venerdì 9 novembre 2007

Abbiamo trovato in rete un testo interessante che affronta senza vergogna il tema della sacralità dell'Eucaristia. Infatti, sebbene dovrebbe essere logico per un cattolico sapere che la "Comunione Eucaristica" è l'elemento centrale della fede, i fatti dimostrano che non è più così. Noi che proviamo a non essere Cristiani della "domenica", ma di tutti i giorni, siamo coinvolti e ci sentiamo in comunione con tutti coloro che hanno a cuore la difesa delle Tradizioni: il mantenimento del Patto tra Dio e il genere umano.
Da parte nostra siamo pronti e a disposizione. fra' Gianni Battini

Proposta di una iniziativa a tutela delle
Sacre Specie eucaristiche
Viribus unitis
(Confederazione del Corpo di Cristo)
dal sito amarelachiesa.blogspot.com

La concessione del Sacro Corpo Eucaristico sulla mano è un tentativo di ritorno alla prassi liturgica in uso i primi secoli del Cristianesimo. La consuetudine fu rettificata nel corso dei secoli (il Sinodo che si celebrò a Rouen verso il IX secolo sotto Ludovico il Pio impose il rito della Comunione sulla lingua), così come nel corso dei secoli sono state rivisitate o corrette disposizioni e precetti ora caduti in disuso e annullati. Per esempio, la prescrizione del digiuno da effettuare prima di recarsi a ricevere la Sacra Particola: nei primissimi secoli occorreva esentarsi dal cibo nelle 24 ore antecedenti alla partecipazione alla Santa Messa; successivamente il precetto prevedeva il digiuno dalla mezzanotte del giorno precedente; ora la norma impone di non mangiare cibo un’ora prima della Santa Messa, anzi, la cogenza è rimasta per l’ora calcolata dalla distribuzione dell’Eucarestia. La Chiesa, insomma, ha derogato al rigore delle origini, confidando nell’amore che il popolo cristiano dovrebbe avere nei confronti della “cosa più preziosa in cielo e sulla terra” (San Giovanni Crisostomo). Ma il rigore –non il rigorismo- ha anche dei lati buoni, e forse si impone un passo indietro rispetto a una liceità che porta a fenomeni di disamore quando non di peggio. Tornando al caso di specie, da cui questo articolo trae scaturigine e mi auguro valenza, la concessione della Comunione sulla mano sembra AVERE ATTENUATO NEI FEDELI, stando a ciò che è dato non di rado vedere quando si assiste alla distribuzione dell’Ostia consacrata, LA COSCIENZA DELLA PRESENZA DEL CORPO GLORIOSO DI CRISTO e della presenza del Creatore dell’Universo nelle sacre specie eucaristiche. La compunzione che anni fa i fedeli avevano nel recarsi all’altare, è sparita: taluni non formano il trono con la mano prima che il sacerdote (o chi per lui) vi depositi il Corpo di Cristo (ed è davvero il minimo che bisognerebbe fare), quasi mai mettono in bocca l’Ostia consacrata davanti al Ministro (che si esime dall’esigerlo, come sarebbe suo diritto), e sovente non lo fanno nemmeno quando si spostano di lato (il gesto viene oramai identificato in un tutt’uno con il girarsi per tornare al proprio posto), bensì quando sono già di spalle a colui che distribuisce il Pane di Vita.
Ammesso poi che lo deglutiscano, il suddetto Pane! E’ risaputo infatti che le Messe nere sono aumentate da un decennio a questa parte, e che il trafugamento del Corpo Eucaristico è oggetto di un mercato che, allo stato attuale, offre 250 € per un’Ostia consacrata. La cosa più preziosa in cielo e sulla terra viene, nei riti satanici, messa nella pipì e ficcata nell’ano (scusate la crudezza del linguaggio, ma è la stessa crudezza e crudeltà che usano con Gesù, inutile nasconderselo). A prescindere dai satanisti, è innegabile, comunque, l’attenuazione nei fedeli del senso di sacralità dell’Offerta che si accingono a introiettare dentro di sé. Le cause sono molteplici: la scristianizzazione della società, una considerazione appannata dell’Ufficio e della dignità del sacerdote, visto come “uno di noi” e non come una persona consacrata che da Dio è investito di particolari poteri (vedasi Sacramento della penitenza). Il premere su “sono uno di voi” (che orribile quel “ci benedica Dio onnipotente”) e le altre ragioni che gli esperti conoscono bene hanno ottenebrato nel popolo cristiano la consapevolezza che il prete agisce in persona Christi (oltreché dei Sacramenti). Vi era una maggiore partecipazione emotiva quando i fedeli, riconoscendo la gerarchia del sacerdote e sentendosi fragili creature bisognose di vita eterna, con abbandono filiale accettavano dalle mani del presbitero il Sacro Pane Eucaristico. Ma la prassi attuale modifica questi rapporti.
