sabato 18 ottobre 2008


LA VOLONTÀ


1. Eccellenza della buona volontà.
2. Debolezze della nostra volontà.
3. Qual è la volontà, tale è l'uomo.
4. Guai a quelli che seguono la propria volontà.
5. La propria volontà è il più infesto nemico dell'uomo.

1. ECCELLENZA DELLA BUONA VOLONTÀ


Quanto sia eccellente la buona volontà, si può vedere dal fatto che a lei fu diretto il primo saluto che partì dal cielo riconciliato con la terra, per mezzo dell'Incarnazione del Verbo; a lei fu augurata e promessa la cosa più dolce che possa godere l'uomo nel mondo, la pace. Venuti gli An­geli ad annunziare la nascita del Salvatore ai pastori, dissero loro: «Sia pace in terra agli uomini di buon volere» (Luc. II, 14). Paolo cominciò ad amare Gesù, a glorificarlo, a farlo amare e glorificare; fu scelto ad essere un vaso di elezione, l'Apostolo delle genti, destinato a portare il nome di Gesù Cristo innanzi ai re, ed ai popoli della terra, soltanto quando ebbe detto: «Signore, che cosa volete che io faccia?» (Act. IX, 6). Quindi tra i suoi più cari saluti noi troviamo questo: «Che il Dio della pace vi faccia atti ad ogni bene, affinché adempiate il suo volere» (Hebr. XIII, 20-21).
«Agli occhi di Dio, scrive S. Gregorio, la nostra mano non è mai vuota di offerte, se il nostro cuore è pieno di buona volontà: poiché non si può fare a Dio un dono più prezioso che quello di una buona volontà (Homil. V in Evang.)». Ecco perché S. Agostino ne fa una sola e medesima cosa con la carità (Enchirid.); «Abbi volontà di convertirti, e Dio è subito pronto ad aiutarti perché ti rialzi. E se non puoi essere quello che vorresti, fa' di volere quel che puoi (De Morib. Eccles.)». S. Bernardo dice: «Dio non guarda tanto a quello che fate, quanto alla volontà con cui lo fate (In Evang.)».
Insegnano i teologi che a chi fa quello che può, Dio viene in aiuto... Se voi dunque non potete fare grandi cose, o largheggiare in offerte; abbiate almeno una grande e generosa volontà, ed estendetela in certo qual modo all'infinito. Per es., voi siete povero: abbiate desiderio e volontà di fare copiose limosine se poteste, e voi sarete agIi occhi di Dio un largo elemosiniere e, quel che è più, ne avrete presso di lui tutto il merito... «Poiché se la volontà è disposta, dice S. Paolo, essa è accettata e rimunerata secondo quello che ciascuno ha, non secondo quello che non ha» (II Cor VIII, 12). E non è questo un dirci che Dio guarda piuttosto alla volontà che al dono? Il merito e la perfezione di un'opera stanno nella volontà. Siamo dunque uomini di buona volontà e arriveremo alla perfezione.

2. DEBOLEZZE DELLA NOSTRA VOLONTÀ


«Senza di me, dice Gesù Cristo, voi non potete fare nulla» (IOANN. XV, 5). La nostra buona volontà non è capace di nulla di bene, senza l'aiuto di Dio... A tutti è noto che Pietro negò il suo divin Maestro, intimidito dalla voce di una fantesca: eppure egli si credeva assai forte, perché poche ore prima aveva detto risolutamente a Gesù: «Ancorché me n'andasse della vita, non vi rinnegherò giammai» (MATTH. XXVI, 35). E il Vangelo nota che, dopo di lui, fecero la medesima protesta tutti gli altri discepoli (Ibid.). Viene la sera e tutti lo abbandonano nel giardino degli ulivi. Tre sono le ragioni della caduta di Pietro: 1° la troppa fiducia nella sua volontà; 2° l'imprudenza di mettersi in mezzo a quei malfattori; 3° perché, dovendo essere pastore, dovesse sapere compatire, e porgesse ai peccatori un esempio di profondo pentimento... Quelli che si fidano della propria volontà, cadono come Pietro.
«Non vi è già peccato, avverte S. Agostino, commesso da un uomo che non possa essere commesso da un altro uomo, se gli manchi il sostegno di colui che ha fatto l'uomo (Soliloq. c. XV)». Perciò Gesù Cristo caldamente esortava i suoi Apostoli, che vigilassero e pregassero affinché non fossero indotti in tentazione (MATTH. XXVI, 41). È dunque cieco, insensato, e altamente da compiangere colui che fa assegnamento su la propria volontà, che si consiglia soltanto con lei e agisce solo per lei: non può riuscire che nell'abisso, perché se un cieco si fa guida a un altro cieco, certamente cadranno entrambi nel precipizio.

