giovedì 20 novembre 2008


La Provvidenza

1. Esiste una Provvidenza che è ammirabile.
2. Necessità della Provvidenza.
3. Provvidenza nell'ordine fisico.
4. Provvidenza nell'ordine morale e soprannaturale.
5. Bisogna affidarsi alla Provvidenza.
6. Obbiezioni contro la Provvidenza.

1. ESISTE UNA PROVVIDENZA CHE È AMMIRABILE. - «Dio solo, dice S. Cipriano, governa il mondo; con la parola comanda a tutto ciò che esiste; tutto regola con la suprema sua ragione; tutto conduce a fine con la sua immensa potenza (De Unitate)». La Provvidenza è la volontà permanente di Dio di conservare l'ordine fisico e morale ch'egli ha stabilito nell'universo, creandolo. La Provvidenza divina che tutto conserva e governa è una creazione continua... L'integrità, la perfezione, la dissomiglianza, l'ordine, l'unione, la successione, la forza, la potenza, la vita di tutte le cose, separatamente prese e insieme unite, sono meravigliose, e chi le osserva è compreso di stupore; perciò il Poeta disse: Dio, infinitamente grande, fa splendere la sua potenza fino nelle più piccole cose.La Provvidenza di Dio grandeggia non meno in un atomo che nel sole, tanto in un granello di arena, quanto nelle più alte montagne, così in una goccia d'acqua come nell'Oceano, in un moscerino ugualmente che nell'aquila, nel più piccolo e più debole degli insetti come nel leone, tanto sulla terra quanto nel firmamento, in tutti gli elementi, in tutte le stagioni, in tutti gli svariatissimi prodotti del suolo... .

2. NECESSITÀ DELLA PROVVIDENZA. - Se Dio non si prendesse nessuna cura delle cose del mondo, principalmente delle creature intelligenti, egli sarebbe per noi come se non fosse, e non c'importerebbe gran fatto sapere se egli esista o no. La sapienza, la bontà, la giustizia, la santità che gli attribuiamo, sarebbero nomi vuoti di senso; la morale cadrebbe in una vana speculazione e la religione sarebbe un'assurdità. Quindi la prima lezione che Dio diede all'uomo quando lo ebbe tolto dal nulla, fu d'insegnargli che il suo Creatore era anche il suo padrone, il suo padre, il suo legislatore, il suo benefattore, la sua Provvidenza. Dio gli si diede a conoscere non solamente come un essere di una natura superiore, eterna, infinita, ma come l'autore ed il conservatore di tutte le cose, come il rimuneratore della virtù e il vendicatore del male. Dio, creando il mondo, non ha punto operato con l'impeto cieco d'una causa necessaria, ma con l'intelligenza di un essere libero e indipendente, con riflessione, con previdenza e con attenzione alla perpetuità della sua opera ed al benessere delle sue creature. Egli parlò e tutto fu fatto; ma egli ha anche veduto che tutto era buono.Quello che chiamiamo caso è una parola vuota: tutto avviene per Provvidenza, di Dio. Se essa cessasse un istante di conservare, sostenere, dirigere, vivificare ogni cosa, l'universo cadrebbe in quel medesimo punto nel caos: il sale non percorrerebbe più la sua orbita; la luna, i pianeti, le stelle scomparirebbero dal firmamento; la terra cesserebbe di produrre, l'oceano.. uscirebbe dai suoi confini; le belve lascerebbero i deserti, e gli animali domestici diventerebbero feroci...; il cielo stesso sarebbe annientato...

