giovedì 10 gennaio 2008

La Benedizione di Melchisedek

La Benedizione di Melchisedek - Genesi 14, 17-23

Interessante e misterioso il sacerdote e re Melchisedek, di cui non si conosce né il padre, né la madre né la stirpe. Interessante anche se di non facile interpretazione il brano in cui questo personaggio è collocato.
Sia per il contenuto che per il genere letterario questo capitolo 14 differisce dal resto della Genesi. È stato definito “un mondo a sé” (L. Köhler) e ha dato molto filo da torcere agli esegeti. Il racconto riguarda un fatto che sarebbe da situare nel XVII secolo a.C. ma che, per la forza esistenziale e di fede, parla anche oggi al nostro cuore. Non a caso il salmo davidico 109 profetizza il venturo Messia come un sacerdote secondo l'ordine di Melchisedek, e la lettera agli Ebrei ancora più fortemente connette la figura e la benedizione di Melchisedek a Cristo.
Il capitolo 14 è una specie di nuda cronaca ricca di tanti elementi storici e geografici. Ed è come uno “spaccato” di realtà mondiale di quegli antichissimi tempi. C'è un cozzo di popoli in cui i Cananei vengono sconfitti. Quando i re vincitori sono già sulla via del ritorno, compare il personaggio principale: il patriarca Abramo. Egli viene avvisato che suo nipote Lot è stato preso: lui e tutti i suoi beni. Con trecentodiciotto uomini insegue i vincitori, .libera il nipote e ricupera tutto il ricco bottino. Conclusione e vertice della narrazione è ciò che subito dopo avviene: l'incontro con Melchisedek, re di Salem che significa Gerusalemme. Questo luogo, a quell'epoca, era ancora ben lontano dall'essere il centro religioso e politico di Israele, ma verso di esso già si orientano le profezie e la storia della salvezza. Solo davanti a Melchisedek che riassume in sé l'onore del sacerdote e del re, Abramo è pronto a inchinarsi e a pagare la decima della sua strepitosa vittoria. Subito dopo questo avvenimento, il testo sacro dice che “la Parola di Dio fu rivolta ad Abramo in visione”: Non temere Abram, io sono per te uno scudo. La tua ricompensa è molto grande” (Gen 15,1).

- v. 17-18 Quando Abramo ritornò dall'aver vinto i re, gli si fece incontro Melchisedek, re di Salem, che portò pane e vino, egli era sacerdote dell'Altissimo.

Pregnante è il commento di S. Ambrogio, padre e dottore della Chiesa d'Occidente: Melchisedek vuol dire “re di giustizia” […]. Ora chi è il re di giustizia e il sacerdote di Dio se non Colui di cui fu detto: Tu sei sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedek (Sl 109,4), cioè il Figlio di Dio, il sacerdote del Padre che con il sacrificio del suo corpo ottenne dal Padre il perdono dei nostri peccati?”.Anche in quell'allestire un pranzo al visitatore a base di “pane e vino”, i Padri sono d'accordo nel leggere una prefigurazione del sacrificio eucaristico, memoriale del sacrificio di Gesù sul Golgota.Melchisedek è re di Salem. Va notato che Salem, nome di Gerusalemme, significa “città della pace”. Melchisedek, dunque, prefigurazione del Cristo, ha un nesso profondo con la pace. E di Gesù dirà S. Paolo, che è la nostra Pace (cf Ef 2,14).

- v.19 E benedisse Abraham con queste parole: Sia benedetto Abraham dal Dio Altissimo creatore del cielo e della terra.

È il momento vertice dell'incontro. Qui la benedizione di Abramo, l'uomo che ha risposto alla chiamata di Dio abbandonando tutto per lasciarsi condurre sulle vie della grande promessa, si ricollega con la prima benedizione: quella ai nostri progenitori nell'Eden, una benedizione che era destinata a raggiungere ogni uomo, ogni donna. È proprio ciò che conta: anche dopo il peccato, la benedizione continua, attraverso Abramo, a raggiungere l'uomo.Interessante a questo proposito ciò che notano i commentatori odierni. Il Dio Altissimo non era il Dio dell'ebreo Abramo ma il “Dio del cielo e della terra”, dell'antichissima alleanza cosmica stretta dal Creatore con Noè dopo il diluvio. Perché tutti i popoli, nessuno escluso, sono oggetto dell'amore e della benedizione di Dio. E, in qualche modo, a tutti si rivela perché li vuole tutti salvi. Come allarga il cuore questa certezza!

- v. 20a e benedetto sia il Dio Altissimo che ti ha messo in mano i tuoi nemici.

