sabato 25 dicembre 2010

PROFANAZIONE EUCARISTICA

Siamo sempre più convinti che la vigilanza di tutto il popolo di Dio (riunito in Chiesa) e la minore disponibilità a consegnare e a ricevere nelle mani il Corpo di Cristo, siano gli atteggiamenti minimi per impedire il ripetersi degli atti sacrileghi; oltre a reinsegnare a rispettare ed amare il Sacro Sacrificio che il Signore ci ha affidato.

Cortemaggiore (PC) iI monito del parroco

Atto sacrilego in chiesa: in terra ostie consacrate
 Caso che può prevedere la scomunica

Cortemaggiore - Un gravissimo atto sacrilego è stato stigmatizzato con forza dal parroco di Cortemaggiore, monsignor Luigi Ghidoni, nell'omelia domenicale di ieri. Monsignor Ghidoni ha riferito che, per due volte, in altrettanti episodi, sono state ritrovate in terra, tra i banchi della basilica, due ostie consacrate, ed ha ricordato, richiamando la dottrina della Chiesa, che gli atti deliberatamente compiuti ad oltraggio dell'Eucaristia costituiscono un sacrilegio. Il codice di diritto canonico, poi, individua determinati casi in cui gli atti sacrileghi sono da considerarsi veri e propri delitti che comportano la scomunica latae sententiae, cioè automatica, la cui assoluzione è riservata alla Santa Sede. Monsignor Ghidoni ha aggiunto che sarà necessario intervenire nel caso in cui si ripetano episodi simili, in primo luogo dal punto di vista spirituale, con azioni riparatrici. Ma anche ricorrendo a comportamenti che possano prevenire fatti simili, come consentire ai fedeli di ricevere la comunione solo in bocca ed evitare la distribuzione delle particele consacrate sulla mano, misura consigliata per sottrarsi al pericolo di profanazione da un'istruzione della Congregazione per il Culto Divino emanata nel 2004. Il parroco, concludendo l'omelia, ha attinto ancora all'importante istruzione vaticana per ricordare che quando si riceve la comunione sulla mano l'ostia deve essere assunta subito, davanti al sacerdote, in modo che nessuno si allontani portandola con sé. L'attenzione sollecita di monsignor Ghidoni e dei suoi collaboratori ha consentito di individuare tempestivamente questi gravi comportamenti, cercando di relegarli a deplorevoli gesti isolati.
Leonardo Tomasetti
Dal quotidiano Libertà Piacenza - 20/12/2010
Simboli Templari
 
Il famoso sigillo dei templari su cui si sono spese tante parole rappresenta la fede dei Poveri Cavalieri di Christo.

 Il simbolo indica semplicemente la fraternità: l'unione fraterna che vive, così come indica la Regola, in Christo.
«Maestro che cosa devo fare...?»
CCC 2052 « Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna? ». Al giovane che gli rivolge questa domanda,... Gesù risponde innanzi tutto richiamando la necessità di riconoscere Dio come « il solo Buono », come il Bene... per eccellenza e come la sorgente di ogni bene. Poi Gesù gli dice: « Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti ». Ed elenca al suo interlocutore i comandamenti che riguardano l'amore del prossimo: « Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre ». Infine Gesù riassume questi comandamenti in una formulazione positiva: « Ama il prossimo tuo come te stesso » (Mt 19,16-19).

CCC 2055 Quando gli si pone la domanda: « Qual è il più grande comandamento della Legge? » (Mt 22,36), Gesù risponde: « Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti » (Mt 22,37-40).5 Il Decalogo deve essere interpretato alla luce di questo duplice ed unico comandamento della carità, pienezza della Legge:

« Il precetto: Non commettere adulterio, Non uccidere, Non rubare, Non desiderare e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: Amerai il prossimo tuo come te stesso. L'amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l'amore » (Rm 13,9-10).
Questa è la Regola dei Templari:

"Chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti" (Mc 10,43).
Chi non è conforme, o non ha intenzione di rinnovarsi in tale Regola non è ancora dei nostri !

Non nobis Domine..
.