3. PROVVIDENZA NELL'ORDINE FISICO. - Ecco la magnifica descrizione che fa della Provvidenza, nell'ardine fisico, il Re Salmista: Benedici il Signore, o anima mia; o Signore, Dio mio, quanto voi siete grande nella magnificenza e provvidenza vostra! Voi siete vestito di gloria e di bellezza, voi siete ammantato di splendore e di luce. Voi distendete i cieli come un padiglione; le acque stanno sospese intorno al vostro santuario; le nubi formano il vostro cocchio che vola portato su le ali dei venti; avete per messaggeri le tempeste e per ministri le fiamme. Voi avete fermato la terra su le sue basi e non basteranno i secoli a scuoterle. L'abisso delle acque l'avvolgevano come in fasce; seppellivano nei loro gorghi i picchi delle più alte montagne; ma ad un vostro cenno fuggirono, al rumore del vostro tuono fermarono il loro corso; soverchiavano le montagne, e discesero nelle valli avviandosi per il letto che loro avete assegnato. Voi avete fissato loro dei limiti oltre i quali non si spingeranno. Voi inviate delle fontane nelle vallate, facendone scorrere le acque attraverso i macigni dei monti; in esse si abbeverano le fiere del deserto; su le loro rive si posano gli uccelli del cielo; in mezzo al fogliame dei boschi mormorano le onde spartite in freschi rivi. Dall'altezza del vostro soggiorno innaffiate i monti; la terra è saziata dai frutti che spargono le vostre mani. Voi fate germogliare l'erba dei prati per le mandre, e le messi per l'uomo. Voi fate nascere dalla terra il vino che rallegra il cuore dell'uomo; voi gli fornite il pane che lo nutrisce e le grazie che ne adornano il viso. Voi adacquate gli alberi delle foreste, ì cedri del Libano, piantati dalle vostre mani. Là sono i nidi degli uccelli; là gli abeti dànno ricetta agli aironi; le vette dei monti sono percorse dai camosci; le tortuose spaccature delle rocce offrono asilo agli animali di timida natura.La luna segna i tempi; il sole conosce l'ora della levata e del tramonto. Voi conducete le tenebre, ed ecco la notte; e allora le belve delle foreste escono dalle loro tane e vanno cercando nelle ombre. I lioncelli ruggiscono per avere preda, e dimandano a Dio il loro pasto. Il sole si leva e gli animali selvaggi si ritirano nelle loro buche, si accasciano nei loro giacigli; e allora l'uomo esce al suo lavoro del giorno, alla coltura dei campi fino alla sera. O Dio, quanto sono magnifiche le opere vostre! (quanto ricca e ammirabile è la vostra Provvidenza!). Tutto è stato fatto da voi, tutto è governato da voi nella vostra sapienza; la terra è piena dei vostri beni. Ecco là il grande mare che si stende immenso; in esso si muovono animali senza numero, piccoli e grandi; nei suoi gorghi si nasconde quel Leviathan, che formaste perché scherzi nell'abisso; su le sue onde vogano innumerevoli vascelli. Tutte le creature aspettano da voi il loro cibo nel tempo fissato. Voi spargete, ed esse raccolgono; voi aprite la mano, ed esse si saziano dei vostri doni (Psalm. CIII). Se scoprite il vostro volto, esse si turbano; se ritirate il vostro soffio, spirano e rientrano nella polvere. Voi mandate il vostro alito, ed esse rinascono, e la faccia della terra si vede rinnovata (Psalm. X, 30). La gloria del Signore sussista per sempre; si rallegri il Signore nelle sue opere. Egli guarda la terra e questa trema, tocca i monti e mandavano vampe... Celebrate Iehovah, invocate il suo nome; annunziate le sue opere in mezzo ai popoli; cantate le sue lodi; proclamate le meraviglie della sua Provvidenza. Gli occhi di tutte le creature stanno fissi sopra di voi, o Signore, voi distribuite a tutte il loro cibo nel tempo opportuno. Voi aprite la vostra mano, e saziate tutto ciò che ha spirito di vita (Psalm. CXLIV, 15-16). «La Provvidenza di Dio è il magazzino, il granaio, il reddito dei poveri, dice S. Giovanni Crisostomo; reddito certo, perpetuo, inesauribile» (Homil. ad pop.).

4. PROVVIDENZA NELL'ORDINE MORALE E SOPRANNATURALÈ. - Se nell'ordine morale avvengono infrazioni e sconvolgimenti, la colpa non è della Provvidenza, ma dell'uomo ribelle alla Provvidenza. Questa tuttavia è così potente, che dal male medesimo trae il bene, e dal disordine fa scaturire l'ordine. E come dice S. Agostino, Iddio non avrebbe mai permesso il male se non avesse saputo di essere così potente da volgerlo in maggior bene.

Vedi MESCOLANZA DEI BUONI COI CATTIVI.

La Provvidenza divina regola da sola, e come le piace, l'ordine soprannaturale. Fino dal principio del mondo, essa ebbe in mira la salute del genere umano e questo fu, in tutti i secoli, lo scopo della sua condotta. Essa però eseguisce questo disegno con mezzi impenetrabili ai nostri deboli lumi; rischiara una nazione con la fiaccola della fede, mentre ne lascia un'altra giacere nelle tenebre dell'infedeltà, senza che questa abbia diritto di lagnarsi, né quella d'invanirsi. Cosi pure Dio concede a ciascun individuo quella misura di grazia e di doni soprannaturali che giudica conveniente, senza che persona del mondo sia in diritto di chiedergli ragione della sua condotta. La Provvidenza divina abbraccia tutti, a tutti vuol bene, e a tutti ne fa! e se qualche volta si arma del flagello, vi è costretta dalle disobbedienze, dalle rivolte, dagli oltraggi dei colpevoli.

