sabato 1 novembre 2008

TUTTI I SANTI

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 5,1-12.


Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.


IL CIELO NEL CUORE

Beati i poveri in spirito
di essi è il regno dei cieli

(Mt 5,3)

Felicità, beatitudine, gioia infinita,
salvezza perenne, vita immortale
per i redenti dal sangue dell’Agnello!
Beatitudine è aver parte al Regno di Dio!

I nostri nomi sono scritti in cielo,
ma fin da quaggiù, fragili esseri umani,
siamo chiamati ad essere dimora di Dio
per vivere ogni giorno l’ingresso nell’eterno.

Il cielo nel cuore ci fa beati
pur nella povertà che ci rende fragili,
nel percorso terreno verso la vita senza fine.
Beati i poveri in spirito, di essi è il Regno!

Il conforto della presenza del Padre
che guida la storia di ognuno,
ci fortifica nelle pene e nella afflizioni.
Beati gli afflitti, saranno consolati!
.
L’eredità è preparata per chi ha fede come
Abram e accetta di uscire dalla sua terra
infeconda e desolata, piena di morte.
Beati i miti, erediteranno la terra!

Affamati d’amore, di rettitudine
e di pace, ci saziamo al banchetto
delle nazioni, per celebrare la vita.
Beati quelli che hanno fame di giustizia!

Si svela la misericordia a chi la cerca,
si manifesta il perdono che fa vivere
a colui che ha vinto la morte dell’odio.
Beati i misericordiosi, troveranno pietà!

Cristo regna nel nostro cuore purificato.
Cuore puro, tutto per Dio, amore indiviso,
identità riconquistata, fatta di luce.
Beati i puri di cuore, vedranno Dio!

Felici gli semplici che camminano
per le vie di pace del Signore, seminando
concordia e unità. Il superbo è solo.
Beati i pacifici, saranno figli di Dio!

Vivere per la giustizia, è proclamare
la santità di Dio nella nostra vita.
Beati i perseguitati per la giustizia,
di essi è il regno dei cieli!

Piena ricompensa di felicità per i martiri,
testimoni fedeli di Cristo risorto.
Beati voi, insultati e perseguitati
a causa del nome di Gesù!

Felicità, quando l’occhio diventa
penetrante per vedere Dio, presente
nel mondo, nel fratello più povero,
in ogni persona, amica e nemica.

Dio si fa presente nella nostra vita,
Parola, Corpo e Sangue, per saziare
l’affamato e l’assetato, che non cadano
sulla via verso il Regno.

Il disegno è compiuto nei santi
che ci guardano dal cielo: contano
i nostri passi sulle orme di Cristo
e ci danno la forza di transitare

verso la Pasqua eterna: essi ci hanno
preceduto, noi camminiamo con fiducia,
seguendo dovunque i passi dell’Agnello
che ci ha marcati col sigillo dell’Amore.

padrebenedetto 1, xi, 2008

venerdì 31 ottobre 2008


Chiesa di San Giuseppe all'Ospedale - Piacenza

Centocinquanta persone nella chiesetta dell'ospedale per l'esorcista di Parma

«Il Vangelo scaccia il demonio»

«Oggi, attraverso i mass media e la tv, vengono presentate interpretazioni cattive della società odierna, la nostra fantasia diventa dunque invasa da quello che fa il demonio nel mondo. Occorre esorcizzarlo. Come? Ascoltando cose buone, guardando cose belle. In molte case non c'è neppure un'immagine religiosa, un quadro sacro; come si fa ad essere aiutati ad esorcizzare la propria fantasia?!» È il senso delle presenza di don Pietro Viola, esorcista di Parma, ieri nella chiesetta di San Giuseppe all'Ospedale, tra l'aria satura di incenso, la lunga fila al centro della navata per l'unzione degli infermi, la preghiera finale di guarigione. Erano circa 150 le persone che ieri hanno risposto all'invito di don Virgilio Zuffada, parroco della chiesa dell'ospedale piacentino. Con il permesso del vescovo e dei parroci, ha organizzato una serie di messe di guarigione ogni ultimo giovedì del mese. Il lato "maligno" della sofferenza è stato affrontato ieri da don Viola. «Lavoro con i malati psichici e con i posseduti - ha esordito -, ma tutti noi siamo in grado di fare opera di esorcismo. Quando il prete spiega il Vangelo caccia il demonio dalla mente dei fedeli. Il demonio è contrario alla verità del Vangelo e se si legge il Vangelo e la nostra mente si lascia illuminare, viene esorcizzato».