mercoledì 15 dicembre 2010

Catechismo della Chiesa Cattolica

PARTE TERZA
LA VITA IN CRISTO

SEZIONE PRIMA
LA VOCAZIONE DELL'UOMO:
LA VITA NELLO SPIRITO

CAPITOLO TERZO
LA SALVEZZA DI DIO:
LA LEGGE E LA GRAZIA

ARTICOLO 3
LA CHIESA, MADRE E MAESTRA

2030 È nella Chiesa, in comunione con tutti i battezzati, che il cristiano realizza la propria vocazione. Dalla Chiesa accoglie la Parola di Dio che contiene gli insegnamenti della « Legge di Cristo ». 254 Dalla Chiesa riceve la grazia dei sacramenti che lo sostengono lungo la « via ». Dalla Chiesa apprende l'esempio della santità; ne riconosce il modello e la sorgente nella santissima Vergine Maria; la riconosce nella testimonianza autentica di coloro che la vivono; la scopre nella tradizione spirituale e nella lunga storia dei santi che l'hanno preceduto e che la liturgia celebra seguendo il santorale.
2031 La vita morale è un culto spirituale. Noi offriamo i nostri « corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio » (Rm 12,1), in seno al corpo di Cristo, che noi formiamo, e in comunione con l'offerta della sua Eucaristia. Nella liturgia e nella celebrazione dei sacramenti, preghiera ed insegnamento si uniscono alla grazia di Cristo, per illuminare e nutrire l'agire cristiano. Come l'insieme della vita cristiana, la vita morale trova la propria fonte e il proprio culmine nel sacrificio eucaristico.
2032 La Chiesa, « colonna e sostegno della verità » (1 Tm 3,15), « ha ricevuto dagli Apostoli il solenne comandamento di Cristo di annunziare la verità della salvezza ». 255 « È compito della Chiesa annunziare sempre e dovunque i principi morali anche circa l'ordine sociale, e così pure pronunciare il giudizio su qualsiasi realtà umana, in quanto lo esigano i diritti fondamentali della persona umana o la salvezza delle anime ». 256
2033 Il Magistero dei Pastori della Chiesa in materia morale ordinariamente si esercita nella catechesi e nella predicazione, con l'aiuto delle opere dei teologi e degli autori spirituali. In tal modo, di generazione in generazione, sotto la guida e la vigilanza dei Pastori, si è trasmesso il « deposito » della morale cristiana, composto da un insieme caratteristico di norme, di comandamenti e di virtù che derivano dalla fede in Cristo e che sono vivificati dalla carità. Tale catechesi ha tradizionalmente preso come base, accanto al Credo e al Pater, il Decalogo, che enuncia i principi della vita morale validi per tutti gli uomini.
2034 Il Romano Pontefice e i Vescovi « sono i dottori autentici, cioè rivestiti dell'autorità di Cristo, che predicano al popolo loro affidato la fede da credere e da applicare nella pratica della vita ». 257 Il Magistero ordinario e universale del Papa e dei Vescovi in comunione con lui insegna ai fedeli la verità da credere, la carità da praticare, la beatitudine da sperare.
2035 Il grado più alto nella partecipazione all'autorità di Cristo è assicurato dal carisma dell'infallibilità. Essa « si estende tanto quanto il deposito della divina rivelazione »; 258 si estende anche a tutti gli elementi di dottrina, ivi compresa la morale, senza i quali le verità salvifiche della fede non possono essere custodite, esposte o osservate. 259
2036 L'autorità del Magistero si estende anche ai precetti specifici della legge naturale, perché la loro osservanza, chiesta dal Creatore, è necessaria alla salvezza. Richiamando le prescrizioni della legge naturale, il Magistero della Chiesa esercita una parte essenziale della sua funzione profetica di annunziare agli uomini ciò che essi sono veramente e di ricordare loro ciò che devono essere davanti a Dio. 260
2037 La Legge di Dio, affidata alla Chiesa, è insegnata ai fedeli come cammino di vita e di verità. I fedeli hanno, quindi, il diritto 261 di essere istruiti intorno ai precetti divini salvifici, i quali purificano il giudizio e, mediante la grazia, guariscono la ragione umana ferita. Hanno il dovere di osservare le costituzioni e i decreti emanati dalla legittima autorità della Chiesa. Anche se sono disciplinari, tali deliberazioni richiedono la docilità nella carità.
2038 Nell'opera di insegnamento e di applicazione della morale cristiana, la Chiesa ha bisogno della dedizione dei Pastori, della scienza dei teologi, del contributo di tutti i cristiani e degli uomini di buona volontà. Attraverso la fede e la pratica del Vangelo i singoli fanno un'esperienza della « vita in Cristo », che li illumina e li rende capaci di discernere le realtà divine e umane secondo lo Spirito di Dio. 262 Così lo Spirito Santo può servirsi dei più umili per illuminare i sapienti e i più eminenti in dignità.
2039 I ministeri vanno esercitati in uno spirito di servizio fraterno e di dedizione alla Chiesa, in nome del Signore. 263 Al tempo stesso la coscienza di ognuno, nel suo giudizio morale sui propri atti personali, deve evitare di rimanere chiusa entro i limiti di una considerazione individuale. Come meglio può, deve aprirsi alla considerazione del bene di tutti, quale è espresso nella legge morale, naturale e rivelata, e conseguentemente nella legge della Chiesa e nell'insegnamento autorizzato del Magistero sulle questioni morali. Non bisogna opporre la coscienza personale e la ragione alla legge morale o al Magistero della Chiesa.
2040 In tal modo può svilupparsi tra i cristiani un vero spirito filiale nei confronti della Chiesa. Esso è il normale sviluppo della grazia battesimale, che ci ha generati nel seno della Chiesa e ci ha resi membri del corpo di Cristo. La Chiesa, nella sua sollecitudine materna, ci accorda la misericordia di Dio, che trionfa su tutti i nostri peccati e agisce soprattutto nel sacramento della Riconciliazione. Come madre premurosa, attraverso la sua liturgia, giorno dopo giorno, ci elargisce anche il nutrimento della Parola e dell'Eucaristia del Signore.
2041 I precetti della Chiesa si collocano in questa linea di una vita morale che si aggancia alla vita liturgica e di essa si nutre. Il carattere obbligatorio di tali leggi positive promulgate dalle autorità pastorali, ha come fine di garantire ai fedeli il minimo indispensabile nello spirito di preghiera e nell'impegno morale, nella crescita del l'amore di Dio e del prossimo.
2042 Il primo precetto (« Partecipa alla Messa la domenica e le altre feste comandate e rimani libero dalle occupazioni del lavoro ») esige dai fedeli che santifichino il giorno in cui si ricorda la risurrezione del Signore e le particolari festività liturgiche in onore dei misteri del Signore, della beata Vergine Maria e dei santi, in primo luogo partecipando alla celebrazione eucaristica in cui si riunisce la comunità cristiana, e che riposino da quei lavori e da quelle attività che potrebbero impedire una tale santificazione di questi giorni. 264
Il secondo precetto (« Confessa i tuoi peccati almeno una volta all'anno ») assicura la preparazione all'Eucaristia attraverso la recezione del sacramento della Riconciliazione, che continua l'opera di conversione e di perdono del Battesimo. 265
Il terzo precetto (« Ricevi il sacramento dell'Eucaristia almeno a Pasqua ») garantisce un minimo in ordine alla recezione del Corpo e del Sangue del Signore in collegamento con le feste pasquali, origine e centro della liturgia cristiana. 266
2043 Il quarto precetto (« In giorni stabiliti dalla Chiesa astieniti dal mangiare carne e osserva il digiuno ») assicura i tempi di ascesi e di penitenza, che ci preparano alle feste liturgiche e a farci acquisire il dominio sui nostri istinti e la libertà di cuore. 267
Il quinto precetto (« Sovvieni alle necessità della Chiesa ») enuncia che i fedeli sono tenuti a venire incontro alle necessità materiali della Chiesa, ciascuno secondo le proprie possibilità. 268
2044 La fedeltà dei battezzati è una condizione fondamentale per l'annunzio del Vangelo e per la missione della Chiesa nel mondo. Il messaggio della salvezza, per manifestare davanti agli uomini la sua forza di verità e di irradiamento, deve essere autenticato dalla testimonianza di vita dei cristiani. « La testimonianza della vita cristiana e le opere buone compiute con spirito soprannaturale hanno la forza di attirare gli uomini alla fede e a Dio ». 269
2045 Poiché sono le membra del corpo di cui Cristo è il Capo, 270 i cristiani contribuiscono all'edificazione della Chiesa con la saldezza delle loro convinzioni e dei loro costumi. La Chiesa cresce, si sviluppa e si espande mediante la santità dei suoi fedeli, 271 finché arriviamo tutti « allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo » (Ef 4,13).
2046 Con la loro vita secondo Cristo, i cristiani affrettano la venuta del regno di Dio, del « regno di giustizia, di amore e di pace ». 272 Non per questo trascurano i loro impegni terreni; fedeli al loro Maestro, ad essi attendono con rettitudine, pazienza e amore.
2047 La vita morale è un culto spirituale. L'agire cristiano trova il proprio nutrimento nella liturgia e nella celebrazione dei sacramenti.
2048 I precetti della Chiesa riguardano la vita morale e cristiana, che è sempre unita alla liturgia, della quale si nutre.
2049 Il Magistero dei Pastori della Chiesa in materia morale ordinariamente si esercita nella catechesi e nella predicazione, sulla base del Decalogo, il quale enuncia i principi della vita morale validi per tutti gli uomini.
2050 Il Romano Pontefice e i Vescovi, quali maestri autentici, predicano al popolo di Dio la fede che deve essere creduta e applicata nei costumi. È anche di loro competenza pronunciarsi sulle questioni morali che hanno attinenza con la legge naturale e la ragione.
2051 L'infallibilità del Magistero dei Pastori si estende a tutti gli elementi di dottrina, ivi compresa la morale, senza i quali le verità salvifiche della fede non possono essere custodite, esposte o osservate.