5. BISOGNA AFFIDARSI ALLA PROVVIDENZA. - O quanta sapienza sta riposta in quelle parole del divin Maestro: Non inquietatevi della vostra esistenza, pensando con troppa ansia al come nutrirvi e vestirvi! La vita non vale di più che il cibo, e il corpo più che le vestimenta? Guardate gli uccelli dell'aria; non seminano né mietono, né ammassano nei granai, e il Padre vostro celeste li nutrisce. Ora non siete voi molto dappiù di loro? Chi di voi potrebbe, per quanto si sforzasse, accrescere di un palmo la sua statura? E del vestimento prendervi tanto pensiero? Vedete i gigli del campo come crescono; e senza che lavorino né filino sono cosi splendidamente vestiti, che vi dico in fede mia, che nemmeno Salomone nello sfarzo della sua gloria ne uguagliava la pompa. Ora se così veste Dio l'erba dei campi, che oggi fiorisce e domani è gettata al fuoco, quanto non avrà più cura di voi, uomini di poca fede? Non vi affannate dunque dicendo: che cosa mangeremo? o che cosa berremo? o con che cosa ci vestiremo? I gentili si turbano di queste cose, ma voi no, perché il Padre vostro celeste sa che ne avete bisogno. Cercate adunque prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto egli ve lo darà per di più (MATTH. VI, 25-33). Anche il Salmista diceva: «Deponi tutte le cure tue nel seno del Signore ed egli ti nutrirà» (Psalm. LIV, 23).

6. OBBIEZIONI CONTRO LA PROVVIDENZA. - I filosofi moderni, dice Bergier, non fanno che ripetere contro la Provvidenza i sofismi degli antichi, e cadono nei medesimi loro pregiudizi. Questi opinano che è impossibile che una sola intelligenza possa vedere tutte le cose nelle loro minute particolarità e tenersele a mente; quelli giudicano cosa indegna della maestà divina, e che ne degrada la sapienza e la potenza, l'addossarle la cura di tante piccole e vili cose; altri pretendono che una tale economia ne turberebbe la felicità ed il riposo. Una prova, dicono, che il mondo non fu fatto, e non è governato da Dio sommamente saggio e potente, sta qui, che sotto molti aspetti si mostra difettosa quest'opera: come può affermarsi che Dio sommamente ed essenzialmente buono presiede al governo del mondo, se si guarda ai disordini che lo scompigliano? e qual più grave disordine che lasciare la virtù senza premio, il vizio senza castigo?Perciò tra i filosofi pagani, alcuni, come gli epicurei, sostenevano che nel mondo si deve tutto attribuire al caso; che gli dèi, addormentati in profondo riposo, non se ne dànno il menomo pensiero. Altri, e principalmente gli stoici, s'immaginavano che tutto sia guidato dalla legge del destino, legge alla quale la divinità medesima è sottoposta. Non mancarono finalmente di quelli che, docili alle lezioni di Platone, si figuravano che il mondo fosse stato fatto e sia governato da certi spiriti, o geni, o demoni, intelligenze inferiori a Dio; che questi artefici, impotenti e mal pratici, non avevano saputo correggere le imperfezioni della materia e non potevano impedire i disordini di questo mondo. Nessuno di tali sistemi riusciva ad onore delle divinità, nessuno a consolazione degli uomini, eppure era ciò che di meglio aveva potuto trovare la ragione umana. È evidente che quell'ammasso di errori poggiava sopra quattro false nozioni: la prima, riguardante la creazione, che i filosofi non volevano in nessun modo ammettere; la seconda, riguardante il bene e il male, di essi consideravano come termini assoluti, mentre non sono che termini di paragone; la terza, riguardante la potenza infinita, ch'essi paragonavano alla potenza limitata dell'uomo; la quarta finalmente, riguardante la giustizia divina, ch'essi falsamente supponevano doversi compire in questo mondo. E infatti:

