Religiosi e cavalieri
Autore: Alberto TORRESANI
Nati durante le crociate, i monaci-guerrieri svolsero compiti decisivi per la difesa della Cristianità. E ancora oggi compiono opere di autentica carità, spesso offerta nel segreto e nel nascondimento. L’odio dell’incipiente laicismo verso i templari. Il Sacro Romano Impero, fondato la notte di Natale dell’anno 800 con l’incoronazione di Carlo Magno, durò fino alla deposizione di Carlo il Grosso nell’887 per la sua manifesta incapacità di difendere l’Impero dalle incursioni dei Vichinghi. In seguito, come spesso è avvenuto nella storia della Chiesa, i Vescovi dovettero esercitare una funzione vicaria, spettante al potere centrale, ossia provvedere alla difesa locale delle città e delle campagne dalle incursioni di pirati di terra e di mare. Gli storici definiscono Età feudale i due secoli successivi per indicare il decentramento dei poteri sovrani dello Stato, comprendenti la facoltà di coniare monete, di arruolare soldati e di amministrare la giustizia in prima istanza, esercitati da vescovi-conti che operavano come autorità religiose e anche come autorità civili, avendo ricevuto in beneficio un feudo che permetteva di organizzare la difesaarmata contro Magiari, Saraceni e Vichinghi, in grado di razziare ogni estate gran parte d’Europa. La morale cristiana ha sempre giudicato lecita la guerra contro un ingiusto aggressore. Nel caso ricordato c’era anche la difesa della società cristiana aggredita da incursori pagani. Ma chi era in grado di fare la guerra a quei tempi? La società feudale è caratterizzata dalla sua semplicità. Esistevano solamente tre ceti: guerrieri, sacerdoti e contadini. I primi dovevano garantire la difesa di tutti; i secondi dovevano pregare per tutti; i contadini dovevano procurare il cibo necessario ad ognuno. Perciò le armi erano possedute e usate solamente dai nobili, per lo più discendenti delle popolazioni germaniche che avevano invaso l’antico Impero romano nel V e VI secolo. I nobili combattevano come cavalieri armati pesantemente. Avevano al proprio servizio almeno sei sergenti che combattevano a piedi e uno scudiero che doveva prendersi cura dei cavalli. Solamente i nobili potevano praticare la caccia, intesa come allenamento e fonte di proteine animali necessarie per praticare quel duro lavoro. Avendo nelle armi l’unica occupazione, i nobili erano convinti d’aver diritto a fare guerre private, intese come duelli allargati al proprio clan famigliare. Spesso anche i vescovi erano uomini d’arme, nominati dagli imperatori per accorrere sul campo di battaglia in caso di necessità. Dopo il Mille diminuirono le incursioni dei popoli accennati, ma rimase ben vivo il flagello delle guerre private, con danno per i commerci, la sicurezza delle strade, il lavoro nei campi. Per iniziativa dei monaci di Cluny e degli imperatori della casa di Franconia, furono lanciati due movimenti abbastanza simili tra loro, la Tregua Dei e la Pax Dei, miranti a impedire le guerre private nei tempi forti dell’anno liturgico (Avvento, Quaresima) e nei giorni della settimana santificati dalla passione di Cristo (dal mercoledì sera alla domenica). Chi si ostinava a far guerre private nei giorni proibiti era scomunicato. Tutti sanno che per far rispettare un divieto occorre una forza in grado di opporsi ai trasgressori. Fu trovato anche il motto per giustificare quel compito: “far guerra alla guerra”. Le Crociate furono provocate dalle richieste giunte dall’imperatore bizantino Alessio II, dopo la sconfitta subita per opera dei Turchi Selgiukidi a Manzikert in Armenia nel 1071 e un successivo massacro di pellegrini cristiani in Terrasanta. L’occidente rispose con quell’impetuoso