Esodo 20,2-17 Deuteronomio 5,6-21 Formula catechistica
Io sono il Signore tuo Dio
che ti ho fatto uscire
dal paese d'Egitto,
dalla condizione di schiavitù.
Io sono il Signore tuo Dio
che ti ho fatto uscire
dal paese di Egitto,
dalla condizione servile.
Io sono il Signore Dio tuo:
Non avrai
altri dei di fronte a me.
Non ti farai
idolo né immagine alcuna
di ciò che è lassù nel cielo,
né di ciò che è quaggiù sulla terra,
né di ciò che è nelle acque,
sotto la terra.
Non ti prostrerai
davanti a loro
e non li servirai.
Perché io, il Signore,
sono il tuo Dio,
un Dio geloso,
che punisce la colpa dei padri
nei figli
fino alla terza
e alla quarta generazione,
per coloro che mi odiano,
ma che dimostra il suo favore
fino a mille generazioni, per coloro
che mi amano e osservano
i miei comandamenti.
Non avere
altri dei di fronte a me...
1. Non avrai altro Dio
fuori di me.
Non pronuncerai
invano il nome
del Signore tuo Dio,
perché il Signore non lascerà
impunito chi
pronuncia il suo nome invano.
Non pronunciare invano
il nome del Signore
tuo Dio...
2. Non nominare
il nome di Dio invano.
Ricordati del giorno
di sabato per santificarlo.
Sei giorni
faticherai
e farai ogni tuo lavoro;
ma il settimo giorno
è il sabato
in onore del Signore, tuo Dio.
Tu non farai alcun lavoro,
né tu, né tuo figlio, né tua figlia,
né il tuo schiavo, né la tua schiava,
né il tuo bestiame, né il forestiero
che dimora presso di te.
Perché in sei giorni
il Signore ha fatto
il cielo e la terra e il mare
e quanto è in essi,
ma si è riposato il giorno settimo.
Perciò il Signore
ha benedetto il giorno di sabato
e lo ha dichiarato sacro.
Osserva il giorno di sabato
per santificarlo...
3. Ricordati di
santificare le feste.
Onora tuo padre e tua madre
perché si prolunghino
i tuoi giorni nel paese
che ti dà
il Signore, tuo Dio.
Onora tuo padre
e tua madre...
4. Onora tuo padre
e tua madre.
Non uccidere. Non uccidere. 5. Non uccidere.
Non commettere
adulterio.
Non commettere
adulterio.
6. Non commettere
atti impuri.
Non rubare. Non rubare. 7. Non rubare.
Non pronunciare
falsa testimonianza
contro il tuo prossimo.
Non pronunciare
falsa testimonianza
contro il tuo prossimo.
8. Non dire
falsa testimonianza.
Non desiderare
la casa del tuo prossimo.
Non desiderare
la moglie del tuo prossimo.
9. Non desiderare
la donna d'altri.
Non desiderare
la moglie del tuo prossimo,
né il suo schiavo,
né la sua schiava,
né il suo bue, né il suo asino,
né alcuna cosa
che appartenga al tuo prossimo.
Non desiderare alcuna
delle cose
che sono del tuo prossimo.
10. Non desiderare
la roba d'altri.
 

(254) Cf Gal 6,2.
(255) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 17: AAS 57 (1965) 21.
(256) CIC canone 747, § 2.
(257) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 25: AAS 57 (1965) 29.
(258) Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 25: AAS 57 (1965) 30.
(259) Cf Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Mysterium Ecclesiae, 3: AAS 65 (1973) 401.
(260) Cf Concilio Vaticano II, Dich. Dignitatis humanae, 14: AAS 58 (1966) 940.
(261) Cf CIC canone 213.
(262) Cf 1 Cor 2,10-15.
(263) Cf Rm 12,8.11.
(264) Cf CIC canoni 1246-1248; CCEO canoni 880, § 3. 881, §§ 1. 2. 4.
(265) Cf CIC canone 989; CCEO canone 719.
(266) Cf CIC canone 920; CCEO canoni 708. 881, § 3.
(267) Cf CIC canoni 1249-1251; CCEO canone 882.
(268) Cf CIC canone 222; CCEO canone 25. Le Conferenze Episcopali possono inoltre stabilire altri precetti ecclesiastici per il proprio territorio; cf CIC canone 455.
(269) Concilio Vaticano II, Decr. Apostolicam actuositatem, 6: AAS 58 (1966) 842.
(270) Cf Ef 1,22.
(271) Cf Concilio Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, 39: AAS 57 (1965) 44.
(272) Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'universo, Prefazio: Messale Romano (Libreria Editrice Vaticana 1993) p. 281.
(273) Catechismo della Conferenza Episcopale Italiana per la vita cristiana – 2. La verità, vi farà liberi (Libreria Editrice Vaticana, 1995), p. 598.

mercoledì 8 dicembre 2010

Adoremus Christo Gesù

Sei Tu ?


Entrati nella casa videro il bambino
(Pala d'Altare con Madonna e Santi, opera di Sebastiano Novelli - Chiesa Basilica di San Sisto in Piacenza)

Seconda domenica di avvento
Convertitevi perché
Il regno dei cieli è vicino
(Mt 3,1)



«E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele» (Michea 5,1)

martedì 7 dicembre 2010

L’azione degli angeli sulla natura e sul cosmo

di don Marcello Stanzione*

ROMA, lunedì, 1° marzo 2010 (ZENIT.org)