I. Se i filosofi avessero compreso che Dio ha la potenza creatrice e che opera con la sola sua volontà; che ad un suo cenno, ad un atto della sua volontà tutto è stato fatto, avrebbero compréso ugualmente che il governo dell'universo non può costare a Dio di più, né più digradarne la maestà sovrana di quello che abbia fatto la creazione. Qui i filosofi mettevano già a riscontro l'intelligenza e la potenza divina con l'intelligenza e potenza umana, e perché sarebbe cosa noiosa e avvilente per un re l'occuparsi dei più minuti provvedimenti del suo impero, ne conchiudevano che lo stesso si deve dire di Dio. Conseguenza ridicola e falsa. È dunque l'idea del potere creatore quella che ha elevato lo spirito e l'immaginazione degli scrittori sacri ed ha loro inspirato, nel parlare della potenza divina, frasi e concetti tanto superiori a tutti i concetti filosofici. Dio, secondo il loro stile, non ha fatto che chiamare dal nulla gli esseri, ed essi si sono presentati; egli tiene le acque dei mari e porta il globo terrestre nella palma della mano; i cieli sono l'opera delle sue dita; è lui che dirige gli astri nel maestoso loro corso; e può con una parola inabissare cielo e terra e ridurli al primitivo nulla, ecc. A lui basta conoscere la potenza, perchè veda non solamente tutto quello che è, ma ancora tutto quello che può essere.

II. Si dimostra con la sana filosofia, che nel mondo non si dà né bene né male assoluto, ma solamente per comparazione; e perciò quando si dice che vi è del male, questo significa solamente che vi è minor bene di quello che vi potrebbe essere. E certo che non si trova creatura alla quale Dio non abbia fatto del bene, benché avrebbe potuto fargliene di più è gliene abbia fatto meno che ad altre. Ora è un assurdo il pretendere che tutto è male, perché non è tutto così buono come potrebbe essere, ed è assurdo il supporre che un essere creato, e per conseguenza essenzialmente finito, possa essere assolutamente buono sotto tutti gli aspetti; egli sarebbe allora, come è Dio, la perfezione infinita.

III. S'inganna grossolanamente su la nozione dell'infinito chi suppone che Dio, perché onnipotente, debba fare tutto il bene che può: questo è impossibile, perché ne può fare all'infinito. Questa supposizione contiene una contraddizione che è quella di volere che Dio non possa fare meglio. Poi ritorna in campo la falsa comparazione tra la potenza di Dio e la potenza dell'uomo: questi deve fare tutto il bene e il meglio che può, perché la sua potenza è limitata; ma lo stesso non si può dire di Dio, perché il suo potere è infinito.

IV. Non discorrevano più sensatamente i filosofi, quando si mostravano scandalizzati che Dio non punisce né sempre, né tutti i delitti di questo mondo; quando Iddio così facesse, non tratterebbe forse troppo rigorosamente un essere così debole e così incostante qual è l'uomo? non gli toglierebbe e tempo e mezzi di fare penitenza? Poi avviene talora, che un'azione la quale agli occhi degli uomini ha l'apparenza di colpa, è in realtà cosa innocente e lodevole; come per contrario, ben sovente quello che loro sembra un atto di virtù, proviene da cattiva intenzione. Ingiusta dunque sarebbe la Provvidenza, se si conformasse al giudizio degli uomini. D'altronde, le ricompense di questo mondo non sono premio sufficiente per un'anima virtuosa e di natura sua immortale; bisogna che la virtù sia provata in terra perché si meriti una felicità eterna nel cielo. L'empio che nella sua cecità mormora e sparla della Provvidenza, dice: S'io fossi Dio, mi regolerei ben diversamente; ma gli si potrebbe rispondere: Se Dio fosse uomo, farebbe anche diversamente... Tacciamo, ammiriamo, adoriamo, ringraziamo la Provvidenza di Dio, assoggettiamoci al suo governo paterno, ed essa ci condurrà a buon fine.

martedì 18 novembre 2008

Dalla Prima lettera di San Paolo ai Corinzi

«Desiderate ardentemente i doni maggiori. E ora vi mostrerò una via che é la via per eccellenza:

Quand'io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho carità, divento un rame risonante o uno squillante cembalo. E quando avessi il dono di profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e avessi tutta la fede in modo da trasportare i monti, se non ho carità non sono nulla. E quando distribuissi tutte le mie facoltà per nutrire i poveri, e quando dessi il mio corpo ad essere arso, se non ho carità, ciò niente mi giova. La carità é paziente, é benigna; la carità non invidia; la carità non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non si inasprisce, non sospetta il male, non gode della ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa»

(Corinzi 12, 31 - 13, 1-7)

lunedì 17 novembre 2008


LA BUONA BATTAGLIA

di Gìanpaolo Barra

Pubblichiamo il testo della conversazione che Gianpaolo Barra, direttore de "Il Timone" ha tenuto a Radio Maria il 18 marzo 1999, durante la "Serata Sacerdotale" condotta da don Tino Rolfi. Conserviamo lo stile colloquiale e la divisione in paragrafi numerati, utilizzata per i suoi appunti dall'autore.

