Vangelo Mt 22,15-21
Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.
Dal vangelo secondo MatteoIn quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
IMMAGINI
Di chi è questa immagine e l’iscrizione?
Di Cesare.
(Mt 22,20)
Immagine di Dio è l’uomo primigenio
e l’iscrizione: Questi è il mio figlio,
generato oggi dall’amore del Padre,
per fare dell’uomo la perla dell’universo.
Immagine deturpata dall’irriverente orgoglio,
dalla brama di forgiarsi un volto proprio,
povera immagine di se stesso, dio minore,
come stampigliato su scadenti etichette.
E ora non so più a chi pagare il tributo
d'amore richiesto, quale dio servire;
poiché non mi riconosco come sua creatura,
non mi rimane che celebrare me stesso!
Non sono l’immagine dell’amore
che si dona senza riserve, che fa fiorire
l’universo, respirare gli esseri;
non provvedo che a stento alla mia vita.
Mi manca lo specchio in cui riflettere
il mio volto, ormai diventato anonimo
e senza contorni, nome comune di uomo,
perché senza Dio identificatore degli esseri.
Sono solo, senza l’altro: senza il Padre
che mi genera e senza il fratello che incarna
per me l’immagine eterna del Creatore
del mondo che mi sta dinnanzi.
Il difficile cammino della vita consiste
nel dare a Dio quello che gli è dovuto:
onore, gloria e benedizione perenni;
ai fratelli che lo incarnano, l’umile servizio.
Nella lode e nella carità fraterna si ricompone
sul mio volto l’immagine di Dio;
divento finalmente me stesso, immagine
di Cristo, irradiazione della gloria del Padre.
Il credente porta in sé l’immagine
e l’iscrizione che lo dichiarano figlio di Dio;
è chiamato così a mostrare il volto
del Vivente, iscritto nella sua esistenza.
Non semplice effige o somiglianza,
ma volto vivo, immagine dinamica,
sguardo penetrante e lingua eloquente
che celebrano il Signore risorto.
L’uomo vivente è la gloria di Dio,
moneta d’oro del tributo, uomo riscattato
nel quale appare luminoso il volto
del Figlio Unigenito, Gesù.
Rendo così a Dio quello che è di Dio
offrendo me stesso in oblazione d’amore,
il mio corpo, moneta incorruttibile,
in sacrificio spirituale e perfetto.
A Cesare rimane ben poco…
Pben 19, x, 2008