martedì 13 maggio 2008

Con il Santo Padre, per difendere la vita

CITTA' DEL VATICANO, 12 MAGGIO

Il Papa: la Legge 194,
ferita per la società

"Occorre aiutare con ogni strumento legislativo
la famiglia per facilitare la sua formazione e
opera educativa, nel non facile contesto sociale..."


L'anatema di Benedetto XVI contro l'aborto.
"L’aver permesso di ricorrere all’interruzione della gravidanza, non solo non ha risolto i problemi che affliggono molte donne e non pochi nuclei familiari, ma ha aperto una ulteriore ferita nelle nostre società, già purtroppo gravate da profonde sofferenze". Lo ha detto il Papa agli esponenti del Movimento per la vita ricevuti a 30 anni dalla approvazione in Italia della legge 194 sulla interruzione di gravidanza. "Guardando ai passati tre decenni" successivi alla approvazione in Italia della legge 194 sull’aborto "e considerando l’attuale situazione, non si può non riconoscere che difendere la vita umana è diventato oggi praticamente più difficile, perché si è creata una mentalità di progressivo svilimento del suo valore, affidato al giudizio del singolo" ha continuato il Pontefice.

Aiutare la famiglia "Occorre aiutare con ogni strumento legislativo la famiglia per facilitare la sua formazione e la sua opera educativa, nel non facile contesto sociale odierno". Lo ha chiesto il Papa. E le Istituzioni devono "di nuovo porre vita e famiglia al centro. Certamente - ha ricordato Bendetto XVI - molte e complesse sono le cause che conducono a decisioni dolorose come l’aborto. Se da una parte la Chiesa, fedele al comando del suo Signore, non si stanca di ribadire che il valore sacro dell’esistenza di ogni uomo affonda le sue radici nel disegno del Creatore, dall’altra stimola a promuovere ogni iniziativa a sostegno delle donne e delle famiglie per creare condizioni favorevoli all’accoglienza della vita, e alla tutela dell’istituto della famiglia fondato sul matrimonio tra un uomo e una donna". Ma, ha osservato ancora Benedetto XVI, "diversi problemi continuano ad attanagliare la società odierna, impedendo di dare spazio al desiderio di tanti giovani di sposarsi e formare una famiglia per le condizioni sfavorevoli in cui vivono. La mancanza di lavoro sicuro, legislazioni spesso carenti in materia di tutela della maternità, l’impossibilità di assicurare un sostentamento adeguato ai figli, sono alcuni degli impedimenti che sembrano soffocare l’esigenza dell’amore fecondo, mentre aprono le porte a un crescente senso di sfiducia nel futuro".

Da il Giornale.it del 13 maggio 2008
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L’ENCICLICA DI PAOLO VI
«Il progresso scientifico conferma la lungimiranza dell’Humanae vitae»
Matrimonio e procreazione,
quelle parole di verità

«Il gravissimo compito di trasmettere la vita umana, per la quale gli sposi sono liberi e responsabili collaboratori di Dio Creatore è sempre stato per essi fonte di grandi gioie, seppur talvolta accompagnate da non poche difficoltà e angustie. In tutti i tempi l’adempimento di questo dovere ha posto alla coscienza dei coniugi seri problemi, ma col recente evolversi della società, si sono prodotti mutamenti tali da far sorgere nuove questioni, che la Chiesa non poteva ignorare, trattandosi di materia che tanto da vicino tocca la vita e la felicità degli uomini». Sono le parole iniziali dell’Humanae vitae, l’enciclica di Paolo VI dedicata alle sfide che venivano poste già quarant’anni fa, nel 1968, dalle politiche demografiche. Nella lettera enciclica (pubblicata il 25 luglio di quell’anno) si ribadivano concetti cardine della morale cattolica, come paternità e maternità responsabile, inscindibilità dell’unione tra gli sposi e la procreazione. Di conseguenza venivano ritenuti illeciti l’aborto, la sterilizzazione e «ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione». Si riteneva, invece, lecito il ricorso ai periodi infecondi rispetto all’uso degli anticoncezionali. «Infatti – si legge nel testo – i due casi differiscono completamente tra di loro: nel primo caso i coniugi usufruiscono legittimamente di una disposizione naturale; nell’altro caso essi impediscono lo svolgimento dei processi naturali». In questi quarant’anni il dibattito sulla sessualità si è intrecciato alle evoluzioni del costume. È diventato “rivoluzione”, simbolo, mito, “liberazione”. È stato frainteso e strumentalizzato. Ma quel documento così contestato offre ancora lo spunto per rileggere i principi della morale cristiana in tema di sessualità coniugale e di regolazione delle nascite, con la promozione dei 'metodi naturali' che, secondo l’enciclica, sono la prova di «amore vero e integralmente onesto». Un messaggio che non ha perso la sua attualità.
Da Avvenire del 13 maggio 2008