Oggi tenteremo di riflettere su un aspetto della storia, sulla chiave di lettura della storia. Intendo tanto la nostra storia personale quanto la storia in generale.

Possiamo prendere a prestito una nota espressione biblica, "la buona battaglia" per dire che noi cristiani siamo chiamati a condurre a buon fine la "buona battaglia", come scrive san Paolo a Timoteo.

Anche chi si occupa di apologetica, come ogni cristiano, è chiamato a combattere la buona battaglia, ad essere soldato. Un soldato speciale, ovviamente, un soldato di Cristo. E il Catechismo della Chiesa Cattolica ci insegna che noi lo diventiamo con il Sacramento della Cresima.Oggi, chi si occupa di apologetica viene visto come un soldato. Un uomo che si adopera per difendere la verità della fede, per promuovere la cultura che ne deriva, per apprezzare e far conoscere la storia gloriosa della Chiesa, per difendere la Chiesa stessa dalle contestazioni. È comprensibile che qualcuno si domandi: che bisogno c'è di "soldati"? Per di più di "soldati di Cnsto"? Non è forse questa un'espressione bellicosa, un modo di parlare un po' datato, d'altri tempi ? Proviamo a rispondere. Cristo ha bisogno di "cavalieri", la Chiesa ha bisogno di "militanti", il mondo ha bisogno di soldati di Cristo perchè la vita di ogni uomo, dopo il peccato originale, commesso da Adamo ed Eva, è una vita vissuta in guerra. Questa verità forte, che oggi spaverità non pochi credenti, emerge in primo luogo dalla Parola di Dio. Essa ci fa comprendere di quale guerra si sta parlando. Sentiamo il libro del Genesi. Dopo aver ceduto alla tentazione del serpente, il Signore Dio si rivolge a satana con queste parole, illuminanti per il tema che stiamo trattando: "Allora il Signore Dio disse al serpente: poiché tu hai fatto questo, su tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche, sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe, questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno" (Gn 3,14-15)

Ecco la prima verità sul senso della storia che stiamo vivendo: a causa del peccato originale, Dio ha posto una inimicizia tra la donna e il serpente, tra la stirpe della donna e la stirpe del serpente. La Chiesa ha sempre insegnato che la donna è Maria Santissima, la Madre di Dio, ma non sbaglia chi crede che la donna sia anche la Chiesa. Ne consegue che stirpe della donna è - in primo luogo - suo Figlio, Gesù. Ma stirpe della donna, della donna-chiesa è anche l'insieme dei fedeli - dei cattolici -, quindi ciascuno di noi. Il serpente è satana e la sua stirpe è l'insieme degli angeli ribelli e degli uomini che scelgono liberamente di servirlo in odio a Dio. Se diamo ascolto alla Parola di Dio, essa ci svela che noi siamo nati in mezzo ad un combattimento che, iniziato prima di Adamo ed Eva, ai tempi della rivolta degli angeli ribelli, dura fino ai nostri giorni.In questa guerra è impegnata, con tutte le sue forze, che gli vengono dal suo Capo che è Cristo, la Chiesa Cattolica, quindi ciascuno di noi.

Ora, io so bene che questo modo di ragionare è fuori moda. Viviamo nell'epoca del buonismo, del tutti siamo fratelli, del "volemose bene" ad ogni costo e ricordare quello che ci insegna la Parola di Dio, e cioè che, dopo il peccato originale, siamo in guerra, può impressionare qualcuno. Ma le cose stanno proprio così.Andiamo avanti. Questa verità cosi forte è sempre stata insegnata dalla Chiesa.San Paolo scrive ai cristiani di Efeso parole che possiamo considerare rivolte a noi: "Rivestitevi dell'armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne ma contro i Principati e le potestà, contro i dominatori di questo mondo, contro gli spinti del male che abitano le regioni celesti" (Ef 6,11-12)Poniamoci una domanda: "Chi di noi può sentirsi escluso da questo invito rivoltogli dall'Apostolo delle genti a "rivestirsi dell'armatura di Dio"? Tutta la vita di san Paolo fu dedicata al combattimento per la Gloria di Dio e la salvezza delle anime. A Timoteo scrive: "Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia. Ho terminato la mia corsa, ho conservato la Fede" (2 Tm 4,6-7)