3. QUAL È LA VOLONTÀ, TALE È L'UOMO


La volontà umana è debole ed incostante di sua natura. Dio ci appare bello e buono? E noi vagliamo amarlo e dargli la nostra volontà; il mondo ci pare dilet­tevole? ed ecco che noi lo amiamo e a lui diamo la nostra volontà. Vi si dice che l'anima vostra, creata ad immagine di Dio, redenta col sangue di Gesù Cristo, fatta per l'immortalità e la gloria eterna, è di un valore infinito? ed eccovi desiderosi di amarla. Il corpo, nemico giurato. dell'anima, vi sollecita a concedergli lo sfogo delle brutali sue concupiscenze? ed eccovi tutti pronti a secondarlo. O instabilità della volontà umana, quando non è legata a Dio che è immutabile!... Se voi fissate la vostra volontà in Dio allora essa par­tecipa alle perfezioni divine; essa è buona, forte, potente, invincibile, supera i più gravi ostacoli, disprezza le più dure minacce, vince i tormenti e la morte; specchiatevi nei martiri, nei confessori, nelle vergini... Se invece vi appoggiate su la vostra volontà propria, di­venite incerti, tentennanti, miserabili; la vostra volontà medesima, dal punto in cui la volete per voi, non è più vostra, ma appartiene al demonio, o al mondo, o alle passioni bestiali e degradanti...
Sottomettendo interamente e dando totalmente la vostra volontà a Dio, implorando il suo soccorso, tutto quello che volete con animo risoluto vi diventa non solo possibile, ma facile. Volete voi sinceramente essere umile? per ciò stesso lo siete. Volete voi essere tem­peranti, casti, obbedienti, pazienti? ma lo volete decisamente? per questo solo fatto voi siete tali. Volete voi domare la carne allo spirito? la carne è vinta, l'anima è signora. Dice infatti S. Agostino: «Sono i buoni o i cattivi affetti della volontà, che fanno i buoni o i cattivi costumi» (De Morib. Eccl.). Quindi, siccome quelli che amano il peccato divengono abominevoli a Dio; così quelli che amano la virtù che è così bella, che amano Dio che è così grande ed amabile, divengono belli e grandi e degni di amore. Infatti, come insegna S. Agostino, «ciascuno è quale è il suo amore; ami la terra? tu sei terra; ami Iddio? che dirò? tu sei Dio (Tract. II in Epl. I. Ioann.)».
Da ciò si vide che nulla avvilisce tanto l'uomo, quanto la volontà sua propria. S. Pier Crisologo dice: «Colui che si attacca alla pro­pria volontà, muore alla virtù, perde la gloria e la sua riputazione» (Serm. V). La gloria di chi fa il proprio dovere scompare come un uccello che fugge... Quando un'anima ricca di meriti si attacca alla propria volontà, le sue virtù si affievoliscono, il suo credito si dilegua; prima il ridicolo,poi il vizio e il disonore ne prendono il posto; la vergogna sottentra alla gloria, l'abominio alla grazia, il disprezzo al rispetto, la povertà all'abbondanza; e tutto ciò le avviene per giusto giudizio e castigo di Dio. Malvagio è il suo pensiero, cor­rotta la sua intenzione; scandalose le sue azioni.

