Domenica 28 ottobre Roma ha ospitato il rito per la beatificazione di 498 martiri della guerra civile spagnola. Al rito – che si è tenuto in piazza San Pietro – hanno assistito migliaia di fedeli. Dalla Spagna sono arrivate decine di migliaia di persone. Erano presenti quasi tutti i vescovi iberici. Ha assistito alla alla cerimonia anche una delegazione del governo, guidata dal ministro degli esteri Miguel Ángel Moratinos. Un'occasione per ricordare una delle più feroci persecuzioni contro i cattolici.
Ancora una volta la Chiesa - attraverso i suoi Beati e Santi - ci ha offerto le "armi" ed i mezzi per rtestare in Cristo, con Cristo ed in Cristo.
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Spagna, i martiri della memoria
di Michela Coricelli - tratto dal sito del TIMONE
Il più giovane – Pedro Tomás – aveva solo 16 anni. Uomini, donne, seminaristi, vescovi, suore. Furono fucilati, condannati a morte in una manciata di secondi, molti vennero torturati. Nomi e storie differenti legate da un tratto comune: morirono per la fede durante l’esplosione delle violenze anticlericali nella Spagna degli anni Trenta. Domenica Roma ospiterà la beatificazione di 498 martiri. Al rito – che si terrà in piazza San Pietro – assisteranno migliaia di fedeli. Dalla Spagna arriveranno oltre 30.000 persone. Ci saranno quasi tutti i vescovi iberici, a cominciare dal presidente della Conferenza episcopale, monsignor Ricardo Blázquez: oggi si recheranno in uno speciale pellegrinaggio alla Basilica di San Paolo fuori le Mura. Assisterà alla cerimonia anche una delegazione del governo di José Luis Rodriguez Zapatero, guidata dal ministro degli esteri Miguel Ángel Moratinos. Sarà una 'festa' della fede, hanno ribadito in più occasioni i vescovi spagnoli, evitando la tradizionale definizione di 'martiri della Guerra civile'. Non è la prima volta che la Spagna ricorda le vittime cattoliche di quell’epoca buia e dolorosa: in 11 diverse cerimonie ne sono già state beatificate 479. Centinaia di casi attendono ancora il loro riconoscimento. Eppure, nonostante gli sforzi della Conferenza per svincolare dall’attualità del paese iberico una cerimonia che si prepara da anni, c’è chi vuole interpretarla come una sorta di risposta della Chiesa spagnola alla polemica legge della «memoria storica», che verrà approvata proprio il 31 ottobre. Una concomitanza temporale che fa discutere. Ma «se c’è una coincidenza, è quella della legge con le beatificazioni e non il contrario», ha detto il cardinale Carlos Amigo Vallejo, arcivescovo di Siviglia. Le cause di beatificazione sono in corso da 12 anni, al di là delle contingenze della vita politica spagnola. E «nella Chiesa – ha ricordato il cardinale – non ci sono fazioni politiche. Può darsi che uno la pensi in un modo e suo fratello in un altro, ma il fine per cui credono e lottano è lo stesso: la vita coerente e cristiana». Fu proprio quello che fecero i 498 uomini e donne trucidati nel 1934, nel 1936 e nel 1937, vittime dell’«odio verso la religione». Il primo agghiacciante precedente fu la rivoluzione di ottobre nelle Asturie (1934). Ma è nell’estate del 1936 – dopo il golpe militare di Francisco Franco – che nella zona repubblicana (la zona 'rossa') esplode l’ondata di persecuzioni. È difficile parlare di cifre esatte: secondo alcune fonti le vittime per ragioni di fede furono 7.000, ma c’è chi parla di 10.000 morti. L’elenco comprende 13 vescovi, oltre 4.000 parroci e seminaristi, più di 2.300 religiosi e 283 suore. In molte città e nei paesini dove el alzamiento di Franco fallisce, i parroci sono fra le prime vittime. In Spagna bruciavano le chiese: in un solo giorno – il 20 luglio – furono date alle fiamme 50 parrocchie. I miliziani facevano irruzione nei conventi e nei seminari, portavano via nei camion persone 'colpevoli' di portare una tonaca o un velo, profanavano tombe di sacerdoti e monache. La violenza anticlericale di quegli anni è stata analizzata in profondità dagli storici. Ma in Spagna, ogni volta che si parla dei martiri degli anni Trenta, c’è chi reclama dalla Chiesa un esplicito mea culpa per il rapporto mantenuto per decenni con il regime di Franco. In realtà, come ricordava lo storico Vicente Cárcel Ortí, l’atteggiamento della Chiesa spagnola cambiò con il Concilio Vaticano II. Già negli anni Sessanta si alzarono le prime voci critiche contro la violazione dei diritti umani e la politica sociale di Franco. Nel 1971 si celebrò la famosa Assemblea congiunta dei vescovi e dei sacerdoti in cui si parlò di un esame di coscienza su alcune forme di connivenza con Franco, e nel 1973 – pur senza formulare una condanna del franchismo – i vescovi presero le distanze dal regime nel documento Chiesa e Comunità politica. Ma attenzione, avvertono gli esperti: non è possibile comprendere la storia di quegli anni senza considerare le migliaia di morti della persecuzione religiosa. Sono passati oltre sette decenni, ma nessuno dimentica le violenze di quegli anni, da una parte o dall’altra. I protagonisti di quella storia sono molto anziani o sono già morti, ma ci sono i figli e poi i nipoti. Tanta gente non ha ancora una tomba su cui piangere i propri cari. I processi di riconciliazione di un Paese spaccato dalla guerra civile sono sempre difficilissimi. La Transizione spagnola sembrava aver superato le difficoltà, guardando al futuro con moderazione e con ottimismo. Oggi, però, le polemiche ritornano a galla come se si trattasse di temi di attualità. Per il governo la legge della «memoria storica» – che cancellerà da tutte le strade e luoghi pubblici gli ultimi simboli del franchismo – servirà a riabilitare la memoria delle vittime. Teoricamente, dei due fronti. Ma l’opposizione accusa Zapatero di riaprire vecchie ferite, mentre analisti di differenti sensibilità (alcuni vicini al socialismo spagnolo) hanno criticato il progetto, ricordando i rischi della politicizzazione della storia. La memoria – sottolineano – è una questione umana, personale, a volte familiare. Non si può imporre né modificare con una legge.