Poco prima, aveva scritto: 'Questo è l'avvertimento che ti do, figlio mio Timoteo - ascoltiamo questo avvertimento come rivolto a ciascuno di noi - in accordo con le profezie che sono state fatte a tuo riguardo, perchè fondato su di esse, tu combatta la buona battaglia con fede e buona coscienza." (1 Tm 1,18)

Anche San Pietro ci invita alla resistenza di fronte al maligno "Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede." (1 Pt 5,8-9)

È tempo di una prima conclusione. Sono sufficienti queste verità emerse dalla Parola di Dio per avvisarci del senso generale della storia e della nostra storia personale. Siamo immersi in una battaglia, in una situazione di "inimicizia" tra la donna e il serpente.

Sulla scorta dell'insegnamento biblico e dell'illuminante esempio dei suoi santi (ricordiamo s. Agostino, s. Ignazio di Loyola, s. Massimiliano Kolbe), la Chiesa cattolica ha sempre insegnato che ogni suo figlio e chiamato ad essere "Miles Christi", soldato di Cristo.

Nella Costituzione Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II, la Chiesa ci ricorda "Tutta intera la storia umana è pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre, lotta incominciata fin dall'origine del mondo, che durerà, come dice il Signore, fino all'ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l'uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene, nè può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l'aiuto della grazia di Dio." (GS 37,2)

Ora, proseguiamo nella nostra riflessione. Diventa fondamentale, se non vogliamo soccombere, sapere dove si sta svolgendo questa battaglia, in quale campo si affrontano i due eserciti, quello di Dio e quello di satana. Quello della Donna e quello del serpenteIl terreno privilegiato di combattimento è l'anima dell'uomo, è l'uomo stesso.

Poiché il demonio non può nuocere a Dio, che odia, ma del Quale conosce bene la superiorità infinita, allora rivolge la propria azione distruttiva verso l'opera di Dio, la creazione e - nella creazione - verso la creatura più eccellente: l'uomo. E tra il genere umano, il demonio ha un odio particolare verso la creatura più eccelsa: Maria Santissima. Ma anche nei suoi confronti non può fare nulla, quindi si rivolge, odiandoli, contro i suoi figli diletti.

Andiamo avanti. Se il terreno privilegiato di questo combattimento è l'anima dell'uomo, la posta in gioco in questa battaglia è la vita eterna che ci aspetta dopo la morte. Se non sapremo vincere, se per colpa nostra il demonio dovesse renderci suoi schiavi, la vita eterna che ci aspetta sarà quella disperata e tragicamente dolorosa dell'inferno. Al contrario, se con l'aiuto della Grazia di Dio, risultassimo vincitori, la vita eterna che ci aspetta è quella del Paradiso, della gioia eterna senza fine.

Le armi che usa il serpente e coloro che lo servono in schiavitù sono le armi della menzogna, dell'omicidio e della tentazione. Le nostre armi sono quelle della fede, di cui parleremo più avanti.

Noi abbiamo visto all'opera le armi del nemico Soprattutto nel XX secolo, quando il progetto di costruire un mondo nuovo, abitato da un uomo superbamente convinto di poter fare a meno di Dio si è avvicinato alla sua realizzazione.

E abbiamo visto la tragedia delle guerre mondiali e delle guerre nazionali, i campi di concentramento, il totalitarismo comunista e l'arcipelago GuLAGE vediamo la silenziosa carneficina di bambini innocenti uccisi con l'aborto ancora prima di vedere la luce del sole. In questi ultimi 30 anni, in 173 Paesi del nostro mondo, oltre 1.000.000.000 (un miliardo) di bambini è stato sterminato con l'aborto.