Tuttavia, va rilevato che le istruzioni per distribuire la Santissima Eucaristia sono una enunciazione di disposizioni SPROVVISTA DEI MECCANISMI DI CONTROLLO per l’attuazione delle disposizioni medesime. Tale mancanza fa sì, ut exemplum, che il precetto di portare alla bocca il Corpo di Cristo davanti al Ministro o spostandosi di lato è risultato essere un provvedimento anodino, che non viene preso nella dovuta considerazione. E non solamente nelle celebrazioni solenni o in quelle con una partecipazione considerevole di fedeli; anche nelle piccole chiese, spesso non viene rispettato. Tra l’altro, con i satanisti e i confusi che ci sono in giro, anche una maggior attenzione del presbitero non porterebbe a grandi risultati. Anche i ministri che servono il sacerdote celebrante, occupati come sono a tenere la patena (dove ancora questa si usa) o a controllare la fila (è precipuamente questo che fanno ora), non possono prestare la dovuta attenzione acchè vengano osservate le prescrizioni in vigore, e soprattutto che l’Ostia venga deglutita. Occorre trovare un rimedio. Un rimedio –non la soluzione –può scaturire con il contributo dei laici, e precisamente dei laici appartenenti alle associazioni cattoliche. Le aggregazioni di fedeli quali i Terz’Ordini, le Confraternite o le Pie Unioni, ma anche l’Azione Cattolica o le Conferenze di San Vincenzo o le Associazioni private il cui atto costitutivo è stato approvato dall’autorità ecclesiastica, potrebbero inviare durante una Santa Messa due loro rappresentanti i quali, ponendosi ai lati destro e sinistro di chi distribuisce la Sacra Particola, STANDO A POCHI METRI da esso, dovrebbero verificare che l’Ostia venga deglutita (inserita in bocca e inghiottita. Potrebbe essere sufficiente che sia introdotta in bocca, vista la riluttanza e il rifiuto a compiere questo atto, quando chi stava per trafugare il Pane di vita è stato costretto a metterlo in bocca. Però chi ha intenti negativi inventa mille sotterfugi per porre in essere i propri propositi, pertanto sarebbe più opportuno che si verifichi l’avvenuta deglutizione).
Per inciso: NON E’ SUFFICIENTE CHE CONTROLLI SOLAMENTE UNA PERSONA DA UN LATO, se chi va a ricevere l’Eucarestia inghiotte l’Ostia. Si è notato che anche se c’è una persona che vigila vicino al presbitero, non è sicuro che la medesima riesca ad accertare bene cosa succede. D’altronde è capitato a tanti di noi di fermare più volte delle persone che a un altare (a un altare, quindi in uno spazio ristretto, figuriamoci negli spazi ampi) stavano trafugando un’Ostia consacrata, quindi organizzare un servizio vero e proprio in tal senso avrebbe una sua logica. La sovraesposta procedura è molto più semplice di come può apparire di primo acchito. Non bisogna però aggravare i parroci di lavoro, ragion per cui devono essere i laici cattolici a organizzare e regolamentare detto servizio. Perché ciò avvenga, è sufficiente che le Associazioni si uniscano in una Confederazione, la cui denominazione potrebbe essere Confederazione del Corpo di Cristo (il Corpo di Cristo è la Chiesa, paolinamente parlando. Ma è anche l’Ostia consacrata, pertanto vi sarebbe un doppio significato). A capo di questo Istituto vi dovrebbe essere un sacerdote nominato dal Santo Padre (come Vicario di colui che ha istituito l’Eucaristia, sarebbe moralmente giusto che fosse lui a nominarlo. Starebbe anche a indicare la sottomissione delle Associazioni al rappresentante di Cristo in terra).
Quanto ho proposto è un atto di amore a Gesù che non richiede alcun correttivo della legislazione vigente, bensì una integrazione (che non è apparentata con l’integralismo) della stessa, alla luce dei tratti fisionomici della società in cui viviamo. C’è chi consiglia di accentuare l’educazione al culto eucaristico, invece di pensare a tutelare il pane diventato Persona divina. Ovviamente una cosa non esclude l’altra. Però il fenomeno del trafugamento dell’Ostia consacrata e delle Sue profanazioni è talmente esteso, coinvolgendo anche categorie che volutamente rifiutano l’autorità di Cristo (non è realistico pensare di convertire i satanisti con della buona catechesi. Allora tanto vale fare come quelli che “si lavano le mani” di fronte a problemi per loro scomodi ma non insolvibili, affidando il problema alla Madonna. La Madonna si serve dei nostri corpi per l’edificazione del regno di Suo figlio. E ora il Corpo e il Sangue di suo figlio, offertoci per la nostra salvezza, è gravemente e grevemente oltraggiato, anche da chi forse non ha coscienza di quello che fa ovvero di quello che non fa: perché anche il non ossequio e non la non dovuta devozione sono un oltraggio. Di cui ognuno di noi dovrà rendere conto), che occorre intervenire con fatti decisi, fatti forti, fatti aggreganti. Si sa: viribus unitis.