fed.fri.31/10/2008



Da sinistra, don Pietro Viola, nominato nel 2007 esorcista della diocesi di Parma e don Virgilio Zuffada, parroco in solido di San Giuseppe Ospedale
foto Cravedi - dal quotidiano Libertà del 31 ottobre 2008

Il Nuovo Giornale - settimanale della Diocesi di Piacenza-Bobbio del 7 novembre 2008

giovedì 30 ottobre 2008


Il culto delle immagini sacre

A cura di Giampaolo Barra apologeta e direttore della rivista "Il Timone"

Mi faccio guidare, per questa conversazione, dal bel libretto di Padre Nicola Tornese intitolato: “Immagini e santi”; opuscolo che fa parte di una bella collana preparata da Padre Tornese per aiutare i cattolici a rispondere alle obiezioni e alle contestazioni dei Testimoni di Geova.
Va detto, per amor di verità che l’utilizzo delle immagini sacre viene contestato anche da buona parte del mondo protestante. Quello che diremo stasera ci deve aiutare in primo luogo a chiarire bene che cosa insegna la dottrina cattolica e poi, in secondo luogo, ad avere qualche argomento da opporre alle contestazioni, per scoprire l’errore e per smontarle definitivamente.
Poi ci porremo la nostra solita, ma sempre opportuna domanda: come si comportavano i primi cristiani, come si comportavano i seguaci di Cristo nei primi secoli della storia della Chiesa, quando non esistevano né Testimoni di Geova né Protestanti? Faremo dunque una breve incursione nella storia.
Veniamo subito, allora, a conoscere che cosa insegna la dottrina riguardo l’uso delle immagini sacre. Una solenne, importante risoluzione circa l’utilizzo delle immagini è stata presa nel Secondo Concilio di Nicea, che è stato celebrato nell’anno 787. Questo Concilio è stato convocato proprio per discutere l’argomento che stiamo trattando. Come si è arrivati alla convocazione di questo Concilio?
Nell’anno 730, l’imperatore d’Oriente Leone III Isaurico proibisce il culto delle immagini, proibisce l’utilizzo delle famose Icone, che era allora diffuso in tutto il mondo cristiano. Questa proibizione imperiale, emanata dall’autorità politica, scatena una terribile devastazione, che porta alla distruzione di preziosissime icone, di magnifiche opere d’arte, che furono insensatamente distrutte, con un odio particolarmente feroce.
L’autorità religiosa, il Patriarca di Costantinopoli, Germano, si oppone a questa misura imperiale, ma viene destituito e i difensori delle immagini sacre vengono duramente perseguitati.
La persecuzione dura anche sotto gli imperatori che succedettero a Leone III. Finalmente, nell’anno 787 viene convocato a Nicea un Concilio ecumenico che sancisce l’assoluta liceità di rappresentare per immagini la figura di Gesù, di Maria Sua Madre, degli Angeli e dei santi. Il secondo Concilio di Nicea spiegava che, attraverso le immagini, chi le contempla viene invitato ad imitare i personaggi rappresentati: Gesù, Maria, gli Angeli e i Santi. Quindi, le immagini sacre sono uno strumento che deve aiutare il cristiano ad imitare coloro che vi sono rappresentati.
E non solo: le immagini sacre servono anche per decorare i luoghi dove si celebra il culto e servono –questo accadeva soprattutto in epoche passate – a migliorare la conoscenza di episodi biblici, tanto nell’Antico quanto nel Nuovo Testamento. La lotta contro l’utilizzo delle immagini, tanto nella liturgia quanto nella pietà popolare scoppia nuovamente nel XVI secolo, dopo la rivolta di Martin Lutero, che ha dato il via alla nascita del variegato e multiforme mondo protestane. Nella grande famiglia protestane, soprattutto i calvinisti si distinsero per la distruzione di molte statue e di molte immagini nelle chiese che essi occuparono, dopo la rivolta contro la Chiesa di Roma.
A fianco del mondo protestane, da non confondersi con i Protestanti, va detto che anche i Testimoni di Geova sono decisamente contrari alla venerazione delle immagini. Qual è il motivo di questa contrarietà? Noi crediamo che la causa della avversione di protestanti e Testimoni di Geova è da ricercare in una lettura parziale, distorta e quindi errata della Bibbia.