4. GUAI A QUELLI CHE SEGUONO LA PROPRIA VOLONTÀ


Ecco come descrive S. Paolo coloro i quali non operano se non secondo la loro volontà: «Vi sono persone amanti di se stesse, avide, arroganti, super­be, insolenti, ribelli ai loro parenti, ingrate, macchiate di delitti, dure, implacabili, susurrone, dissolute, burbere, nemiche dei buoni, traditrici, altezzose, caparbie, oltraggiatrici, amanti dei piaceri, le quali hanno una vernice di pietà, ma non la sostanza» (II Tim. III, 2-5). Non si vedono in fatti tutti questi vizi, tutte queste cattive incli­nazioni in colui che bada soltanto alla sua volontà, che non vuol fare altro che il suo capriccio? «Guai a voi, dice Isaia, che vi pa­voneggiate come sapienti ai vostri occhi! guai a quelli che si credono prudenti!» (ISAI. V, 21). Ora non si crede forse pieno di sapienza e di prudenza, colui che adora la propria volontà?
S. Agostino dice: «La città di Dio ha suo principio e fondamento nell'amor di Dio, e cresce e s'innalza fino all'odio di se stessa, fino al rinnegamento della propria volontà; la città del diavolo getta la sua base nell'amore dell'uomo verso se stesso, verso la sua volontà, e cresce fino all'odio di Dio, nel disprezzo del prossimo. lo. non in­tendo per quale inesplicabile accecamento l'uomo non vegga come amando se stesso, amando la propria volontà, invece di amare Dio e la volontà sua divina, non si ama punto; e che colui il quale, invece di amare se stesso e la propria volontà, ama Dio e la volontà di lui, ama veramente se stesso. Poiché chi non può vivere di se stesso, muore sicuramente quando ami se stesso, cioè la volontà propria; invece chi ama colui dal quale tiene la vita, ama maggiormente se stesso non amandosi, per amare unicamente colui del quale egli vive (De Civit. Dei)».