Già presso gli ebrei si era giunti alla persuasione che non esiste alcuna cosa in questo mondo, neppure un filo d’erba su cui non è posto un angelo. Così anche le singole nazioni per l’ebraismo sono soggette alla custodia di un angelo e tale idea fu conservata anche nell’antichità cristiana. I Padri, senza alcuna difficoltà, pongono sotto la vigilanza e la guida degli angeli tutto il mondo della materia inorganica e animata, le stelle, gli astri, la terra, gli elementi, le piante, gli animali, le nazioni, i popoli, l’uomo. Per esempio Origene, sant’Ambrogio, sant’Agostino ammettono che ciascun oggetto, gli elementi, gli astri fino agli insetti sono affidati alla custodia di un angelo particolare. A tale proposito sant’Agostino scrive: “Riteniamo per certo che in questo mondo ogni creatura visibile è affidata ad una potenza invisibile secondo testimonianza più volte ripetuta nella stessa scrittura” (De diversis questionibus octoginta tribus liber, Pl, 40,11-40,q.83 e seg.).
In questa direzione la teologia cattolica va quindi d’accordo con la migliore filosofia ed infatti san Tommaso d’Aquino asserisce: “Tutti gli esseri corporei sono governati e mantenuti nell’ordine da esseri spirituali, tutte le creature visibili da creature invisibili” ( summa Theol., p.I, q. XLV,a.3.). L’azione degli spiriti angelici nella creazione dipende dall’azione di Dio e gli è subordinata. Conviene dunque prima di tutto stabilire e riservare la parte essenziale dell’azione divina nell’ordine generale del mondo. Come pure che l’essere di tutte le cose viene da Dio, il movimento iniziale impresso a tutte le cose proviene unicamente da Dio. Egli non si è accontentato di creare; conserva la creazione con un’azione continua che è un prolungamento dell’influsso creatore. Egli è intimamente presente a tutti gli esseri che, senza di lui, ricadrebbero nel nulla. Similmente, egli comunica a tutti loro una virtù che li fa muovere ed agire, ognuno secondo la sua attitudine; virtù segreta, sovranamente efficace, effusa ovunque e senza la quale l’universo rientrerebbe nell’immobilità.
Dall’altro lato, ogni essere possiede in se stesso il suo principio di movimento, od almeno un’attitudine ad essere mosso. Così l’animale è dotato di forza motrice; la pianta ha la facoltà di svilupparsi; la pietra è sollecitata dalla pesantezza. Questa attitudine ad essere mossa, questa potenza più o meno rudimentale di muoversi, si traducono con dei movimenti variegati, con delle trasformazioni successive, grazie a quella virtù divina di cui abbiamo parlato che pone ovunque l’attività e la vita.
Allora, direte voi, tutto si spiega molto bene senza l’intervento degli angeli. Dio mette in movimento le forze naturali e queste percorrono la loro traiettoria sotto l’impulso ricevuto; gli angeli non hanno nulla a che fare laddove Dio agisce direttamente. Disingannatevi: Dio agisce come primo ed universale motore; gli angeli agiscono come motori secondari e particolari; la loro azione si subordina all’azione divina, essa l’applica in qualche modo e la specifica. Spieghiamo questo con un esempio familiare. Io lancio una palla: è per virtù di Dio che il mio braccio agisce, è da questa stessa virtù chela palla segue l’impulso dato: nondimeno, è evidente che il mio braccio è il motore della palla. E’ così, se è permesso di paragonare le grandi cose alle piccole, è così che gli angeli mettono in movimento, grazie alla virtù divina, e le sfere celesti e tutte le forze vive della natura. Essi sono dei motori secondi subordinati al primo motore che è Dio.
La loro natura spirituale sempre in movimento li rende talmente propri a questa funzione, e gli oggetti corporali hanno talmente bisogno di essere sollecitati e messi in movimento da un’attività esteriore, che San Tommaso pone chiaramente questo assioma: “Occorre che la creatura corporale sia mossa dalla spirituale”, “Oportet quod creatura corporalis a spirituali moveatur” (Sum. Prim. Pars q. CX, a. 1, ad prim).
Gli angeli non sono solamente i motori degli esseri corporali; essi sono anche incaricati di dirigere e di coordinare i loro movimenti rispettivi, in maniera tale che non ne risulti nessuna confusione e che tutto resti nell’equilibrio che è la pace della natura inanimata. Diamo alcuni esempi. I fisici hanno scoperto quella legge che ogni movimento può trasformarsi in calorico e, reciprocamente, che ogni calorico può trasformarsi in movimento. Lo stato del globo poggerebbe dunque sulla giusta ripartizione del movimento e del calorico in tutte le sue parti. Ma qual è la forza intelligente che presiederà a questa ripartizione, se non qualche spirito angelico?
Portate la vostra attenzione sull’innumerevole quantità di semi che si disputano il suolo della terra. Non occorre che la loro distribuzione e la loro germinazione siano soggette ad alcune leggi, perché le specie utili non scompaiano davanti alla moltiplicazione illimitata dei parassiti? Ora, qual è, noi lo ripetiamo, la forza intelligente che veglia all’esecuzione di queste leggi preservatrici, se non è l’energia degli esseri spirituali preposti da Dio all’amministrazione di questo mondo?
Potremmo moltiplicare questi esempi; sarebbe inutile. Basta un momento di riflessione per comprendere che l’universo non possa essere consegnato alle forze cieche che sorgono dalla materia e che queste forze, per l’armonia del tutto, debbano essere contenute e dirette da delle forze intelligenti. Ponete come legge, se vi sembra bene, la lotta per l’esistenza; ma ammettete l’intervento in questa lotta di una potenza moderatrice che emana da Dio e che si esercita tramite il ministero dei santi angeli. Grazie ad essa, la lotta è circoscritta in saggi limiti, essa ritaglia alcune superfluità, non giunge allo stermino delle specie.
Queste verità hanno per esse la testimonianza di tutta l’Antichità. I filosofi Aristotele e Platone hanno costruito diversi sistemi sull’intervento degli spiriti come moderatori delle cose terrestri. Istruiti dalla Bibbia, i Padri della Chiesa, senza perdersi in vani sistemi, sono stati ancor più affermativi e più precisi. Origene, in un curioso passo relativo all’asina di Balaam, dice che il mondo ha bisogno di essere amministrato dagli angeli e che essi hanno l’intendenza sugli animali stessi, provvedendo alla loro moltiplicazione così come alla vegetazione delle piante e degli alberi. Sant’Agostino dice, da parte sua, che ogni specie distinta d’uno dei regni della natura è governata da una potenza angelica.
Sant’Agostino non ha lanciato questa affermazione per caso. L’Apocalisse menziona “l’angelo che ha potenza sul fuoco” (14, 18), e “l’angelo delle acque” (16, 5). Questo ci fa capire che vi è un angelo incaricato di regolare la distribuzione delle acque sia nelle nubi, sia nelle vene delle montagne, sia nei fiumi, sia nei mari.
Rimane una questione da chiarire: fin dove si estende il potere degli spiriti angelici? Essi mettono tutto in movimento, questo è ammesso. Possono essi produrre degli esseri corporali, e produrli senza impiegare nessun germe? San Tommaso risponde negativamente. Secondo lui, gli angeli e, generalmente, gli esseri spirituali mischiati nel movimento di questo mondo, non possono creare germi, né produrre di colpo un animale od una pianta. Il loro potere si ferma all’utilizzo dei germi preesistenti, per trarne gli esseri che vi sono contenuti. In una parola, essi non prendono il posto degli agenti naturali e non suppliscono alla loro azione che rimane necessaria; essi non fanno che mettere questi agenti in movimento in una maniera molto occulta e molto sottile, e sviluppare la loro azione con una rapidità che dona l’illusione di una creazione o di una produzione istantanea.
E’ così, per dare un esempio, che occorre spiegare i prodigi operati da Mosé e dai maghi del Faraone, tali come l’Esodo ce li racconta (7, 8). Mosé ed i maghi fanno uscire dal fiume legioni innumerevoli di rane. Mosé cambia la polvere in insetti, cosa che i maghi non possono imitare. Mosé agiva con la virtù degli angeli buoni, i maghi operavano con la potenza dei demoni. Né il primo, né i secondi hanno agito per via di creazione o di generazione spontanea. I buoni angeli, come i cattivi, si sono limitati in quella circostanza a vivificare dei germi ch’essi avevano sottilmente raccolti ed ammassati; solamente Dio volle che il potere dei buoni angeli avesse il sopravvento visibilmente sulla potenza dei demoni.
Insomma, l’azione degli spiriti rassomiglia a quella degli uomini, ma con incomparabilmente più sottilità. Gli uomini utilizzano le forze della natura e ne traggono degli effetti meravigliosi. Essi non si accontentano di prendere dei semi e di farli crescere al centuplo in dei terreni ben preparati a riceverli, di far rendere agli alberi dei buoni frutti con l’innesto e il taglio; essi si impadroniscono ancora di queste forze imprendibili che si chiamano il radio e l’elettricità, le padroneggiano, le fanno servire a tutti i loro bisogni, per non dire a tutti i loro capricci.
Questo ci fa intravedere fin dove può penetrare l’influenza dirigente degli angeli. Aventi per forza motrice un’energia spirituale che tocca nell’intimo della materia ed alle sue qualità più segrete, essi potrebbero trarre dalla creazione gli effetti più straordinari e sconvolgere tutto e trasformare in un colpo d’occhio, se il loro ruolo non consistesse precisamente nel mantener l’ordine provvidenziale nel mondo col funzionamento regolare delle forze di ogni specie che vi sono in gioco.
E che non si dica che l’angelo, dal fatto stesso che è uno spirito, non può entrare in contatto con la materia. Questa obiezione è di nessun valore agli occhi della fede e della ragione che riconoscono Dio come il motore necessario del mondo e l’anima come il motore del suo proprio corpo. Precisamente perché l’angelo è uno spirito, egli è adatto ad impadronirsi di questi imponderabili, di quell’etere luminoso, di quel calorico latente che la scienza moderna ci presenta come i grandi agenti fisici del globo. Noi ne siamo convinti, è per mezzo di queste forze sottili che gli angeli guidano le macchina mondiale; e queste forze, essendo da se stesse ceche, reclamano la loro direzione intelligente.

