lunedì 17 dicembre 2007

Obbligo dell'abito ecclesiastico
paragrafo 66 del
"Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri"
della Sacra Congregazione per il Clero (31/1/1994) 66.
Obbligo dell'abito ecclesiastico
In una società secolarizzata e tendenzialmente materialista, dove anche i segni esterni delle realtà sacre e soprannaturali tendono a scomparire, è particolarmente sentita la necessità che il presbitero - uomo di Dio, dispensatore dei suoi misteri - sia riconoscibile agli occhi della comunità, anche per l'abito che porta, come segno inequivocabile della sua dedizione e della sua identità di detentore di un ministero pubblico. (211) Il presbitero dev'essere riconoscibile anzitutto per il suo comportamento, ma anche per il suo vestire in modo da rendere immediatamente percepibile ad ogni fedele, anzi ad ogni uomo, (212) la sua identità e la sua appartenenza a Dio e alla Chiesa. Per questa ragione, il chierico deve portare "un abito ecclesiastico decoroso, secondo le norme emanate dalla Conferenza episcopale e secondo le legittime consuetudini locali". (213) Ciò significa che tale abito, quando non è quello talare, deve essere diverso dalla maniera di vestire dei laici, e conforme alla dignità e alla sacralità del ministero. La foggia e il colore debbono essere stabiliti dalla Conferenza dei Vescovi, sempre in armonia con le disposizioni del diritto universale. Per la loro incoerenza con lo spirito di tale disciplina, le prassi contrarie non si possono considerare legittime consuetudini e devono essere rimosse dalla competente autorità. (214) Fatte salve situazioni del tutto eccezionali, il non uso dell'abito ecclesiastico da parte del chierico può manifestare un debole senso della propria identità di pastore interamente dedicato al servizio della Chiesa.
dal sito amarelachiesa.blogspot.com
_________________________________________________________________
I movimenti religiosi cattolici
secondo don Luigi Giussani

Riportiamo le belle parole del fondatore di C L espresse in una Scuola di Comunità (n.7) del 2005:

Il fenomeno dei Movimenti nella Chiesa, di tutti i Movimenti nella Chiesa, è – come ha osservato Giovanni Paolo II – l’autocoscienza che rinasce nella sfera della Chiesa stessa. Come l’umanità risplende in ogni focolare che l’amore anima, imbellisce e rende caloroso, così i movimenti rendono la Chiesa viva, vigorosa, calorosa, piena di luce e di splendore nelle parole e nelle esplicazioni, piena di affettività e di rispondenza. I movimenti sono il frutto dell’unità creata dai carismi, da quei doni che lo Spirito Santo ha fatto a coloro che Egli ha scelto, non per il valore delle persone, ma affinché si compia il Suo disegno, il grande disegno che il Padre ha sul mondo, quel disegno che ha un nome storico: Gesù Cristo.

dal sito amarelachiesa.blogspot.com