Qui noi cattolici siamo chiamati a stare molto attenti; stiamo attenti a come viene posta la contestazione. Di solito, chi vuole dimostrare che Dio è contrario all’utilizzo e alla venerazione delle immagini, e dunque che noi cattolici ci poniamo contro la volontà di Dio, ci leggerà i versetti 2,3,4 e 5 del capitolo 20 del Libro dell’Esodo. E dopo la lettura di questi versetti si passa facilmente alla classica contestazione: la Chiesa Cattolica, utilizzando immagini e statue, disobbedisce al comando di Dio.
Prima di farci impressionare da queste osservazioni, ascoltiamo bene che cosa è scritto in quei versetti biblici: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra.”
A questo punto, capite bene cari amici, che noi cattolici sembriamo spacciati. Dopo una prima, superficiale lettura di questo brano biblico sembra che non vi sia via di scampo. Ci sorge subito spontanea una domanda: e tutte le immagini che abbiamo nelle nostre chiese e nelle nostre case di Gesù, di Maria e dei santi? E tutte le statue di Gesù, di Maria, degli Angeli e dei santi che adornano le chiese?
Dopo quello che abbiamo letto, che è scritto addirittura nella Bibbia, non siamo forse di fronte alla prova che la Chiesa ha disobbedito al comando di Dio? A questa domanda, più che legittima, dobbiamo dare una risposta. Intanto, bisogna leggere tutta la Bibbia, non solo qualche brano.
Infatti, noi abbiamo i versetti 2, 3 e 4 del capitolo 20 del Libro dell’Esodo. Subito dopo, nel versetto 5, il Signore spiega perché ha dato quel comando: “Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai”. Ecco il motivo per il quale Dio proibisce l’uso delle immagini. Dio non proibisce le immagini in quanto tali, non proibisce l’utilizzo delle immagini sacre, ma proibisce l’idolatria, che era, ed è, un peccato gravissimo.
Che cosa si intende per idolatria: mettere al posto del vero Dio un “idolo” e adorarlo. Ecco la ragione per la quale Dio proibisce di fare immagini: perché gli Ebrei correvano seriamente il pericolo di considerarle idoli e di adorarle; correvano il pericolo di prestare alle immagini, alle statue di creature del cielo o della terra quel culto che è dovuto solo a Dio. Era un pericolo concreto, visto che gli Ebrei erano circondati da popoli idolatri. Dunque, noi cattolici sosteniamo questa tesi: non proibizione totale delle immagini, ma proibizione dell’idolatria.
Se leggiamo bene tutti i passi della Sacra Scrittura che proibiscono la costruzione di statue e di immagini, ci accorgeremo che la Bibbia condanna solo e sempre la raffigurazione e l’adorazione delle immagini e delle divinità pagane, ossia degli idoli, in contrasto con l’adorazione dell’unico vero Dio.
A questo punto, capite bene, bisogna portare le prove che dimostrano la veridicità della dottrina cattolica. Siamo sicuri di interpretare bene il comando di Dio? Si, siamo sicuri.
E le prove ci sono date sempre dalla Sacra Scrittura. Proprio la Bibbia insegna che Dio non proibisce, sempre, per qualunque ragione, di costruire immagini. Anzi, nella Bibbia si legge che Dio ha addirittura ordinato di costruire immagini e statue.
Restiamo nel libro dell’Esodo. Leggiamo, al capitolo 37, che Mosé, convocò “tutti gli uomini di ingegno” – e la Bibbia ci dice che questi uomini di ingegno, questi artisti “il Signore [li] aveva dotati di saggezza e di intelligenza, perché fossero in grado di eseguire i lavori della costruzione del santuario, fecero ogni cosa secondo ciò che il Signore aveva ordinato” (36,1). Bene: che cosa aveva ordinato il Signore? Aveva ordinato di adornare con statue e immagini l’Arca dell’Alleanza. Il libro dell’Esodo, ci svela un preciso, chiarissimo comando del Signore. È Jahvè che parla e ordina: “Farai due cherubini d’oro: li farai lavorati a martello sulle due estremità del coperchio. Fa’ un cherubino ad una estremità e un cherubino all’altra estremità. Farete i cherubini tutti di un pezzo con il coperchio alle sue due estremità. I cherubini avranno le due ali stese di sopra, proteggendo con le ali il coperchio; saranno rivolti l’uno verso l’altro e le facce dei cherubini saranno rivolte verso il coperchio” (Es. 25,18-21).