Sorella Angela Musolesi

mercoledì 7 novembre 2007

Ancora sull'assoluzione dei Templari.
Intervista a mons. Pagano
Scagionato Clemente V:
non condannò i Templari
di Isabella Bossi Fedrigotti - 06/11/2007


Fonte: Corriere della Sera

Isabella Bossi Fedrigotti discute con monsignor Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio segreto vaticano, dei documenti medievali appena pubblicati nel volume Processus contra Templarios. Le carte recentemente ritrovate del processo svoltosi nel 1312 dimostrerebbero il tentativo di papa Clemente V di contrastare la persecuzione dei Templari messa in atto dal re di Francia
Filippo IV, che secondo Pagano fu il vero responsabile del processo e dello scioglimento dell’ordine.
Il papa concesse l’assoluzione dalle accuse di eresia e reintegrò i cavalieri nei sacramenti religiosi, ma non poté salvare l’ordine perché, con il trasferimento ad Avignone, il papato si trovò sotto la pesante tutela del re francese.

La pergamena che contiene la deposizione davanti ai teologi della Sorbona di Jacques de Molay, gran maestro dell’Ordine del Tempio, poi condannato al rogo, nel processo per eresia che gli era
stato intentato su istigazione di Filippo il Bello, deciso a mettere le mani sul ricco patrimonio dei Templari, porta la data dell’ottobre 1307. Esattamente settecento anni dopo, il Vaticano edita un volume che raccoglie la copia anastatica di tutti i documenti riguardanti l’antico e molto discusso processo, alcuni dei quali, come la pergamena di Chinon, ritrovati solo di recente (ritrovati non nel senso che fossero andati perduti, bensì catalogati in modo vago nell’Archivio segreto vaticano, tanto che per secoli sono rimasti separati e in ombra). Pergamena che testimonia senza ombra di dubbio che Clemente V, sia pure Papa avignonese e, per di più, di famiglia francese, cercò di contrastare il progetto assai poco cristiano del re di Francia, assolvendo l’Ordine dall’accusa di eresia e reintegrandolo nei sacramenti. «Absolutionis» si può leggere chiaramente in una delle ultime righe del manoscritto e, subito sotto, «reintegrantes ad Ecclesiam ».
Processus contra Templarios si chiama il grande volume, in veste preziosissima, di cuoio, di stoffa e pergamena, curato dagli officiali dell’Archivio segreto [...] per le quali stanno arrivando richieste di acquisto da tutto il mondo, da biblioteche e istituzioni ma anche da collezionisti privati, sceicchi arabi compresi. [...] Editore e mente dell’operazione, oltre che autore della prefazione, è monsignor Sergio Pagano, da dieci anni prefetto dell’Archivio segreto vaticano, ma già da trenta al lavoro lungo gli 85 chilometri di documenti che ne formano il corpus, conservati in quattro piani del palazzo apostolico oltre che nel bunker sotterraneo voluto da Paolo VI.