Beda, un altro antico autore spirituale, commenta: “Melchisedek non solo esalta con degna lode Abramo come uomo vittorioso, ma il Signore che gli ha dato di splendere nella vittoria. Infatti nel vangelo leggiamo: Vedano le vostre opere buone e glorifichino (benedicano) il Padre vostro che è nei cieli (Mt 5,16)”.Il Dio Altissimo, creatore del cielo e della terra, viene benedetto e glorificato dalla bocca del misterioso sacerdote in nome di tutta l'umanità. Non è chiamato Jaweh perché non è solo il Dio dell'ebreo Abramo, ma è il Dio di tutti.

- v. 20b Poi Abramo gli diede la decima di tutto.

Certo Melchisedek ha la convinzione che l'”Altissimo Iddio” è colui che ha reso vittorioso Abramo, anche se non sa nulla dei misteriosi disegni di Dio su questo ebreo. Abramo a sua volta s'inchina a Melchisedek che lo ha benedetto. Dandogli la decima dei suoi averi, gli riconosce i diritti sui beni e l'esercizio di una grande autorità.

- v. 21-22 E il re di Sodoma disse ad Abramo: Dammi le persone, tu prenditi la roba. E disse Abramo: Alzo le mani a Jaweh, Dio altissimo, che ha creato il cielo e la terra; non prenderò nulla di ciò che ti appartiene, neanche un filo né un legaccio dei calzari, perché tu non abbia a dire di aver arricchito Abramo. Non voglio niente!

Chi è questo re di Sodoma? Forse un alleato di Abramo, a cui il patriarca cede tutto. I commentatori spirituali notano che proprio perché benedetto da Dio e quindi certo della sua benevolenza, il grande patriarca “appende il suo cuore alla divina misericordia e alla promessa del SEME futuro”. Tutta la sua ricchezza sarà sempre “sperare in Dio contro ogni speranza” (cf Rm 4,18). Non altro!
La lettera agli Ebrei al capitolo 7 ci aiuta ad approfondire il significato e l'importanza del re-sacerdote Melchisedek, l'uomo della benedizione, come prefigurazione di Gesù in cui ognuno di noi è benedetto dal Padre. Superiore ai sacerdoti della tribù sacerdotale per eccellenza (quella di Levi), Melchisedek anticipa non solo il sacerdozio regale di Davide ma il sacerdozio perfetto del Messia, Cristo Signore, prefigurando in sé il mistero dell'essere “senza principio né senza fine” (cf Eb 7,3).
Che cosa dice a noi oggi la sua persona e la sua potente benedizione su Abramo? Due cose soprattutto: entrambe importanti: 1. La misteriosa figura di Melchisedek allude in qualche modo al mistero del sacerdote: figura importante e irrinunciabile per il popolo di Dio, anche oggi. È urgente pensare al mistero-dono della chiamata sacerdotale, al mistero-dono della persona del sacerdote che ha un ministero strettamente associato a quello di Cristo-Salvezza. Che cosa faremmo senza il sacerdote che celebra l'Eucarestia, prega per e con il popolo di Dio, amministra il sacramento del perdono e gli altri sacramenti, chiamando su di noi ogni benedizione?
2. La seconda cosa riguarda l'atteggiamento di Abramo. Raggiunto dalla benedizione, egli rivela una grande disponibilità a tenersi libero dai troppi “averi”. Subito si preoccupa di consegnare le decime e risponde al re di Sodoma che non vuole assolutamente nulla del bottino di guerra. C'è dunque uno stretto rapporto tra il vivere da benedetti (se non lo siamo noi, chi lo è?) e l'opporsi a questo avido bramare i beni di questo mondo, che tanto connota la società materialista e consumista in cui viviamo.
- Che idea mi son fatto del sacerdote? Ne ho grande rispetto sempre, in ordine a Cristo di cui egli è in qualche modo il prolungamento, oppure, deluso/a dal comportamento “sbagliato” di alcuni di loro, giudico il sacerdozio in se stesso negativo, prendo le distanze, trincio giudizi? - Prego perchéla Chiesa abbia anche oggi sacerdoti santi? Prego per le vocazioni sacerdotali e le assecondo apprezzandole? Collaboro col sacerdote oppure banalizzo la sua figura con un rapporto “sbagliato” con lui? - Per lasciare che la benedizione si attivi in me e attorno a me, tengo libero il cuore e le mani da troppa roba, dal desiderio di avere e dall'attaccamento a quello che ho?
Passo del tempo a percepire Gesù nella mia vita come il Sacerdote perfetto, il Sovrano di ogni benedizione nei miei riguardi. Invoco d'essere da lui benedetto/a. Chiedo anche un lucido sguardo sul mio modo di gestire roba denaro rapporti interpersonali. E invoco un cuore libero da attaccamenti, un cuore semplice, perciò capace di benedizione. Passo del tempo a pregare per i sacerdoti che conosco. Invoco benedizioni su di loro e sulle persone che amo.