Ma allora, come si può vedere molto bene da questo brano, il Signore ordina di scolpire e fare statue di cherubini, cioè di angeli, per adornare i luoghi di culto. Vedete bene che quando non c’è il pericolo di idolatria, costruire statue per il culto corrisponde alla volontà di Dio. Non solo: sempre nel Libro dell’Esodo si legge che uno di quegli artisti che il Signore aveva dotati di saggezza e di intelligenza disegnò due cherubini sul “velo di porpora viola e di porpora rossa, di scarlatto e di bisso ritorto” (Es. 36,35).
Quindi, si capisce bene che non solo le statue, ma anche i disegni, le “immagini” di creature sono gradite a Dio, quando sono utilizzate per il culto e non v’è pericolo di idolatria. Basta questo esempio per rispondere definitivamente alle contestazioni. Noi cattolici possiamo star tranquilli: quando, nelle nostre chiese, troviamo statue di cherubini o di angeli e vediamo quadri che li raffigurano, siamo in perfetta sintonia con il volere di Dio, espresso molto bene nel Libro dell’Esodo. Basta questo esempio – dicevo – ma non ci accontentiamo, non ci fermiamo qui. La Bibbia ci offre altre informazioni che possiamo utilizzare per rinforzare le ragioni della nostra fede e per rispondere alle contestazioni.
Che la proibizione di scolpire statue di creature riguardasse solo quegli oggetti che sarebbero diventati idoli, è dimostrato anche da un altro episodio chiarissimo. Lo troviamo nel Libro dei Numeri, al capitolo 21. Il popolo d’Israele è uscito dall’Egitto e si trova nel deserto, in cammino verso la terra promessa. La durezza del viaggio causa una protesta contro Dio e contro Mosé.
Il Signore punisce questo grave peccato di ribellione contro la sua volontà mandando in mezzo al popolo serpenti velenosi che, dice la Bibbia: “mordevano la gente e un gran numero di Israeliti morì” (Nm 21,6). La punizione del Signore ottiene il pentimento del peccatore.
Il popolo si rivolge di nuovo fiducioso a Mosè e riconosce il proprio peccato. Mosé allora intercede presso Dio pregando e il Signore gli ordina: “Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque dopo essere stato morso, lo guarderà resterà in vita” (Nm 21,Cool. Vedete bene che il Signore, in questa occasione, ordina esplicitamente di costruire un oggetto che raffigura una creatura terrestre – il serpente -; naturalmente, in questo comando del Signore non c’è nessuna contraddizione con l’ordine dato da Dio di non costruire alcun oggetto che raffigurasse creature terrestri. Perché non vi è contraddizione? Perché la proibizione di costruire oggetti riguardava – come abbiamo detto- solo gli idoli; la proibizione voleva evitare – come abbiamo detto – il pericolo che questi oggetti diventassero idoli e fossero adorati al posto di Dio.
Anche qui è lecito porsi molto onestamente la domanda: stiamo interpretando bene la Sacra Scrittura? Si, e la prova è data dal fatto che quello stesso serpente costruito per ordine di Dio viene distrutto, sempre per ordine di Dio, quando gli Ebrei cominciano ad adorarlo, a bruciargli incenso, a dargli un nome idolatrico: Necustan (2 Re 18, 4).
Vedete amici: uno stesso oggetto può essere voluto da Dio se serve al culto e distrutto da Dio se diventa un idolo. Altro che proibizione assoluta di fare immagini, come sostengono i contestatori della dottrina cattolica. Facciamo un passo avanti nella nostra riflessione. Visto che la Bibbia illustra chiaramente la legittimità di costruire statue e di farsi immagini che richiamano la grandezza di Dio, chiediamo alla storia di dirci come sì sono comportati i primi cristiani.