Vogliamo provare a leggere "teologicamente" questo fatto? Vogliamo avere il coraggio di dire che l'aborto costituisce un sacrificio umano gradito a satana? Vogliamo avere il coraggio di dire che satana, scimmiottando Dio, vuole i suoi sacrifici e niente gli è più gradito del sacrificio di vittime innocenti, le più innocenti, le più vicine alla innocenza di Gesù? Parlando del nemico. Pio XII scriveva agli Uomini di Azione Cattolica d'Italia parole che non hanno perso la loro attualità: "Esso [il nemico] si trova dappertutto e in mezzo a tutti, sa essere violento e subdolo. In questi ultimi secoli ha tentato di operare la disgregazione intellettuale, morale, sociale dell'unità nell'organismo misterioso di Cristo. Ha voluto la natura senza la grazia, la ragione senza la fede, la libertà senza l'autorità, talvolta l'autorità senza la libertà. È un "nemico" divenuto sempre più concreto, con una spregiudicatezza che lascia ancora attoniti: Cristo si, Chiesa no. Poi Dio si, Cristo no. Finalmente il grido empio: Dio è morto, anzi non è mai stato" (12-10-1952)Stando ad un altro grande pontefice, Papa Paolo VI, si direbbe che oggi il nemico sia penetrato da qualche fessura anche nella Chiesa.

In un celebre discorso pronunciato nel 1972, Papa Paolo VI diceva: "Il fumo di Satana è entrato nel tempio di Dio. Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio. "Al suo grande amico Jean Guitton, Paolo VI rivelava: "Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all'interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non-cattolico, e può avvenire che questo pensiero diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia" (Jean Guitton, Paolo VI segreto, pp 152-153). I risultati di quest'azione sono sotto gli occhi di tutti. In sintesi potremmo enumerarli cosi. In primo luogo confusione dottrinale, offuscamento della verità. Poi sfiducia dei Pastori. Alcuni di essi sono stanchi e sfiduciati. Quindi i fedeli, e gli uomini in generale, hanno perduto il senso del peccato. Non si ha più la consapevolezza che vi sono parole, opere, pensieri e omissioni che offendono Dio e che sono, talvolta, peccati mortali. Anzi, nemmeno si conosce la distinzione tra peccato mortale e peccato veniale. In quarto luogo si è perso lo spirito missionario, il dovere di portare il Vangelo, e non altre dottrine, in tutto il mondo, si è persa la sete di conquistare anime alla causa del Vangelo e della Chiesa.

I nemici di Dio operano per distruggere quello che resta del Cristianesimo e noi abbiamo deposto le armi, convinti che la guerra fosse finita. Se questa è la situazione, si capisce bene - e cosi rispondiamo alla domanda con la quale abbiamo aperto la nostra riflessione apologetica - perchè Cristo, la Chiesa e il mondo hanno bisogno di soldati. E c'è bisogno dell'apologetica, cioè della proposizione chiara e semplice delle verità della Fede, della cultura che ne deriva e c'è bisogno di difendere questa verità dalle contestazioni.

Questa è la "buona battaglia".

Quali sono, dunque, le armi che dobbiamo utilizzare ?Ricordiamo che questa è una guerra speciale, non convenzionale. San Paolo dice che combattiamo "non contro creature fatte di sangue e di carne", ma contro "i dominatori di questo mondo, contro gli spiriti del male".

La preghiera è la prima arma. La frequenza ai sacramenti, alla Confessione e alla santa Comunione, perchè la Grazia di Dio fortifichi la nostra anima e la renda inaccessibile agli attacchi del Nemico. Poi, esercizio e pratica delle virtù.

La seconda arma è la formazione. Dobbiamo conoscere le ragioni della nostra Fede e saperle proporre al prossimo. Dobbiamo conoscere gli errori e le strategie del Nemico per poterle smascherare e denunciare.

Infine, la terza arma è quella dell'apostolato concreto, efficace.

Consapevoli che Gesù ha vinto il mondo e che le porte degli inferi non prevarranno, restiamo fedeli al Vangelo, al Papa e alla Chiesa per ottenere anche noi la vita eterna.

Bibliografia:

Plinio Correa De Oliveira, Rivoluzione e contro-rivoluzione. Cristianità, Piacenza 1977.
Sant'Agostino, La città di Dio. Rusconi, III ed., Milano 1992.
Hubert Jedin, La storia della Chiesa è teologia e storia. Vita e Pensiero, Milano 1968.Roberto De Mattei, Il crociato del XX secolo.
Plinio Correa de Oliveira. Piemme, Casale Monf.to (AL) 1996.
Andrea Sciffo, La cerca senza tempo. Tracce dell' Ordine cristiano. II Cerchio, Rimini 1999.

Tratto dal sito: Ass. Studi Cavallereschi "S. Giuseppe da Leonessa"

domenica 16 novembre 2008


XXXIII DOMENICA ANNO A

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 25,14-30

Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l'interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.