* don Marcello Stanzione è il Presidente dell'Associazione Milizia di San Michele Arcangelo.

venerdì 3 dicembre 2010

Fate Cenacoli di Preghiera
 
Dio è la nostra fortezza,
in Lui possiamo sempre rifugiarci.
Partendo dal Suo amore possiamo
sfidare i Suoi avversari, per poi, vincenti
cantare la potenza del Signore !
 
Calendario dei Cenacoli di preghiera organizzati dalla nostra Congregazione a Piacenza presso la Chiesa di San Giuseppe all'Ospedale di Piacenza - anno 2011



Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime,
prega per noi e per il mondo intero

domenica 28 novembre 2010

IL PANE DELLA PAROLA ...

Perciò anche voi tenetevi pronti, perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo



Prima domenica di Avvento
La luce del Signore risplenda su di noi, perché si riaccenda la nostra speranza                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         

sabato 27 novembre 2010

Natuzza Evolo

Sabato 27 novembre 2010
Veglia mondiale per la Vita Nascente

PAPA BENEDETTO XVI - VEGLIA PER LA VITA NASCENTE
Il nostro Papa presiederà il prossimo 27 novembre in San Pietro una Veglia per la difesa della Vita nascente.
Testimoniamo in preghiera e Comunione con il Santo Padre la volontà di difendere la Vita umana sin dal suo concepimento.
PREGHIERA DEL PECCATORE

Riportiamo un importante contributo - riflessione spirituale sull'importanza della preghiera in famiglia, ma che vale anche per la vita comunitaria della nostra fraternità e nella vita singola

“Salga a Te la mia preghiera”

La preghiera in familgia

La preghiera nella spiritualità familiare
di don Alfredo M. Morselli



L'argomento di questa riflessione è la preghiera, in particolare la preghiera nella famiglia, la preghiera e la vita familiare.
Quando si deve parlare della preghiera, pur con tante cose che ci sarebbero da dire su questo argomento - pensate a tutti i trattati sulla vita di orazione, gli innumerevoli passi della S. Scrittura etc. - è opportuno ricominciare sempre da quello che diceva S. ALFONSO "Chi prega, certamente si salva; chi non prega certamente si danna. Tutti i beati, eccettuati i bambini, si sono salvati col pregare. Tutti i dannati si sono perduti per non pregare; se pregavano non si sarebbero perduti. E questa è, e sarà la loro maggiore disperazione nell'inferno, l'aversi potuto salvare con tanta facilità, quant'era il domandare a Dio le di lui grazie, ed ora non essere i miseri più a tempo di domandarle" (S. ALFONSO M. de' LIGUORI,
Del gran mezzo della preghiera, cap I conclusione).

L'importanza di questa lapidaria frase di S. ALFONSO è stata rilevata anche da Giovanni Paolo II, il quale, nell'ultimo documento ufficiale dedicato a questo santo, redatto in occasione del secondo centenario della sua morte (1787-1987), dovendo scegliere alcune frasi particolarmente significative del santo dottore, non ha indugiato a ripetere "Solo chi prega si salva, chi non prega si danna".

Si capisce bene come queste parole siano profondamente vere: per salvarci dobbiamo compiere le buone opere, per compiere le buone opere abbiamo bisogno della grazia ("Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla" Gv 15,5), per ottenere la grazia, -sebbene esista la "grazia preveniente"- dobbiamo chiederla. Quindi niente preghiere
-  niente grazia, niente grazia
-  niente buone opere, niente buone opere
-  niente salvezza.
Il discorso è chiaro: chi prega si salva, chi non prega si danna.
Il diavolo sa benissimo questa regola; e siccome vuole perderci, contrariamente a Dio che "vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1 Tim 2,4.) , il diavolo vuole ingannarci tutti e vuole che tutti gli uomini si dannino; egli svolge quindi nei nostri confronti una invisibile e terribile lotta perché non preghiamo:

a) lotta invisibile: mentre ci accorgiamo di altri tipi di tentazioni (p. es. contro la purezza), la tentazione di non pregare è particolarmente subdola, quasi insensibile, abilmente celata nell'accidia, nell'inerzia, nell'ansia - "quante cose devo fare" "NO! NO! non quante cose" – UNA COSA DEVI FARE! UNA COSA É NECESSARIA: ricordiamo le parole di Gesù a S. Marta...
"Ma Gesù le rispose: - Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta -" (Lc 10, 41-42)
... e ancora quanto ci riporta S. Matteo:
"Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena." (Mt 6, 25-34)

b) lotta terribile, senza esclusione di colpi, per farci dimenticare l'essenziale: ascoltiamo queste parole di Gesù, tratte dal Vangelo di S. Luca:
"metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. Questo vi darà occasione di render testimonianza. Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime." (Lc 21,12-19)
S. AMBROGIO interpreta in senso spirituale questo passo:
"Si legge "Non regni più il peccato nel vostro corpo mortale" (Rm. 6,12). Vedi davanti a quali re sei posto o uomo? Se fai regnare in te la colpa sottostarai al re-peccato. Quanti sono i peccati, quanti sono i vizi, altrettanti sono i re. Davanti a questi noi siamo trascinati e avanti a questi noi siamo posti. Anche questi re hanno un loro tribunale nello spirito di moltissimi. Ma se uno confessa Cristo, fa subito prigioniero quel re, lo atterra da trono della propria anima. Infatti, come potrebbe restare il tribunale del diavolo in colui nel quale è eretto il tribunale di Cristo?". (Commento sul salmo 118, (Disc. 20, 47-50; CSEL 62, 467-469); cit. dal IV volume della Liturgia delle Ore, p. 1371.)
Quindi non solo siamo condotti ogni giorno davanti a re e tribunali umani (questa è una grazia particolare non concessa a tutti), ma tutti ogni momento siamo trascinati davanti al tribunale del diavolo, dove ci attende la prova della testimonianza della nostra fede. Il Vangelo ci consola: "Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere  nemmeno un capello del vostro capo perirà", ma ci presenta la drammaticità e la serietà di questo combattimento spirituale: "sarete odiati da tutti per causa del mio nome"; la vittoria è certa, ma ad una condizione: la perseveranza: "Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime".

Tornando alle tentazioni sulla preghiera, sappiamo che ogni momento siamo trascinati davanti al diavolo che usa tutti i mezzi per non farci pregare: e noi sappiamo che con la perseveranza nella preghiera salveremo le nostre anime.

Ma ora vediamo come praticamente possiamo impostare una buona vita di preghiera familiare: sapete che l'essere componente di una famiglia è un modo di essere non accidentale; i membri di una famiglia sono "una cosa sola", "sangue dello stesso sangue", "ossa delle stesse ossa"; esiste, fondatissima "in re", una spiritualità familiare che non è la semplice "somma" delle preghiere dei singoli.
Infatti, secondo S. Tommaso, la famiglia è la massima forma di unità possibile nell'ambito delle creature: ("maximum quid in genere conjunctionis" cfr. S.Theol. Suppl. q. 44 a. 1 c.; a. 2 ad 3.). In conseguenza di ciò, la preghiera in famiglia deve essere il particolare respiro spirituale della massima forma di unità possibile nell'ambito delle creature.
Solo l'unità propria della SS. Trinità (massima unione increata) e quella tra Cristo e la Chiesa (e ogni singola anima per mezzo della grazia, come partecipazione di questa unione - massima unione tra increato e creato) è maggiore dell'unità della famiglia.
Ad eccezione delle unioni suddette, non ne esistono di maggiori della famiglia; e siccome ogni operazione dipende dal soggetto che opera, anche la vita spirituale propria della famiglia deve essere necessariamente la vita spirituale della "massima forma di unità possibile"
Ciò può realizzarsi anche se i membri di una famiglia sono spiritualmente distanti: pensiamo, per es. ad un medico che deve assentarsi da casa il sabato e la domenica: questi offre a Dio la sua azione, con purezza d'intenzione: la moglie offre a Dio il sacrificio della solitudine, in unione all'intenzione del marito; questa intenzione congiunta è veramente "familiare", veramente una espressione del "maximum quid in genere conjunctionis".

Perché ciò si realizzi, dobbiamo servirci degli opportuni mezzi: S. Tommaso osserva che "questi principi non sono proporzionati alla ragione umana, secondo la condizione dell'uomo viator, e la ragione è solita comprendere attraverso cose sensibili questi stessi principi; pertanto è necessario che sia condotta come per mano alla loro cognizione attraverso realtà analoghe sensibili"(cfr. In I Sent., prol. q. 1, a. 5 c.). 

L'uomo, data la sua natura anche corporea, è condotto quasi per mano a realtà invisibili attraverso cose sensibili. Se questo è vero per realtà naturali, a maggior ragione è più necessario per vivere un'unità spirituale di ordine soprannaturale.

Quindi è necessaria:
a) una vita spirituale di famiglia, proporzionata alla "massima forma di unità possibile"
b) una vita spirituale di famiglia comprendente anche manifestazioni esterne di preghiera comune, per essere condotti attraverso realtà analoghe sensibili alla cognizione della misteriosa unità soprannaturale nella quale la famiglia è costituita.

Vorrei presentare ora i suggerimenti che il padre R. PLUS S.J. offre nella sua preziosa opera
Come pregare sempre, corredati di alcune osservazioni per facilitare l'applicazione degli stessi consigli alla spiritualità familiare. 
Abbiamo visto fino ad ora l'assoluta necessità della preghiera, la drammaticità della fedeltà alla preghiera, la necessità dell'armonizzare la nostra vita di preghiera alla natura della famiglia; ora vediamo come concretamente possiamo fare.

Il Padre PLUS ci propone tre regole pratiche fondamentali:
I.Tutti i giorni un po' di preghiera
II.Un po' di preghiera per tutto il giorno
III.Trasformare tutto in preghiera