La prima risposta che la storia ci dà riguarda il luogo di culto più importante di Israele, il Tempio, costruito dal grande re Salomone. Il Primo Libro dei Re descrive come Salomone ha costruito il tempio e ci dice che Salomone è stato lodato da Dio (9,3).
E la storia ci dice che Salomone fece porre nel tempio statue di metallo fuso che rappresentavano 12 buoi, poi ancora statue di leoni, di buoi e di cherubini. Come vedete, per adornare un luogo di culto, quando non vi è pericolo di idolatria, il Signore gradisce che si costruiscano statue e si realizzino dipinti. Ora, nessuno che abbia un pò di conoscenza della dottrina cattolica, può accusare i cattolici di adorare le statue che sì trovano nelle nostre chiese.
Non vi è il pericolo di adorare statue e dipinti, di considerare Maria, gli Angeli e i Santi come se fossero Dio e di metterli al posto di Dio.
La storia ci offre altre informazioni. Pensate alle molteplici pitture delle catacombe, alla sculture dei sarcofagi cristiani e alle statue di Gesù Buon pastore dell’antichità cristiana: ci dicono chiaramente che i cristiani hanno usato le immagini fin dalle origini della loro storia, fin dai tempi della Chiesa primitiva. Lo scrittore e filosofo cristiano Tertulliano, vissuto nel secondo secolo (ca. 155 — ca. 222 convertito al cristianesimo, grande difensore e grande apologeta, prima -purtroppo - di diventare lui stesso eretico, ci parla delle immagini del Buon Pastore con le quali i cristiani adornavano i calici (De pudicitia. 7,10). Siamo in epoca antichissima e già i cristiani si facevano immagini di Gesù Buon Pastore.
Ma allora, questo vuoi dire che quando nelle nostre chiese fanno bella figura dipinti e statue di Gesù Buon Pastore, noi cattolici non facciamo altro che imitare i primi cristiani. Lo storico Eusebio di Cesarea, vissuto a cavallo del terzo e quarto secolo (ca. 265 -ca. 340), dice dì avere visto con i propri occhi le immagini dipinte dì Gesù e dei santi apostoli Pietro e Paolo (Historia ecclesiastica, VII, 1Cool.
Evidentemente, i cristiani di quel tempo - e siamo in tempi antichissimi - utilizzavano le immagini di Gesù e dei santi. E questo ci consola: non solo noi cattolici, utilizzando immagini sacre, obbediamo al comando di Dio ma: imitiamo anche i primi cristiani Proseguiamo nella nostra riflessione.
Nella Chiesa cattolica l’uso delle immagini e della statue è strettamente connesso con la pratica della venerazione dei santi. Voi sapete bene che in buona parte del mondo protestante e nel mondo dei Testimoni di Geova questa venerazione dei santi, cosi come la insegna la Chiesa cattolica, viene contestata.
I riformatori protestanti, specialmente Zwingli e Calvino. già nel XVI secolo, ritenevano che il culto dei santi fosse una invenzione puramente umana, senza basi bibliche. Come rispondere? Cominciamo con il dire che nella Bibbia sono chiamati “santi” tutti quelli che hanno fatto la scelta cristiana, tutti i membri della comunità di Cristo.
Tutti siamo santi perché Dio ci ha scelti, chiamandoci alla fede, separandoci dal mondo e dagli altri uomini. Santo vuoi dire infatti “separato”. Ma noi restringiamo il discorso a quei santi che sono già in Cielo: uomini e donne che si sono distinti per avere praticato le virtù cristiane in modo eroico.
E’ lecito — ecco la nostra domanda — venerare questi santi? Oppure questo va contro la volontà di Dio? La Bibbia, se ben letta, risponde chiaramente che è del tutto legittimo venerare i santi, pregarli, chiedere la loro intercessione. Ma noi cerchiamo la risposta a questa domanda nel campo della storia della Chiesa, della Chiesa primitiva.
Come si comportavano primi cristiani? Quelli a cui tutti fanno riferimento come esemplari? Dobbiamo sapere che fin dai primissimi tempi della Chiesa il martirio, cioè il donare la vita per la fede, era considerato come la massima espressione dell’amore a Dio e della fede.