5. LA PROPRIA VOLONTÀ È IL PIÙ INFESTO NEMICO DELL'UOMO


San Bernardo ci fa notare che nessuna creatura può separarci dall'amor di Dio, ma solo la volontà propria ha questo potere; e saviamente conchiude: «Cessi adunque la volontà propria, e non vi sarà più inferno (Serm., II de Resurrect.)». I demoni, diceva l'abate Abramo, non ci combattono punto, quando facciamo la loro volontà; ma la nostra volontà si fa demonio e tormento a noi medesimi (In Vit. Patr.). E interrogato l'abate Achille, come i demoni ci possano vincere: «Per mezzo delle nostre volontà» - rispose; e soggiunse: Le anime nostre sono il legno, il demonio è l'ascia, la nostra volontà è la mano che taglia, che abbatte, che schianta: quindi dalla nostra volontà noi siamo recisi e abbattuti (In Vit. Patr.). «Delle miserie e calamità nostre, dice S. Ambrogio, non dobbiamo incolpare altri che la propria volontà» (Offic. 1. II, c. IV).
Perciò quel ragazzo che è battuto dal padre, a chi deve le batti­ture? alla sua volontà capricciosa e disobbediente. Quel giovane che sciupa sanità e sostanze nelle dissolutezze, negli stravizi, nel giuoco, a chi deve attribuire queste perdite irreparabili che lo conducono ad una precoce vecchiaia, lo piombano nella miseria e in cento disgrazie? alla sua volontà. Quella giovine che ha fatto getto dell'innocenza e della virtù e si è coperta d'infamia e di vergogna, da chi deve riconoscere questo deplorevole stato? dalla sua volontà che non si provò mai a frenare e soggiogare. A chi le dava caritatevoli consigli, a chi tentava di avvertirla del pericolo che correva, rispondeva altezzosa e dispettosetta: Io so regolarmi bene; che male c'è nel voler conoscere la società in cui si vive? del resto io non temo nulla. Voi avete voluto, o giovane imprudente e stolta, essere schiava della vostra volontà; orbene guardate, o infelice, dove essa vi ha condotta; misurate l'abisso d'ignominia in cui vi ha precipitata. Quell'uomo intemperante che consuma in orge la fortuna della famiglia, a chi deve le sue frodi, le sue ingiustizie, la rovina della sua casa? alla sua volontà sregolata. Quegli sposi che lottano con la miseria e tra di loro, che si accapigliano, s'insultano, si maledicono, dove trovarono la cagione dei loro dissidi e delle strettezze domestiche? nella loro propria volontà che ciascuno di essi volle ostinatamente seguire. Se le prigioni e le galere rigurgitano di condannati, se i patiboli rosseggiano di sangue, la vera causa non si deve cercare altrove fuorché nella propria volontà dei colpevoli.
Con tutta ragione dunque S. Bernardo dice: «Cessi la volontà propria, e non ci sarà più inferno». Non ci sarà più inferno quaggiù, non più inferno nell'eternità. Poiché la parte principalissima dei tormenti che strazieranno i reprobi sarà di vedersi eternamente costretti a confessare che si sono perduti perché così hanno voluto,e che potevano salvarsi se l'avessero voluto (OSEAE, XIII, 9). Gesù Cristo sceglie per suoi quelli la cui volontà è conforme alla sua. Satana s'impossessa di quelli la cui vo­lontà si adatta alla sua Nessuno porta il giogo del demonio, del mondo, della carne, se non chi vuole vendersi... Perciò il Savio ci dice: «Non andate dietro alle vostre voglie, e volgete le spalle alla vostra volontà» (Eccli. XVIII, 30). Ed Eusebio ci avverte di non computare fra i giorni della nostra vita altri che quelli in cui abbiamo rinnegato la volontà nostra (Homil. IX, ad Monach.).


La volontà propria guasta anche le più eccellenti azioni; loro toglie la bellezza, il merito, il pregio... «Gran male è la volontà propria! esclama San Bernardo; essa cambia in male il bene che voi fate (Serm. LXXI, in Cant.)». Degnissimo di un cristiano è quel detto di Platone: Vi conceda Iddio quello che volete; o piuttosto, non vi dia mai quello che volete: ma faccia si che voi vogliate quello ch'egli vuole. Poiché religione pura è questa, che vi congiungiate di questo modo a Dio (De Legib.)».
E’ dunque assoluta necessità, per vivere bene e virtuosamente, che l'uomo rinunzi al proprio volere e si lasci condurre da quello di Dio. Ora che diremo del cristiano? Alto, perentorio e generale è quel comando del divin Maestro: «Chi vuol essere mio seguace, rinneghi se stesso, prenda la croce sua tutti i giorni, e cammini su le mie orme». (Luc. IX, 23), A queste pa­role servono di commento queste altre di S. Egidio: Se vuoi vederci bene e distintamente, càvati gli occhi e sii cieco; se vuoi udire bene, turati gli orecchi e sii sordo; se vuoi parlare bene, strappati la lingua e sii muto; se vuoi camminare dirittamente, tagliati i piedi; se vuoi lavorare bene, reciditi le mani; se vuoi amarti bene, òdiati; se vuoi vivere bene, mortìficati; se vuoi arricchire, sappi per­dere; se vuoi essere veramente saggio, sii povero; se ti piace essere tra le delizie, affliggiti; se brami vivere in perfetta sicurezza, sta del continuo in timore; ami essere innalzato? umìliati; vuoi essere onorato? disprézzati; e onora quelli che ti disprezzano; vuoi essere felice? sopporta le croci; vuoi il riposo? lavora; vuoi essere benedetto? desidera d'essere maledetto. O che grande e mirabile sapienza è mai quella di sapere vivere in questa forma! E appunto perché è grande cosa, non è data a tutti (Vit. Patr.).