movimento di cavalieri verso l’oriente, vissuto allora come un meritorio pellegrinaggio armato. Realizzata con successo la Prima crociata e costituito il Regno di Gerusalemme, si poneva il problema di dare continuità alla difesa di quel regno quando i crociati tornavano in occidente. È noto che la funzione produce l’organo, ossia la creazione degli Ordini cavallereschi, essenzialmente gli Ospitalieri e i Templari. I primi nacquero per dare alloggio e assistenza medica ai pellegrini in Terrasanta. I fondatori furono un gruppo di mercanti di Amalfi che misero una casa a disposizione dei malati sotto l’invocazione di san Giovanni elemosiniere, sostituito più tardi da san Giovanni Battista. Nei porti di partenza e di arrivo usati dai crociati si moltiplicarono istituzioni simili rette dai Giovanniti. Più tardi, imitando i Templari, anche i Giovanniti crearono gruppi di monaci guerrieri col compito di scortare i pellegrini dalla costa a Gerusalemme e ritorno. Così nacquero i Cavalieri di San Giovanni, più tardi conosciuti come Cavalieri di Rodi e, infine, come Cavalieri di Malta, ancora attivi ai giorni nostri alla guida di ospedali.Più noti i Cavalieri Templari per via della loro storia tragica. L’idea di formare un Ordine di monaci combattenti venne a sette cavalieri crociati verso l’anno 1119. Essi decisero di inviare in occidente uno di loro, Ugo di Payns, per ottenere l’approvazione ecclesiastica del nuovo Ordine religioso. Ugo di Payns ebbe la ventura di incontrare Bernardo di Chiaravalle, già famoso perché a sua volta aveva dato impulso al rinnovamento monastico con la diffusione eccezionale dell’Ordine dei Cistercensi, divenuto protagonista dell’espansione agraria d’Europa. L’ormai famoso abate di Chiaravalle compose la regola del nuovo Ordine cavalleresco (essenzialmente quella dei Canonici regolari), premettendo l’Elogio della cavalleria nuova, che non manca di affascinare anche i lettori d’oggi. La nuova istituzione comprendeva tre categorie di membri: i cavalieri che dovevano possedere i quattro quarti di nobiltà; i serventi al servizio dei cavalieri in battaglia; e i cappellani che espletavano i compiti propriamente religiosi. Solamente questi ultimi potevano accedere al sacerdozio, perché Ecclesia abhorret a sanguine (anche oggi i cappellani militari non possono impugnare le armi). Consta che san Bernardo non si sia accinto al compito di scrivere gli Statuti del nuovo Ordine con entusiasmo. Lo fece per obbedienza, così come per obbedienza compì un largo giro di prediche per proclamare la Seconda crociata realizzata tra il 1146 e il 1147, peraltro con infinito dispendio di forze e con poco costrutto per la difesa del Regno di Gerusalemme. Quando Ugo di Payns tornò in Terrasanta con le debite approvazioni, il re di Gerusalemme Baldovino II si affrettò a concedergli un convento-caserma posto sulla spianata del tempio di Gerusalemme e perciò quei cavalieri furono denominati “Templari”. Dal punto di vista della storia degli Ordini religiosi, i Templari sono significativi perché con loro si interrompeva la tradizione benedettina della stabilitas loci, ossia la prassi di esser assegnati a un determinato monastero per tutta la vita, per favorire il nuovo ideale di cristianizzare l’uso delle armi, ponendole al servizio di Dio e dei deboli, a protezione di pellegrini e viandanti minacciati dai predoni: insomma, far guerra alla guerra. Il reclutamento dei Templari avveniva in occidente, dove si formarono Commende dotate di beni patrimoniali per sostenerle. Quando il cavaliere aveva ultimato il noviziato dimostrando di possedere adeguata capacità tecnica per combattere, veniva trasferito oltremare, per dare il cambio ai cavalieri