Della suggestiva coincidenza delle date tra questa pubblicazione e la deposizione dell’ultimo gran maestro dei Templari non vuole, tuttavia, sentire parlare.
«Vede, a noi non compete onorare centenari dei Templari, a noi importa soltanto lo studio della storia. Non c’era nessuna intenzione di celebrare quell’Ordine, così come qualsiasi altro. È un lavoro scientifico, il nostro, non di propaganda. Ovviamente c’è anche un interesse economico perché abbiamo bisogno di fondi non indifferenti per mantenere, curare, restaurare, studiare i documenti più deteriorati dell’Archivio ».

Pensa che ristabilire la verità storica sul processo e la fine dei Templari possa fermare l’onda lunga dei Dan Brown e di tutti coloro che romanzano e hanno romanzato intorno a questo o altri temi in qualche modo connessi con la Chiesa e la religione?
«Neanche per sogno. Non servirà a fermare niente. Forse che non si continua a credere fermamente in maghi e streghe? La gente sembra abbia bisogno di immaginare misteri e dietrologie. E dunque continueranno a fiorire leggende intorno a fatti e personaggi».

Ma perché proprio intorno all’Ordine del Tempio è stato ricamato così tanto?
«Penso che la leggenda sia nata posteriormente, attorno al XVI secolo, quando si diffuse quella del Graal, con la quale si intrecciò. Come dimostrano i documenti, il processo fu, infatti, pubblico
e niente affatto misterioso e i supposti misfatti di cui erano accusati i cavalieri, come i riti di iniziazione sodomiti, vennero confutati. Quanto all’altra grande accusa, lo sputo sulla croce, era una pratica prevista ai tempi delle Crociate, e a chi veniva catturato dai saraceni il gesto di abiura era permesso purché esteriore e non fatto con il cuore, ore, non corde (parole senza convincimento, ndr)».

Però le ricchezze dell’Ordine erano reali.
«Certamente, altrimenti Filippo il Bello, alla frenetica ricerca di fondi per la guerra contro l’Inghilterra, non avrebbe avuto motivo di mettere in piedi il processo. Probabile che la cassa dei Templari sia cresciuta su beni di famiglia dei cavalieri, su donazioni, forse anche spoliazioni, nonché sulla sua buona amministrazione ».

Nella lotta tra re e papato quale, in un certo senso, fu il processo, come mai alla fine il re ebbe comunque la meglio, tanto che l’Ordine, decapitato del suo stato maggiore e privato dei suoi mezzi, decadde?
«Non bisogna dimenticare che Clemente V non stava a Roma, bensì ad Avignone, non prigioniero ma comunque in stato di soggezione. E può anche essere che temesse il male maggiore, cioè uno scisma. Quanto alla decadenza dei Templari, chi mai poteva esser ancora interessato a fare parte di un Ordine squattrinato e, quel che faceva più paura, in odore di eresia? [...]

In questo archivio ci sono altri documenti che potrebbero appassionare non soltanto gli storici.
«Sono innumerevoli. Abbiamo, per esempio, scritti riguardanti Federico Barbarossa o Federico II, e abbiamo le lettere di Lucrezia Borgia».

Anche materiale riguardante Pio XII e il suo rapporto con il regime nazista?
«Certamente. Solo che è ancora materiale “chiuso”. Finora sono consultabili i documenti che arrivano fino al 1939. Trattandosi di un papato assai lungo, le carte da riordinare e catalogare sono numerosissime. Una volta terminato il lavoro di preparazione, toccherà poi al Papa decretarne l’apertura».