Il martire era considerato un eroe e tutta la comunità cristiana circondava di venerazione — come facciamo oggi noi cattolici — il corpo e la tomba del martire. Il Libro degli Atti degli Apostoli, che possiamo considerare, oltre che Libro Sacro, anche la prima storia della Chiesa, narra, al capitolo 8, che dopo il martirio di Santo Stefano, “Persone pie seppellirono Stefano e fecero grande lutto per lui”.
Nella chiesa primitiva, proprio come facciamo noi cattolici, veniva ricordato l’anniversario della morte del martire e lo si pregava perché intercedesse presso Dio in favore dei vivi.
Non mancano i documenti, il primo che la storia ci ha tramandato ricorda il ‘giorno del martirio” di San Policarpo, che fu martirizzato il 23 febbraio dell’anno 155 a Smirne, nell’odierna Turchia. Questo documento è stato scritto probabilmente nell’anno 177 dalla Comunità di Smirne e si intitola "Martirio di San Policarpo". E’ un documento che chiarisce bene la distinzione tra la adorazione da tributare a Cristo, perché è Dio e la venerazione da tributare ai martiri, perché sono stati discepoli e imitatori di Cristo. Leggiamo: “Noi adoriamo lui [il Cristo] perché è Figlio di Dio, i martiri invece li amiamo come discepoli e imitatori del Signore (...). Pertanto il centurione, visto l’accanimento dei Giudei nella contesa, fece portare in mezzo il corpo e lo fece bruciare secondo costume pagano. Così non solo più tardi potemmo raccogliere le sue ossa, più preziose delle gemme più insigni e più stimabili dell’oro, e le collocammo in luogo conveniente.
Quivi per quanto ci sarà possibile, ci raduneremo con gioia e allegrezza, per celebrare, con l’aiuto del Signore, il giorno natalizio del suo martirio, per rievocare la memoria di coloro che hanno combattuto prima di noi, e per tenere esercitati e pronti quelli che dovranno affrontare la lotta” (Dal martirio di San Policarpo, cc. 17 e 1Cool.
Da questo prezioso e antichissimo documento appare chiaramente che nei primissimi tempi - siamo poco dopo la metà dei secondo secolo – i cristiani veneravano i martiri. i santi, raccoglievano e custodivano le loro reliquie: proprio come facciamo oggi noi cattolici.
I cristiani dei primi tempi raccoglievano. con religiosa pietà, quando ere possibile, le sacre spoglie dei martiri per seppellirle onoratamente, e poi celebravano il dìes natalis, cioè il giorno del martirio, con la Messa.
La storia ci trasmette molti altri dati. Abbiamo già parlato di santo Stefano, i! primo martire e abbiamo visto che persone pie raccolsero il suo corpo per seppellirlo e fare un grande lutto.
Abbiamo già visto San Policarpo. Lo storico Eusebio di Cesarea ci racconta che il senatore romano Astirio, presente al martirio del soldato Marino, “si pose sopra e spalle il cadavere, lo avvolse in scintillante e preziosa veste e con magnifica pompa lo collocò in una tomba conveniente” (Hist. Eccl., VII; 16).
A Cartagine i cristiani, dopo la morte di San Cipriano , presero di notte il corpo del martire e lo accompagnarono fra ceri e fiaccole con preghiere in solenne corteo fino al sepolcro.
I cristiani si radunavano sulla tomba, o, se questo non era possibile per via della persecuzione o per altre ragioni, per commemorare i martiri con la celebrazione eucaristica e con altri riti liturgici.
San Cipriano voleva che si tenesse conto del giorno della morte dei confessori della fede per celebrare la loro memoria. Si sa del martire Pionio arrestato in casa mentre celebrava il natalizio di San Policarpo.
Molti altri esempi si potrebbero portare. Resta un fatto, con il quale chiudiamo questa nostra conversazione. Utilizzare immagini sacre, venerare i santi che vi sono rappresentati è cosa gradita a Dio, non contraria all’insegnamento della Bibbia e in sintonia con quello che i cristiani hanno sempre fatto, fin dai tempi della Chiesa primitiva.
Noi cattolici possiamo dunque star tranquilli: le contestazioni non scalfiscono la nostra fede.