divenuti inabili al servizio attivo. Poiché tali trasferimenti avvenivano con l’equipaggiamento militare, divenne molto conveniente per i mercanti versare in occidente il loro oro, ricevere una lettera di credito da presentare presso le commende orientali dei Templari, che ricevevano una piccola percentuale per questo servizio, ma espletando in questo modo un vero e proprio servizio di sportello bancario, divenuto ben presto fonte di accumulo capitalistico, richiamando sull’Ordine attenzioni pericolose.L’ideale cavalleresco, in un’epoca che identificava nobiltà ed esercizio delle armi, ebbe grande diffusione. Nel XII secolo furono fondati anche i Cavalieri Teutonici, i Portaspada, e un poco più tardi i Cavalieri di Santa Maria in Germania; gli Ordini di Santiago e di Calatrava in Spagna; i Cavalieri dell’Ordine del Cristo in Portogallo. In Francia, nei confronti di Ordini religioso-cavallereschi, con reclutamento internazionale e perciò sottratti al controllo immediato del re di Francia, si sviluppò un’avversione che condusse allo scioglimento dell’Ordine dei Templari, ottenuto dal re Filippo IV nel 1311, durante il Concilio di Vienne. Il papa Clemente V (1305- 1314) indicò nella bolla di scioglimento i reali motivi di quel provvedimento, affermando che esso «era divenuto inutile in Terrasanta e inviso al re di Francia». Nel 1314 avvenne il supplizio del Gran Maestro Jacques de Molay e degli altri templari, sopravvissuti a sette anni di processi e di torture, mediante il bruciamento a fuoco lento. Essi morirono citando il Papa e il re davanti al tribunale di Dio. È un fatto che nel 1314 morirono, a pochi mesi di distanza, sia Filippo IV sia il papa Clemente V.
Nati durante le crociate, i monaci-guerrieri svolsero compiti decisivi per la difesa della Cristianità. E ancora oggi compiono opere di autentica carità, spesso offerta nel segreto e nel nascondimento. L’odio dell’incipiente laicismo verso i templari. Il Sacro Romano Impero, fondato la notte di Natale dell’anno 800 con l’incoronazione di Carlo Magno, durò fino alla deposizione di Carlo il Grosso nell’887 per la sua manifesta incapacità di difendere l’Impero dalle incursioni dei Vichinghi. In seguito, come spesso è avvenuto nella storia della Chiesa, i Vescovi dovettero esercitare una funzione vicaria, spettante al potere centrale, ossia provvedere alla difesa locale delle città e delle campagne dalle incursioni di pirati di terra e di mare. Gli storici definiscono Età feudale i due secoli successivi per indicare il decentramento dei poteri sovrani dello Stato, comprendenti la facoltà di coniare monete, di arruolare soldati e di amministrare la giustizia in prima istanza, esercitati da vescovi-conti che operavano come autorità religiose e anche come autorità civili, avendo ricevuto in beneficio un feudo che permetteva di organizzare la difesaarmata contro Magiari, Saraceni e Vichinghi, in grado di razziare ogni estate gran parte d’Europa. La morale cristiana ha sempre giudicato lecita la guerra contro un ingiusto aggressore. Nel caso ricordato c’era anche la difesa della società cristiana aggredita da incursori pagani. Ma chi era in grado di fare la guerra a quei tempi? La società feudale è caratterizzata dalla sua semplicità. Esistevano solamente tre ceti: guerrieri, sacerdoti e contadini. I primi dovevano garantire la difesa di tutti; i secondi dovevano pregare per tutti; i contadini dovevano procurare il cibo necessario ad ognuno. Perciò le armi erano possedute e usate solamente dai nobili, per lo più discendenti delle popolazioni germaniche che avevano invaso l’antico Impero romano nel V e VI secolo. I nobili combattevano come cavalieri armati pesantemente. Avevano al