lunedì 26 novembre 2007

Dal sito una-vox.it proponiamo questa interessante e ponderata riflessione di don Ivo Cisar. Da questa associazione tradizionalista cattolica vengono delle ottime indicazioni da non trascurare

La santa Comunione sulla lingua.
Ragioni teologiche

di don Ivo Cisar

I sacramenti sono "segni e strumenti" o "segni pieni". Lo è soprattutto l’eucaristia, Corpo e Sangue di Gesù Cristo, "pieno di grazia" (Gv 1,14), nel quale "abita corporalmente tutta la pienezza della divinità" (Col 2,9), "perché piacque a Dio di fare abitare in Lui ogni pienezza" (Col 1,19). Fa parte della ratio signi anche il rito.
I sacramenti "non solo suppongono la fede, ma con le parole e gli elementi rituali (rebus) la nutrono, la irrobustiscono e la esprimono, perciò vengono chiamati sacramenti della fede - fidei sacramenta" (Conc. Vaticano II, const. Sacrosanctum concilium 59, EV I 107).
Ora, la Comunione, data e ricevuta sulla lingua, è rito significativo che esprime la fede (e deve nutrirla e irrobustirla) sia nella divinità di Gesù Cristo, realmente e sostanzialmente presente sotto le specie eucaristiche, da distinguere dal cibo comune (che si prende con le proprie mani), sia nel sacerdozio ministeriale, essenzialmente differente da quello comune dei fedeli (Conc. Vaticano II, const. Lumen gentium 10b, EV I 312), significativamente espressa nella consacrazione (unzione) delle mani del sacerdote. Il sacerdozio ministeriale e l’eucaristia sono strettamente e intimamente collegati (cfr. Conc. Vaticano II, Presb. ordinis 5a-b, EV I 1252 s.).
Il rito deve essere aderente al mysterium fidei, e non deve essere lasciato all’arbitrio individuale e alla moda collettiva. Deve esserne garante il sacerdote, ministro dell’eucaristia, responsabile tanto dell’eucaristia, quanto della fede dei battezzati; egli è l’educatore dei fedeli (Conc. Vaticano II, Presb. ordinis 6).
Come il sacerdote (sacra dans), "amico dello Sposo" (Gv 3,29), agendo in persona Christi capitis (Ecclesiae), "partecipando alla funzione dell’unico Mediatore Cristo" (Conc. Vaticano II, Lumen gentium, 28, EV I 354), offre l’eucaristia, a nome della Chiesa (cfr. Offertorio e Canone Romano), a Dio Padre, così egli, minister Christi et dispensator mysteriorum Dei (1Cor 4,1), la distribuisce, quale fidelis dispensator ac prudens, quem constituit Dominus supra familiam suam ut det illis in tempore opportuno (en kairo) tritici mensuram (cibum) (Lc 12,42; Mt 24,45), cioè la "manna celeste", "pane vivo" (Gv 6,31.51), quindi, per mantenere la ratio signi, sulla lingua (cibo!) che Cristo dà oggi come quando "spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla" (Mt 14,19; 15,36) solo agli apostoli li diede direttamente, dicendo, "prendete, mangiate": Mt 26,26).
"Nel distribuire la santa comunione, si conservi la consuetudine di deporre la particola del pane consacrato sulla lingua dei comunicandi, consuetudine che poggia su una tradizione plurisecolare", Congregazione per il Culto Divino, Eucharistiae sacramentum: De sacra communione et de cultu mysterii eucharistici extra missam, 21 giugno 1973: EV IV 2531.

dal sito unavox.it e amarelachiesa.blogspot.com