Tratto da Cattolicesimo.eu

mercoledì 29 ottobre 2008


Santa Messa di Guarigione e Liberazione

Per un servizio concreto e specifico alla comunità cittadina di Piacenza, la Parrocchia di san Giuseppe all'Ospedale con il consenso del Vescovo Gianni e dei Parroci

O F F R E

alle persone ammalate e sofferenti e alle loro famiglie

La Celebrazione Eucaristica, con la Sacra Unzione;

la Preghiera di Liberazione;
e la Preghiera di Guarigione

ogni ultimo giovedì del mese (da novembre 2008 a giugno 2009) alle ore 15
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Inizio degli incontri celebrativi
giovedì 30 ottobre 2008 ore 15
Chiesa di San Giuseppe all'Ospedale
Via Campagna, 68 - Piacenza

celebra don Pietro Viola
Parroco Esorcista della Diocesi di Parma

martedì 28 ottobre 2008


Non abbassiamo la guardia, e facciamo si che la mascherata detta 'halloween' non faccia più notizia!

Halloween non fa più notizia.

È un dato di fatto, anche in Italia. Come se ci fosse sempre stata. Invece è comparsa, almeno come fenomeno di costume, non più di dieci (n.d.r.) anni fa. Ma nessuno si chiede più perché ragnatele, zucche e teschi invadano le vetrine di ogni genere di negozi a fine ottobre. «In fondo si tratta solo di una festa innocua», è l'acquiescente risposta che ci diamo.

Occorre promuovere, innanzi tutto, una serie di atteggiamenti positivi e propositivi che per il cristiano significano testimonianza prima ancora che sfida. Un primo passo è quello della conoscenza e dell'informazione per vivere consapevolmente questi veri e propri segni dei tempi. La repentina imposizione di un fenomeno di massa come Halloween non può passare sotto l'attenzione di tutti come se nulla fosse, a meno che non si sia sprofondati nella rassegnazione. Bisogna avere il coraggio di farsi delle domande, ma anche di farle: provate a domandare che cosa si festeggia ad Halloween, o perché la si festeggia in Italia: otterrete le più varie, balbettanti risposte.

Offrire alternative valide

Il secondo atteggiamento che dovrebbero promuovere quanti si occupano della catechesi è riproporre il valore della solennità di Tutti i santi, all'interno di una rinnovata catechesi sui misteri escatologici della fede cristiana. La liturgia ci prepara alla commemorazione dei fedeli defunti celebrando la comunione di tutta la Chiesa – di quanti pellegrinano, di quanti si purificano e di quanti già contemplano Dio – ricordandoci la comune vocazione alla santità. Dunque la solennità di Tutti i santi va riproposta innanzi tutto nel suo significato ecclesiale, secondo quanto ricorda Lumen gentium 49: «Tutti quelli che sono di Cristo, infatti, avendo il suo Spirito formano una sola Chiesa e sono tra loro uniti in lui (cf Ef 4,16). L'unione di coloro che sono in cammino coi fratelli morti nella pace di Cristo non è affatto spezzata, anzi, secondo la perenne fede della Chiesa, è consolidata dalla comunione dei beni spirituali».

Questa fraternità indistruttibile è un annuncio di speranza più liberante di qualsiasi esorcismo sull'aldilà: nella notte in cui Halloween dà piede libero ai nostri fantasmi interiori, la Chiesa c'invita a meditare non sulla morte, ma sulla vita eterna. Tornare a contemplare l'orizzonte ultimo della nostra vita è l'incoraggiamento di cui abbiamo bisogno per dissipare demoni e paure.

L'ultima attenzione pastorale da attuare è quella verso i bambini, proprio perché Halloween ne fa i suoi involontari protagonisti. Qui il ruolo dei genitori diventa insostituibile: per quanto insegnanti o catechisti possano aiutarli, è loro compito accompagnare gradualmente i figli verso una presa di coscienza pacifica, ma senza veli, con il mistero della morte. Una modalità è certamente la visita ai propri cari al cimitero, raccontando le loro vite ai ragazzi se non li hanno conosciuti, magari con l'aiuto delle loro fotografie. Insegnare a pregare per i defunti con serena confidenza è la via migliore per sviluppare una visione cristiana dell'aldilà, vitale, sentita, integrata anche a livello affettivo. Da incoraggiare, infine, il rapporto dei bambini con gli anziani e i nonni in modo speciale.