Chi ha accesso a questo Archivio?
«Chiunque ne abbia il titolo scientifico. Non curiosi, ma studiosi, di tutto il mondo. [...]

lunedì 5 novembre 2007


E' MORTO DON BENZI
PER NON DIMENTICARLO, RIPASSIAMO LA SUA LEZIONE

dal sito de il Timone 2-11-2007


Un infaticabile apostolo della carità”. Così l’ha definito papa Benedetto XVI nel messaggio di cordoglio inviato per la morte di Don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Giovanni XXIII. Don Benzi lo abbiamo più volte visto in tv per i suoi interventi per liberare le prostitute – soprattutto africane ed est europee – dalla schiavitù. Ma è stato molto di più. Proprio la sera del 31 ottobre aveva organizzato in una discoteca di Rimini una contro-festa di Halloween insieme al vescovo di San Marino, monsignor Luigi Negri, per incontrare i giovani e sfidarli sul senso della loro esistenza. Molte testimonianze commoventi si potranno leggere sui giornali da domani, e anche sul sito della sua associazione, ma un pensiero vorremmo intanto rivolgere a tutti quei politici – di destra e di sinistra – che fin dalle prime ore dopo la morte hanno fatto a gara per eprimere il loro cordoglio. Giusto, doveroso e degno di rispetto l’omaggio a quest’uomo da qualunque parte esso provenga, ma perché parlare a sproposito e coprire con parole piene di miele la propria ostilità a ciò che don Benzi era e rappresentava? Abbiamo letto di “una lezione alla politica”, “testimonianza su cui riflettere”, “un insegnamento da non dimenticare”. E allora forse è il caso di ricordare quell’insegnamento citando alcuni pensieri espressi da don Benzi:
Sul caso Welby e l'eutanasia: "Interessava troppo ai politici. Avrei voluto dire alla moglie che non era troncando la vita, ma dando spazio alla vita che si poteva superare la sofferenza. Questo sarebbe stato il bello e una svolta nella storia. Ma non è potuto accadere, interessava troppo ai politici". "Ho mandato un messaggio a Piergiorgio in cui gli ho detto: 'vedrai quanto è bella la vita. Chiunque soffre dà la possibilità all'uomo di ritrovare se stesso, di non ignorare l'altro, di ricomporre un'unità profonda. Non è la malattia che fa star male ma è l'abbandono che vien fatto della persona malata che lo fa soffrire’".
La nostra società e la vita: "E’ una società vecchia, cioè una società di vecchi capaci solo di spegnere le realtà più belle create da Dio: il matrimonio, la famiglia, la dignità della donna, la libertà dello spirito, l'amore di Dio e del prossimo". La difesa della vita dal concepimento alla morte naturale era per don Benzi "il primo dei grandi appuntamenti che Cristo sta dando a tutti i cristiani e soprattutto alle comunità e movimenti riconosciuti dalla Chiesa: la lotta per difendere la donna a non abortire, la lotta per garantire un'assistenza dignitosa ai malati terminali, la lotta per il riconoscimento della vera famiglia, la lotta per vincere la droga, l'impegno per accogliere veramente gli immigrati a partire dai fratelli nella fede, l'impegno per accogliere gli zingari a partire dai fratelli nella fede, l'impegno per accogliere i carcerati e per superare le carceri, l'impegno per non essere impiegati della carità ma innamorati di Cristo, l'impegno per essere popolo, la lotta per la liberazione dalla schiavitù della prostituzione".
Al Family Day: “Non esiste scientificamente l’omosessualità, è una devianza”.
Sulla prostituzione: “Se non ci fosse la domanda, non ci sarebbe l’offerta. Se gli italiani non chiedessero prestazioni sessuali a pagamento, non ci sarebbe la tratta delle donne che vengono schiavizzate e forzate, da criminali singoli o associati, a dare le prestazioni sessuali richieste. Questa ingente quantità di persone colpite dalla schiavitù, dalla disoccupazione, dalla fame, dalla guerra, sono le vittime di una società disumana, di una società in cui l'uomo è una "cosa" accanto alle altre”.
Grazie don Benzi.
Non ti dimenticheremo mai. E Tu, con la rinnovata forza che hai acquisito con la vita in Cristo, stacci ancora vicino! --- gb