I. Tutti i giorni un po' di preghiera

Vedremo in seguito come far sì che ogni azione diventi preghiera: ma devo dire che pretendere di trasformare tutto in preghiera o ritenere di aver pregato agendo senza dedicare un certo lasso di tempo alla preghiera propriamente detta è un'illusione diabolica. Gesù ha dato un ben altro esempio: chi più di lui ha potuto agire con intenzione pura, agendo e pregando nello stesso tempo? Ma i Vangeli ci descrivono un Gesù che passava le notti in orazione. 
Come una casa è riscaldata perché ci sono i radiatori, e i radiatori sono caldi perché nel bruciatore c'é il fuoco (massimo calore), come il calore si irradia a partire dal fuoco e si diffonde per la casa, così tutta la giornata può essere di preghiera se c'é un momento irradiante. S. Tommaso spiega da par suo questo concetto con la sua solita perfetta sintesi: "Ciò che è primo in un certo ordine è causa di tutto ciò che consegue nel medesimo ordine" ("Cum primum in quolibet ordine sit causa eorum quae consequuntur"; S. Theol., I, q. 105, a. 3, c.).
Così ci deve essere un momento di massima preghiera attuale, perché ne consegua una vita trasformata in preghiera.
Si può quantificare questo momento? Sebbene nella vita spirituale non esistano "ricette" e ognuno debba sempre lasciarsi guidare dallo Spirito, è doveroso tuttavia considerare quanto raccomandano i Pontefici.
Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, n° 59:
"La preghiera familiare ha le sue caratteristiche. É una preghiera fatta in comune, marito e maglie insieme, genitori e figli insieme. La comunione nella preghiera è, ad un tempo, frutto ed esigenza di quella comunione che viene donata dai sacramenti del battesimo e del matrimonio. Ai membri della famiglia cristiana si possono applicare in modo particolare le parole con le quali il Signore Gesù promette la sua presenza. "In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,19 ssqq).
Ibidem: Preghiera ed educazione:
"Elemento fondamentale e insostituibile nell'educazione alla preghiera è l'esempio concreto, la testimonianza viva dei genitori: solo pregando insieme con i figli, il padre e la madre, mentre portano a compimento il proprio sacerdozio regale, scendono in profondità nel cuore dei figli, lasciando tracce che i successivi eventi della vita non riusciranno a cancellare. Riascoltiamo l'appello che Paolo VI ha rivolto ai genitori: "Mamme, le insegnate ai vostri bambini le preghiere del cristiano? Li preparate in consonanza con i Sacerdoti, i vostri figli ai sacramenti della prima età: confessione, comunione, cresima? Li abituate, se ammalati a pensare a Cristo sofferente? A invocare l'aiuto della Madonna e dei Santi? Lo dite il Rosario in famiglia? E voi, Papà, sapete pregare con i vostri figliuoli, con tutta la comunità domestica, almeno qualche volta? L'esempio vostro, nella rettitudine del pensiero e dell'azione, suffragato da qualche preghiera comune, vale una lezione di vita, vale un atto di culto di singolare merito; portate così la pace nelle pareti domestiche: "Pax huic domui!". Ricordate: così costruite la Chiesa!" (Discorso all'Udienza generale (11 agosto 1976): Insegnamenti di Paolo VI, XIV (1976), 640.)".
Ibidem, n° 61: quali pratiche?
"Per preparare e prolungare nella casa il culto celebrato nella Chiesa, la famiglia cristiana ricorre alla preghiera privata, che presenta una grande varietà di forme. Oltre alle preghiere del mattino e della sera, sono espressamente da consigliare, seguendo anche le indicazioni dei Padri Sinodali: la lettura e la meditazione della parola di Dio, la preparazione ai sacramenti, la devozione e la consacrazione al Cuore di Gesù, le varie forme di culto alla Vergine santissima, la benedizione della mensa, l'osservanza della pietà popolare.
Nel rispetto della libertà dei figli di Dio, la Chiesa ha proposto e continua a proporre ai fedeli alcune pratiche di pietà con una particolare sollecitudine ed insistenza. tra queste è da ricordare la recita del Rosario: "Vogliamo ora, in continuità con i nostri Predecessori, raccomandare vivamente la recita del santo Rosario in famiglia Non v'é dubbio che la Corona della beata Vergine Maria sia da ritenere come una delle più eccellenti ed efficaci preghiere in comune, che la famigli cristiana è invitata a recitare. Noi amiamo, infatti, pensare e vivamente auspichiamo che, quando l'incontro familiare diventa tempo di preghiera, il Rosario ne sia espressione frequente e gradita" (PAOLO PP. VI, Esort. Ap. Marialis cultus, 52-54: AAS 66 (1974), 164 s.). Così l'autentica devozione mariana, che si esprime nel vincolo sincero e nella generosa sequela degli atteggiamenti spirituali della Vergine Santissima, costituisce uno strumento privilegiato per alimentare la comunione d'amore della famiglia e per sviluppare la spiritualità coniugale e familiare. Lei, la Madre di Cristo e della Chiesa, è infatti in maniera speciale anche la Madre ella famiglie cristiane, delle Chiese domestiche".
Ibidem, n° 62: preghiera ed impegno quotidiano:
"la preghiera non rappresenta affatto un'evasione dall'impegno quotidiano, ma costituisce la spinta più forte perché la famiglia cristiana assuma ed assolva in pienezza tutte le sue responsabilità di cellula prima e fondamentale della società umana. In tal senso, l'effettiva partecipazione alla vita e missione della Chiesa nel mondo è proporzionale alla fedeltà e all'intensità della preghiera con la quale la famiglia cristiana si unisce alla Vite feconda, che è Cristo Signore.
Dall'unione vitale con Cristo  deriva pure la fecondità della famiglia nel suo specifico servizio di promozione umana, che di per sé non può non portare alla trasformazione del mondo".
Riassumendo brevemente l'insegnamento del Papa, tanti buoni motivi per pregare insieme; tra le preghiere viene raccomandata la recita del Santo Rosario; dalla fedeltà a queste piccole cose dipende la "buona educazione dei figli", la "costruzione della Chiesa" e "la trasformazione del mondo". Capiamo così come ci prendiamo tragicamente in giro se parliamo di nuova Evangelizzazione e poi non adempiamo al dovere della preghiera.

II. Un po' di preghiera per tutto il giorno

Per mantenere lo stato di orazione, il Padre PLUS raccomanda frequenti orazioni giaculatorie (Cuore di Gesù confido in Voi, Gesù mio misericordia, Venga il tuo Regno etc. orazioni brevissime che il cuore suggerisce), le quali intessono tutta la giornata di preghiera, e rendono più facile la purezza di intenzione, che spiegheremo più avanti.
Per ricordare di ripetere queste giaculatorie, sono raccomandabili degli agganci mnemonici: quando si entra o si esce di casa, in particolari momenti del lavoro, quando si sale in auto etc.
Per quanto riguarda questa pratica nella vita familiare, può essere utile adorare la presenza di Dio, che si attua mediante la Grazia, nell'anima dei bambini, specialmente se sono ancora molto piccoli e quindi incapaci di commettere un peccato mortale; ancora è necessario insegnare ai bambini questa pratica, sfruttando tutte le occasioni (es: all'inizio del gioco, dei compiti etc.).
In questo genere di preghiera, sebbene non siano giaculatorie in senso stretto, si possono annoverare le preghiere prima e dopo i pasti: sono preghiere oltremodo "familiari", che arrecano veramente una connotazione di "sacralità" a tutta la nostra giornata.
Ecco ancora alcune considerazioni sulle giaculatorie di S. FRANCESCO DI SALES:
"come gli innamorati di un amore umano e naturale hanno quasi continuamente i loro pensieri rivolti verso la persona amata, il cuore pieno di affetto verso di essa e la bocca piena delle sue lodi, e quand'essa è lontana non perdono una sola occasione per testimoniare per lettera i loro sentimenti, mentre incidono sulla corteccia degli alberi il loro amato; così coloro che amano Dio non possono stare senza pensare a lui, senza respirare per lui, aspirare a lui e parlare di lui, e vorrebbero, se fosse possibile, scolpire nel cuore di tutti gli uomini il sacrosanto nome di Gesù; tutte le cose sono per loro un invito a fare ciò, e non vi é creatura che non annunzi loro le lodi del beneamato; e, come dice S. Agostino (Enarratio II in Psalmum 26,12), citando S. Antonio (SOCRATES, Historia, IV, 23), tutto ciò che esiste nel mondo parla loro un linguaggio muto ma intelligentissimo, in favore del loro amore; tutte le cose destano in loro buoni pensieri, che danno origine a frequenti slanci ed aspirazioni a Dio." (Introduzione alla vita devota, cap. 13).
II. Trasformare tutto in preghiera

"Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: «C'era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi». E il Signore soggiunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»" (Lc 18, 1-8)

"Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi": da queste parole - in armonia con tutta la S. Scrittura- ricaviamo la presenza di un triplice comandamento sulla preghiera:
I) pregare è necessarioII) bisogna pregare sempre
III) bisogna pregare sempre
senza stancarsi
Ma qual'é il significato dell'espressione pregare sempre? Certamente non significa pregare in senso stretto 24 ore su 24; questo è impossibile, e Dio non comanda cose impossibili!
Certamente "pregare sempre" non significa pregare per un tempo tale da farci trascurare o non adempiere i nostri doveri. Immaginate un buon marito che torna a casa e non trova niente da mangiare; chiede alla moglie ragione del fatto e si sente rispondere: "Ho pregato tutto il giorno".
"Pregare sempre" significa avere l'intenzione virtuale di pregare sempre: il contenuto questa intenzione virtuale è ben spiegato da S. IGNAZIO DI LOYOLA, quando ci dice di chiedere a Dio "che tutte le nostre azioni, intenzioni, operazioni, siano ordinate esclusivamente a maggior servizio e lode di Sua Divina Maestà" (Esercizi Spirituali, 46).
Cercherò ora di spiegare queste ultime affermazioni.

Cosa significa intenzione virtuale?

L'intenzione può essere attuale, abituale, virtuale.
L'intenzione è attuale quando uno compie, coscientemente, una certa azione per un determinato fine. 
L'intenzione è abituale quando si compie un'azione, senza avere coscienza del fine, ma tuttavia abitualmente l'azione è compiuta per lo stesso fine.
L'intenzione è virtuale quando si compie un'azione, senza avere coscienza del fine, ma tuttavia quella stessa azione è compiuta per quel determinato fine; es: un tale sale in auto per andare da Roma a Milano: questo è il fine principale del viaggio: certamente mentre egli guida non pensa in continuazione che sta andando a Milano: quando ci pensa la sua intenzione è attuale, quando non ci pensa la sua intenzione è virtuale: realissima, ma non sempre conscia.
Se gli chiedessero: "Cosa stai facendo", risponderebbe "Sto andando a Milano", anche se in quel momento magari stava fischiettando e non stava pensando di andare a Milano.
Quando noi abbiamo l'intenzione pura come descritta da S. Ignazio per ogni nostra azione, anche quando questa intenzione non è attuale, ma soltanto virtuale, noi siamo in stato di preghiera, noi adempiamo al comandamento di Gesù di "pregare sempre": se ci chiedessero in un qualunque momento: "Per chi fai questa azione?" e noi possiamo rispondere, riprendendo coscienza dell'azione: "Per Dio, per Dio solo", allora siamo in stato di preghiera.

Dimensione sponsale dello "stato di preghiera"

Vorrei ora cercare di approfondire l'aspetto "sponsale" di questa "purezza d'intenzione", e fare alcune considerazioni su come ricercare questo stato di continua preghiera nella spiritualità della famiglia.
Vediamo un passo della S. Scrittura, e poi ascoltiamo S. Tommaso.
"Gesù riprese a parlar loro in parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l'abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti.»" (Mt 22, 1-14)
Facciamo attenzione all'"abito nuziale", la cui mancanza è stata rovinosa per il personaggio della parabola: che cosa rappresenta? Senz'altro, come vuole una buona interpretazione tradizionale, lo stato di Grazia necessario per ricevere la S. Comunione.
Ma vi è un altro significato: S. Tommaso parla della virtù della "castità spirituale":
"Se infatti l'anima dell'uomo si compiace di congiungersi con ciò con cui deve essere congiunta, cioè con Dio, e si astiene dal congiungersi con diletto con qualunque altra creatura, ciò si dice castità spirituale, secondo 2 Cor 11,1: «Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo». Se invece l'anima, contro l'ordine divino, si congiunge con qualunque altra creatura, si dice fornicazione spirituale, secondo Ger 3,1: «Tu hai fornicato con molti amanti»" (S. Theol., II IIæ, q. 151 a. 2 c.).
La veste nuziale richiesta è questo amore indiviso per Dio, per Dio solo, per la sua Santissima Volontà, quando la nostra anima non desidera congiungersi che con lui, in quel matrimonio spirituale che è il modello su cui è stato pensato il matrimonio di un uomo e una donna; quando la nostra anima è tanto presa dall'amore per Dio che non desidera congiungersi con qualunque altra creatura: Dio il primo, Dio il solo !!!
Questa veste nuziale è anche lo stato di continua preghiera: comprende anche la fede, la fedeltà alla parola di Dio, alla Verità: come la Vergine custodiva nel suo Cuore ogni parola di Gesù Cristo.
Cari amici, sposi e sposi, voi potete davvero ben comprendere come si "prega sempre": come il vostro cuore è indiviso per vostra moglie o per il vostro marito, così, molto di più in tutto deve esserlo per la volontà di Dio: in fondo è molto semplice, facile con la Grazia.
Naturalmente, la via per conseguire questa volontà virtuale è la volontà attuale rinnovata, ovvero la volontà abituale; gioverà molto ripetere "la solita orazione preparatoria" di S. IGNAZIO (Esercizi Spirituali n° 46), e, tra le giaculatorie, pensarne qualcuna ad hoc, es: "solo per Te Signore", o, come il motto del Papa, "Totus tuus".
É molto utile, direi quasi indispensabile, farsi, cercando un momento di calma, un programma circa la vita di orazione secondo la spiritualità familiare.
Il nostro pensiero va ora a colei che maggiormente ha avuto un Cuore casto, assolutamente indiviso per la S.S. Trinità e, per amore della S.S. Trinità, per tutti gli uomini. Sotto la sua protezione noi ci rifugiamo, tanto incapaci di fedeltà, ma tanto fiduciosi nel soccorso della Vergine.