risplendere la vostra gloria » (Psalm. CXIII, 9); o con S. Francesco d'Assisi: «Signore, guardate voi il vostro dono in me; perché io ne sono il ladro, quando ne rubo a voi la gloria; e l'attribuisco a me» (S. BONAV. In Vita). In ogni nostra azione, ripetiamo con S. Ignazio di Loyola: «Tutto a maggior gloria di Dio » - «Omnia ad maiorem Dei gloriam» (In Vita).
Due mezzi eccellenti per combattere la vanagloria ci suggerisce l'Autore dell'Imitazione in queste due sentenze: «Chiunque conosce a pieno se stesso, a se medesimo diventa vile, e non si cura delle lodi degli uomini» (De Imit. 1. I, c. II, n. 1). «Non tenerti migliore degli altri, perché potresti essere peggiore agli occhi di Dio il quale vede l'interno» (Ibid. c. VII, n. 3).

domenica 12 ottobre 2008


XXVIII Domenica del Tempo Ordinario A

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 22,1-14

Gesù riprese a parlar loro in parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono gia macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l'abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

ABITO DI NOZZE

Amico, come hai potuto entrare
senz’abito nuziale?
(Mt 22,12)

Chiamate tutti alle mistiche nozze,
annunziate la felicità per quanti
penano per le strade a mendicare
o credono che non ci sarà mai festa.

Il velo ombroso che copre il mondo
distorce la visione dell’esistenza umana;
la fatica e il pianto continuo mortificano
la speranza e tolgono la gioia di vivere.

Il peccato e l’orgoglio avevano spogliato
l’uomo, ignaro del bene e preso dal timore:
si è ritrovato nudo nel cammino faticoso
della vita e senza più sicurezze.

È obbligato a nascondersi all’apparire
del Creatore che lo chiama per nome.
“Ho avuto paura”, risponde, “perché
separandomi da Te, ora non vivo più”.

L’uomo amareggiato resiste all’annunzio
che lo chiama al banchetto di grazia
e preferisce, solo, costruire la sua vita
avvinto dalla sua caparbietà senza pace.

Per rispondere al Padre che invita a nozze,
bisogna lasciarsi sorprendere
dall’amore divino che chiama alla sapienza,
e fa dimenticare la propria miseria.

Il pranzo di nozze è preparato per te:
fermati essere ramingo e solitario.
Sei invitato a sedere a mensa con l’Agnello,
lo Sposo fedele dell’esistenza riscattata.

Banchetto che sa di eternità,
dove si alimenta la vita nuova e si nutre
la speranza che tutto dovrà fiorire
in Colui che ha vinto la morte per sempre.

E l’uomo si trasforma: si riveste di grazia,
vestito per le nozze, decoro di festa;
il suo volto rispecchia la gioia
che trabocca dal cuore rassicurato.

Abito per le nozze, nuova nascita
che trasforma il suo essere, uomo nuovo,
risorto dagli egoismi nudificanti,
rinnovato nello spirito, vita che non muore.

Uomo di pace perché il suo futuro
è con lo Sposo della sua anima, Gesù;
in Lui una nuova generazione di figli
che ricomincia dall’Eden riacquistato.

Signore Gesù, con la tua grazia, rivesti
dell’abito nuziale la tua sposa,
tessuto d’amore e di misericordia,
abito di luce per le nozze eterne con te.

Pben 12, x, 2008

Sant'Agostino (354-430), vescovo d'Ippona (Africa del Nord) e dottore della Chiesa - Discorsi 90 ; PL 38, 559s

Rivestire l'abito di nozzeChe cos'è l'abito di nozze di cui parla il vangelo ? Esso è senza dubbio l'abito che hanno solo i buoni, che saranno lasciati nel banchetto... È forse il battesimo? Senza il battesimo nessuno per verità arriva a Dio; ma non tutti quelli che hanno il battesimo arrivano a Dio... Forse è l'altare o ciò che si riceve dall'altare. Noi vediamo che molti mangiano, ma essi mangiano e bevono la propria condanna (1 Cor 11,29). Che cos'è dunque? È forse far digiuno? Fanno digiuno anche i cattivi. È forse frequentare la chiesa? Ma la frequentano anche i cattivi...Qual è dunque l'abito di nozze? «Il fine del precetto - dice l'Apostolo - è la carità che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera» (1 Tm 1,5). Questo è l'abito di nozze. Non si tratta però d'una carità qualsiasi, poiché spesso sembra che si amino tra loro anche individui che hanno in comune una cattiva coscienza..., ma non hanno la carità «che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera». È siffatta carità l'abito di nozze. «Se io sapessi parlare le lingue degli uomini e degli angeli, ma non possedessi la carità, sarei - dice l'Apostolo - come una campana che suona o un tamburo che rimbomba... Se avessi il dono della profezia e quello di svelare tutti i segreti, se avessi il dono di tutta la scienza, e avessi tanta fede da smuovere i monti, ma non avessi la carità, non varrei nulla» (1 Cor 13, 1-2)... Se avessi tutti questi doni e non avessi Cristo, non varrei nulla»... Quanti beni non giovano a nulla se ne manca uno solo! Se non avrò la carità, anche se distribuirò elemosine ai poveri e se, per rendere testimonianza al nome di Cristo, arriverò fino al sangue (1 Cor 13,3), arriverò fino a farmi bruciare, queste azioni possono farsi anche per amore della gloria e allora sono inutili... «Se non avrò la carità, non mi gioverà a nulla». Ecco l'abito delle nozze! Esaminate voi stessi: se lo avete, voi starete sicuri al banchetto del Signore.