TALENTI DI GRAZIA

Un uomo, partendo in viaggio chiamò
i suoi servi e consegnò loro i suoi beni

(Mt 25,14)

Lo Spirito di vita e la fonte dell’amore
si riversano con abbondanza sul mondo
e cercano una dimora accogliente
nei cuori che si aprono a Dio.

Nella creazione Dio offre se stesso,
dilata il suo essere, comunica la sua vita,
prolunga il suo esistere eterno nel tempo
e cerca il suo riflesso in ogni creatura.

I suoi talenti fruttificano nell’universo,
il suo amore si espande su ogni creatura,
tutti aspettano da lui il soffio che li fa esistere,
per vivere e rendergli gloria e onore.

Talento incomparabile è l’Uomo Gesù,
crocifisso per la gloria del Padre,
risorto per effondere ancora lo Spirito
e fare di noi il popolo della lode.

Ecco i preziosi talenti, generosamente
offerti a tutti i viventi della terra,
esseri dotati di anima e di bellezza,
uomini, animali, piante e cose create.

Per il Signore bella è Eluana viva,
bello il lebbroso baciato da Francesco,
santi per Dio quelli che abbracciano la croce
per amore, presenza di salvezza oggi per noi.

L’empio, invece, dice che non c’è Dio,
tutto è oscuro, ha la tenebra nel cuore
chi è precluso dal talento dall’amore
per Colui che ha fatto bene tutte le cose.

Fruttificate i doni dello Spirito,
perle preziose, tesoro nascosto del Regno
che fanno risplendere la vita oltre la morte
per coloro che servono Dio: Amore

gioia, pace, pazienza, benevolenza,
bontà, fedeltà, mitezza e dominio di sé.
Così la grazia ricevuta diventa grazia offerta
agli altri e l’amore si diffonde sulla terra.

Il dono riconduce al donatore,
il frutto dell’opera compiuta si trasforma
in gioia perenne nella casa del Signore,
dopo aver amato e servito Dio nei fratelli.

Il Regno di Dio si costruisce accogliendo
e facendo fruttificare in noi il talento
per eccellenza: Gesù, Signore e Cristo, vivendo
per lui e amando tutto ciò che egli ama.

padrebenedetto 16, xi, 2008

San Girolamo (347-420), sacerdote, traduttore della Bibbia, dottore della Chiesa

«Un uomo... chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni»

Questo proprietario, è senz'alcun dubbio Cristo. Dopo la sua risurrezione, essendo sul punto di salire vittoriosamente al Padre suo, chiamò gli apostoli e affidò loro la dottrina del Vangelo, donando all'uno di più, all'altro di meno, mai troppo né troppo poco, bensì a seconda delle forze di coloro che la ricevevano. Allo stesso modo l'apostolo Paolo dice che ha nutrito con il latte coloro che non erano capaci di prendere un nutrimento solido (1 Cor 3,2)...Cinque, due, un talenti: capiamo in questo le varie grazie accordate a ciascuno, cioè per il primo i cinque sensi, per il secondo l'intelligenza della fede e delle opere, per il terzo la ragione che ci distingue dalle altre creature. «Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque». Cioè a partire dei sensi fisici e materiali che aveva ricevuti, ha aggiunto la conoscenza della cose celesti; la sua intelligenza si è elevata dalle creature al Creatore, dal corporeo all'incorporeo, dal visibile all'invisibile, dal passaggero all'eterno. «Colui che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due». Anche questi, a seconda delle sue forze, ha raddoppiato, alla scuola del Vangelo, ciò che aveva imparato alla scuola della Legge. Obbene si potrebbe dire che ha capito che l'intelligenza della fede e delle opere della vita presente conduce alla felicità a venire.«Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone». Preso dalle opere di quaggiù, dai piaceri di questo mondo, il servo malvagio ha trascurato i comandamenti di Dio. Notiamo tuttavia che secondo un altro evangelista, l'ha riposto in un fazoletto: possiamo intendere in questo che ha tolto il vigore dell'insegnamento del maestro con una vita di fiacchezza e di piaceri...Con lo stesso elogio il padrone accoglie i primi due servi, colui che con cinque talenti ne aveva fatto dieci e colui che con due ne aveva fatto quattro. «Prendi parte alla gioia del tuo Padrone, disse, e ricevi quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo» (1 Cor 2,9). Quale ricompensa più grande può essere accordata a un servo fedele?