proprio servizio almeno sei sergenti che combattevano a piedi e uno scudiero che doveva prendersi cura dei cavalli. Solamente i nobili potevano praticare la caccia, intesa come allenamento e fonte di proteine animali necessarie per praticare quel duro lavoro. Avendo nelle armi l’unica occupazione, i nobili erano convinti d’aver diritto a fare guerre private, intese come duelli allargati al proprio clan famigliare. Spesso anche i vescovi erano uomini d’arme, nominati dagli imperatori per accorrere sul campo di battaglia in caso di necessità. Dopo il Mille diminuirono le incursioni dei popoli accennati, ma rimase ben vivo il flagello delle guerre private, con danno per i commerci, la sicurezza delle strade, il lavoro nei campi. Per iniziativa dei monaci di Cluny e degli imperatori della casa di Franconia, furono lanciati due movimenti abbastanza simili tra loro, la Tregua Dei e la Pax Dei, miranti a impedire le guerre private nei tempi forti dell’anno liturgico (Avvento, Quaresima) e nei giorni della settimana santificati dalla passione di Cristo (dal mercoledì sera alla domenica). Chi si ostinava a far guerre private nei giorni proibiti era scomunicato. Tutti sanno che per far rispettare un divieto occorre una forza in grado di opporsi ai trasgressori. Fu trovato anche il motto per giustificare quel compito: “far guerra alla guerra”. Le Crociate furono provocate dalle richieste giunte dall’imperatore bizantino Alessio II, dopo la sconfitta subita per opera dei Turchi Selgiukidi a Manzikert in Armenia nel 1071 e un successivo massacro di pellegrini cristiani in Terrasanta. L’occidente rispose con quell’impetuoso movimento di cavalieri verso l’oriente, vissuto allora come un meritorio pellegrinaggio armato. Realizzata con successo la Prima crociata e costituito il Regno di Gerusalemme, si poneva il problema di dare continuità alla difesa di quel regno quando i crociati tornavano in occidente. È noto che la funzione produce l’organo, ossia la creazione degli Ordini cavallereschi, essenzialmente gli Ospitalieri e i Templari. I primi nacquero per dare alloggio e assistenza medica ai pellegrini in Terrasanta. I fondatori furono un gruppo di mercanti di Amalfi che misero una casa a disposizione dei malati sotto l’invocazione di san Giovanni elemosiniere, sostituito più tardi da san Giovanni Battista. Nei porti di partenza e di arrivo usati dai crociati si moltiplicarono istituzioni simili rette dai Giovanniti. Più tardi, imitando i Templari, anche i Giovanniti crearono gruppi di monaci guerrieri col compito di scortare i pellegrini dalla costa a Gerusalemme e ritorno. Così nacquero i Cavalieri di San Giovanni, più tardi conosciuti come Cavalieri di Rodi e, infine, come Cavalieri di Malta, ancora attivi ai giorni nostri alla guida di ospedali.Più noti i Cavalieri Templari per via della loro storia tragica. L’idea di formare un Ordine di monaci combattenti venne a sette cavalieri crociati verso l’anno 1119. Essi decisero di inviare in occidente uno di loro, Ugo di Payns, per ottenere l’approvazione ecclesiastica del nuovo Ordine religioso. Ugo di Payns ebbe la ventura di incontrare Bernardo di Chiaravalle, già famoso perché a sua volta aveva dato impulso al rinnovamento monastico con la diffusione eccezionale dell’Ordine dei Cistercensi, divenuto protagonista dell’espansione agraria d’Europa. L’ormai famoso abate di Chiaravalle compose la regola del nuovo Ordine cavalleresco (essenzialmente quella dei Canonici regolari), premettendo l’Elogio della cavalleria nuova, che non manca di affascinare anche i lettori d’oggi. La nuova istituzione comprendeva tre categorie di membri: i cavalieri che dovevano possedere i quattro quarti di nobiltà; i