Paolo Pegoraro

brano tratto dalla rivista Vita Pastorale 10 ottobre 2005
Editrice San Paolo

domenica 26 ottobre 2008


26 Ottobre 2008 XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

Oggi la Chiesa celebra: Santi Luciano e Marciano, Martiri

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 22,34-40

Allora i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?». Gli rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Meditazione del giorno: Sant'Anselmo d'Aosta
Sant'Anselmo d'Aosta (1033-1109), monaco, vescovo, dottore della ChiesaLettere, 112, Opera omnia, III, 245

«Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i profeti»

Poiché regnare in cielo non è altro che essere una cosa sola con Dio e con tutti i santi, gli angeli e gli uomini, uniti in una sola volontà e mediante l'amore tanto da esercitare tutti insieme un solo potere: ama Dio più di te stesso e già comincerai ad avere su questa terra quanto vuoi avere perfettamente in cielo. Sii di un solo volere con Dio e con gli uomini, con quelli solo però che non sono in disaccordo con Dio, e comincerai così a regnare con Dio e con tutti i giusti. Nella misura in cui ora ti conformi alla volontà di Dio e degli uomini, Dio con tutti i santi si conformerà alla tua volontà. Se dunque vuoi essere un sovrano in cielo, ama Dio e gli uomini come devi e meriterai di essere ciò che desideri.Ma non potrai avere questo amore perfetto, se non avrai svuotato il tuo cuore da ogni altro amore... Perciò quelli che hanno il cuore pieno d'amore di Dio e del prossimo, nient'altro vogliono se non ciò che vuole Dio, o qualunque altra cosa purché non sia contro Dio. Per questo si applicano assiduamente nella preghiera e in colloqui e meditazioni sulle realtà celesti, perché è dolce per essi desiderare Dio, parlarne e sentirne parlare, e pensare a lui che tanto amano; perciò godono con chi gode, piangono con chi piange (Rm 12, 1-5), hanno compassione dei miseri e soccorrono i poveri: così amano gli altri come se stessi... «Da questi due comandamenti dell'amore dipendono tutta la Legge e i profeti ».
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SENZA MISURA

Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore..
e il prossimo tuo come te stesso
(Mt 22,37.39)

Amore, indicibile senso dell’amore!
Che cosa sei? Un fuoco che brucia,
un’acqua che travolge, un silenzioso
movimento del cuore verso l’altro?

Come vorrei definire l’indecifrabile!
L’Amore non è un sentimento sensibile,
né desiderio di possesso dell’altro,
per una semplice gratificazione.

Amore non è follia dei sensi
né imprigionamento condizionante
della volontà che non sa più orientarsi;
amore non è passare di fiore in fiore…

Amore è Persona, è l’Essere aperto
verso l’altro; amore è introdurre
l’altro nell’intimo di se stessi, per
comunicargli la vita, istante per istante.

Amore è il Creatore, perché fa bello
ogni essere, per la gioia degli occhi,
delle mani e del cuore. Amore
è la Bellezza per eccellenza.

Chi ama non alza barriere, ma apre
spazi nuovi per la crescita dell’altro;
amare è condividere la felicità di esistere,
è armonia dell’anima col cosmo!

Si espande il profumo della vita:
basta fare l’altro partecipe del bene
che sta dentro di te, senza calcoli;
tenuto per te, l’amore marcisce.

Amare l’altro con la stessa forza
con cui ti senti amato da Dio, è felicità;
accogliere il fratello con gioia, è un anello
della catena d’amore che avvolge il mondo.

Soffri per l’Amore, ogni volta
che accetti di svuotare te stesso
per fare posto all’altro che cerca
di esprimere la sua parte migliore.

Amare Dio Amore, significa riconoscere
che sei amato dall’amore eterno;
amare il fratello è dare un volto
a Colui che ti ha amato per primo.

Il fratello che ami è la misura dell’amore
che hai verso Dio; è riconoscere che Dio
ama indicibilmente ogni uomo
facendo dono di sé ad ogni istante.

Amare è morire per risorgere nell’altro,
è espandere la propria vita in ogni cuore,
fino ad incendiare d’amore il mondo,
la storia, i popoli, l’universo planetario.

Signore insegnami ad amare l’Amore

Pben 26, x, 2008