serventi al servizio dei cavalieri in battaglia; e i cappellani che espletavano i compiti propriamente religiosi. Solamente questi ultimi potevano accedere al sacerdozio, perché Ecclesia abhorret a sanguine (anche oggi i cappellani militari non possono impugnare le armi). Consta che san Bernardo non si sia accinto al compito di scrivere gli Statuti del nuovo Ordine con entusiasmo. Lo fece per obbedienza, così come per obbedienza compì un largo giro di prediche per proclamare la Seconda crociata realizzata tra il 1146 e il 1147, peraltro con infinito dispendio di forze e con poco costrutto per la difesa del Regno di Gerusalemme. Quando Ugo di Payns tornò in Terrasanta con le debite approvazioni, il re di Gerusalemme Baldovino II si affrettò a concedergli un convento-caserma posto sulla spianata del tempio di Gerusalemme e perciò quei cavalieri furono denominati “Templari”. Dal punto di vista della storia degli Ordini religiosi, i Templari sono significativi perché con loro si interrompeva la tradizione benedettina della stabilitas loci, ossia la prassi di esser assegnati a un determinato monastero per tutta la vita, per favorire il nuovo ideale di cristianizzare l’uso delle armi, ponendole al servizio di Dio e dei deboli, a protezione di pellegrini e viandanti minacciati dai predoni: insomma, far guerra alla guerra. Il reclutamento dei Templari avveniva in occidente, dove si formarono Commende dotate di beni patrimoniali per sostenerle. Quando il cavaliere aveva ultimato il noviziato dimostrando di possedere adeguata capacità tecnica per combattere, veniva trasferito oltremare, per dare il cambio ai cavalieri divenuti inabili al servizio attivo. Poiché tali trasferimenti avvenivano con l’equipaggiamento militare, divenne molto conveniente per i mercanti versare in occidente il loro oro, ricevere una lettera di credito da presentare presso le commende orientali dei Templari, che ricevevano una piccola percentuale per questo servizio, ma espletando in questo modo un vero e proprio servizio di sportello bancario, divenuto ben presto fonte di accumulo capitalistico, richiamando sull’Ordine attenzioni pericolose.L’ideale cavalleresco, in un’epoca che identificava nobiltà ed esercizio delle armi, ebbe grande diffusione. Nel XII secolo furono fondati anche i Cavalieri Teutonici, i Portaspada, e un poco più tardi i Cavalieri di Santa Maria in Germania; gli Ordini di Santiago e di Calatrava in Spagna; i Cavalieri dell’Ordine del Cristo in Portogallo. In Francia, nei confronti di Ordini religioso-cavallereschi, con reclutamento internazionale e perciò sottratti al controllo immediato del re di Francia, si sviluppò un’avversione che condusse allo scioglimento dell’Ordine dei Templari, ottenuto dal re Filippo IV nel 1311, durante il Concilio di Vienne. Il papa Clemente V (1305- 1314) indicò nella bolla di scioglimento i reali motivi di quel provvedimento, affermando che esso «era divenuto inutile in Terrasanta e inviso al re di Francia». Nel 1314 avvenne il supplizio del Gran Maestro Jacques de Molay e degli altri templari, sopravvissuti a sette anni di processi e di torture, mediante il bruciamento a fuoco lento. Essi morirono citando il Papa e il re davanti al tribunale di Dio. È un fatto che nel 1314 morirono, a pochi mesi di distanza, sia Filippo IV sia il papa Clemente V.
Bibliografia Alain Demurger, Vita e morte dell’Ordine dei Templari, Garzanti, 2005. AA. VV, Storia della Chiesa. La riforma gregoriana e la riconquista cristiana (1057-1125), vol. VIII, San Paolo, 1995. Mario Arturo Iannaccone, Templari, il martirio della memoria, Sugarco, 2005. Régine Pernoud, I Templari, Effedieffe, 1993.
da IL TIMONE - Marzo 2006 (pag. 22-24)